Scuola di Barbiana – Lettera a una professoressa #barbiana

scuola

Per ironia della sorte, riprendo in mano questo manifesto proprio alla vigilia dell’approvazione del nuovo Ddl di riforma della scuola e non posso far altro che sorridere, amaramente.
I ragazzi di Barbiana hanno affidato ad una lettera tutta la loro rabbia verso un sistema che favoriva e mandava avanti solo i figli di papà e dove faceva comodo lasciare i contadini a zappare la terra invece di cercare di includerli all’interno della società civilizzata ed erudita.
Ne è passata di acqua sotto i ponti da quegli anni ’60 … e più che di dispersione scolastica, quest’oggi ci si chiede come abbia fatto la scuola a cadere in un tale baratro, fatto sempre più di cavilli burocratici che allontanano dal fine ultimo dell’istruzione.
In parole molto semplici e dirette, all’interno della lettera si dice che “la scuola è l’unica differenza che c’è tra l’uomo e gli animali. Il maestro dà al ragazzo tutto quello che crede, ama, spera. Il ragazzo crescendo ci aggiunge qualche cosa e così l’umanità va avanti”.
Purtroppo ci si è dimenticati che “il sapere serve solo per darlo”.

Owlina Fullstop

Mary Barton, Elizabeth Gaskell

10405394_631234773647365_8883698432010418016_n

Avrei voluto che il mio “Mary Barton” avesse avuto questa copertina, che è un compendio delle atmosfere che si respirano e si assaporano in questa meraviglia drammatica della mia nuova eroina letteraria inglese. Eh sì perchè, la Gaskell glie fa ‘n baffo al caro Dickens amico suo: cittadine impestate di fumo grigio investite dalla nuova rivoluzione industriale, che oltre a portare progresso, si trascina con sè una scia di povertà e disperazione. Ma di quella brutta brutta che obbliga quei dannati a vendere persino le coperte d’estate (perchè ormai non servono più!) al fine di sfamare i familiari. In tutto ciò, l’unico fiore che brilla di luce propria, è proprio la protagonista, rimasta orfana sin dalla tenera età e la cui parabola ci appassiona fino all’ultima pagina. Vicende che la condurranno a Liverpool, donandoci uno sguardo anche sull’Inghilterra mercantile di fine ‘800.
Non c’è un barlume di speranza e gli eventi non fanno che precipitare in un pozzo nero senza fine, ma la narrazione è estremamente scorrevole e in cui spesso fanno capolino commenti estemporanei della scrittrice che precisa quanto non sia abituata al dialetto degli abitanti di quelle zone, augurandosi di far loro giustizia o che si concede anticipazioni sulle quali tornerà in seguito più diffusamente.
Insomma se “Cranford” poteva apparire come un insieme di brevi racconti di impianto “corale” che concorrevano alla descrizione degli abitanti di un’intera cittadina con toni decisamente più leggeri, qui siamo in un romanzo pieno, con tanto di sfondo sociale e lotta proletaria vs datore di lavoro.