Così fu Auschwitz. Testimonianze 1945-1986 – Primo Levi #Einaudi #PrimoLevi

Nel 1945, all’indomani della liberazione, i militari sovietici che controllavano il campo per ex prigionieri di Katowice, in Polonia, chiesero a Primo Levi e a Leonardo De Benedetti, suo compagno di prigionia, di redigere una relazione dettagliata sulle condizioni sanitarie del Lager. Il risultato fu il “Rapporto su Auschwitz”: una testimonianza straordinaria, uno dei primi resoconti sui campi di sterminio mai elaborati. La relazione, pubblicata nel 1946 sulla rivista scientifica “Minerva Medica”, inaugura la successiva opera di Primo Levi testimone, analista e scrittore. Nei quattro decenni seguenti, Levi non smetterà mai di raccontare l’esperienza del Lager in testi di varia natura, per la maggior parte mai raccolti in volume. Dalle precoci ricerche sul destino dei propri compagni alla deposizione per il processo Eichmann, dalla “lettera alla figlia di un fascista che chiede la verità” agli articoli apparsi su quotidiani e riviste specializzate, “Così fu Auschwitz” è un mosaico di memorie e di riflessioni critiche dall’inestimabile valore storico e umano.

Il Rapporto su Auschwitz redatto da Primo Levi e Leonardo de Benedetti, su richiesta dei militari sovietici a comando del campo di Katowice, dove i sopravvissuti liberati furono condotti nel 1945, prima del rientro in Italia.

Testimonianze dirette, scritte di pugno, attraverso un lavoro di ricerca e memoria, materiale fotografico relativo agli scritti originali, che raccontano le condizioni di vita nel lager di Buna-Monowitz, la deportazione, le tecniche di sterminio ad opera dei nazisti. L’ipnotica prosa di Levi, pulita ed efficace, poetica ed essenziale, sempre pervasa da quell’incontenibile urgenza di raccontare e tramandare la memoria di quell’abominio, la ferocia, l’inumana malvagità, l’esperienza che è stata di milioni e di cui lui si fa determinato testimone e portavoce. La volontà di un uomo che ha compiuto uno sforzo di memoria (“uno strumento meraviglioso ma fallace”) e di analisi meticolosi, con l’obiettivo fin da allora pressante di riferire, di far conoscere al mondo l’inferno dei campi di sterminio, data la paura che nessuno avrebbe mai creduto loro, così come spesso i nazisti profetizzavano!

Io amo molto leggere Levi, mi ha fatto appassionare ai temi della Seconda Guerra mondiale e dell’Olocausto, il suo modo di scrivere è incredibile, così potente ma misurato, le sue analisi profonde e acute, sviscera i fatti e ne ricerca sempre le motivazioni, le logiche e le dinamiche sottostanti. Affascinante come pochi!

Carla Putzu

Curatore: F. Levi, D. Scarpa Editore: Einaudi Collana: Super ET

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Un sacchetto di biglie – Joseph Joffo #JosephJoffo #Olocausto #Rizzoli

“Guardo mio figlio come mi guardava, trentanni fa, mio padre e mi viene una domanda, idiota forse, come tante domande. Perché ho scritto questo libro?Certo, è una domanda che avrei dovuto farmi prima di incominciare, sarebbe stato più logico ma le cose non avvengono spesso logicamente, mi è uscito come una cosa naturale, mi era forse necessario. Mi dico che lo leggerà più tardi e questo mi basta. Lo respingerà, lo considererà un insieme di ricordi stantii o, al contrario, ci rifletterà, adesso tocca a lui giocare questo gioco. In ogni caso, immagino di dovergli dire stasera, all’ora in cui entrerà nella sua camera a fianco della mia, “Bambino mio, prendi la tua sacca e 50.000 franchi e parti.” A me è successo, è successo a mio padre e mi invade una gioia senza limiti a pensare che a lui non succede.”

La memoria è fragile. Nell’arco di una vita raccontarsi diventa un compito irrinunciabile per trovare un senso nel susseguirsi degli eventi. Joseph Joffo racconta la propria infanzia durante la seconda guerra mondiale: l’invasione nazista di Parigi, l’esodo lontano da casa col fratello Maurice, verso la Francia di Vichy, spostandosi di città in città per sfuggire alla Gestapo. Joffo narra esattamente come l’ha vissuta, come le pagine di un quaderno di un bambino: periodi semplici, essenziali. L’ influsso della guerra è evidenziato dal cambiamento di stile che si avverte di capitolo in capitolo: la fine dell’innocenza e l’inizio di una precoce vita adulta si riflettono in descrizioni più dense, flussi di coscienza improvvisi, che deviano il baricentro della narrazione verso l’angoscia della fuga, l’accettazione della morte, ma anche l’inaspettata misericordia quando il cacciatore si trasforma in preda. Ci sono pochi narratori in grado di accompagnarti per mano nei labirinti della memoria con la semplicità e la destrezza che ha avuto Joseph Joffo.

“Joseph è un bambino, ha quasi dieci anni, è ebreo, e vive nella Parigi del 1941 con la sua numerosa famiglia. Lui e il fratello Maurice sono i più piccoli, vanno ancora a scuola e amano giocare indisturbati a biglie per strada. Ma insospettabilmente la loro vita inizia a complicarsi: prima le SS che diventano sempre più aggressive e la mamma che cuce sulle loro giacche una stella gialla; poi gli insegnanti che in classe iniziano a ignorarli e i compagni che li insultano fino ad arrivare alle mani. Per la famiglia Joffo c’è solo una cosa da fare: fuggire verso la Francia libera di Pétain uno dopo l’altro, prima i fratelli grandi, poi i piccoli, infine i genitori. Inizia così per Joseph e Maurice una grande avventura verso la salvezza, un viaggio pieno di speranza ma anche di pericoli, paure, solitudine e crudeltà. Un libro in cui un mondo pieno d’odio viene descritto senza traccia d’odio, ma con uno stupore tutto infantile.”

Stefano Lilliu

Traduttore: Marina Valente Illustratore: Giovanni Scarduelli

Editore: BUR Biblioteca Univ. Rizzoli Collana: Contemporanea