Patrick Modiano, Nel caffè della gioventù perduta

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Allora: dovevo colmare la lacuna Modianò, e mi sono presa un po’ di libercoli tra cui questo. Storia della giovane Louki, una ragazza in fuga (cioè una pazza totale a mio avviso) la cui storia è raccontata da lei e da vari punti di vista… Di persone che cercano di scoprire il suo mistero ma nessuno forse lo scoprirà (tranne me, e cioè come ho scritto, è pazza). Il tizio scrive bene, e il personaggi sono ben caratterizzati ma devo dire che a pagina 43 ho pensato “che palle!” (sono andata avanti perché le pagine sono 117 e ce la si può fare). Proseguo con la lettura degli altri…

Ivana Vignato

Patrick Modiano – Dora Bruder

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Dopo aver trascorso mezza giornata a deridere questo pover’uomo senza nemmeno sapere chi fosse (e la sostanza della presa in giro stava proprio in questo), ho pensato che il minimo che potessi fare per chiedergli scusa era leggere un suo libro. Non ho nemmeno dovuto faticare per decidere quale leggere perché al momento del mio ordine c’era un solo titolo disponibile tradotto in italiano, mentre a breve arriverà in libreria un discreto numero di altri libri (ma dai?! Ma davvero??).
Per cui eccoci qui, caro il mio premio Nobel.
La storia è molto semplice. Negli anni 90 Modiano legge per caso un vecchio annuncio apparso su un giornale di Parigi nel 1941. I coniugi Bruder cercano notizie della propria figlia quindicenne, Dora. Scomparsa.
Con quelle poche righe, con molta curiosità e infinita pazienza e a distanza di 50 anni, Modiano tenta di ritrovare le tracce di quella ragazzina di origine ebrea della quale sa solo il nome, il colore dei vestiti e un indirizzo di mezzo secolo prima. Parte della storia è documentata perché Modiano ritrova documenti che permettono di individuare Dora in alcuni momenti precisi di quell’anno. Ma molto è fatto di supposizioni, di immaginarie ricostruzioni, di penso, forse, chissà… tranne la fine della storia, che si chiude senza ombra di dubbi e di speranze ad Auschwitz.
È una piccola storia vera, una storia uguale a centinaia, migliaia di altre, che hanno riguardano tanti sconosciuti dei quali non si sa nulla se non che sono stati accumunati dalla stessa fine, in quei maledetti forni.
La lettura delle cento pagine di questo libretto non mi ha certo dato la risposta alla domanda “Si merita il Nobel o no?”. Non lo so, non ne ho idea. Però questo breve libretto, malgrado i lunghi elenchi di nomi impronunciabili e di date, mi ha emozionata in più momenti e mi ha fatto sentire brividi di pietà, di tristezza e di rabbia lungo la schiena.

Anna LittleMax Massimino