Umberto Eco, Numero Zero

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Meno di zero. L’interesse per questo pseudoromanzo inutile e scontato, noioso, freddo e frivolo, scritto in fretta e male. Un insulto al lettore e una vergogna, che sfocia nella pena, per uno degli scrittori italiani più originali e interessanti degli anni Ottanta, uno dei pochi ad aver saputo adattare il romanzo postmodernista e il genere della cosiddetta “metanarrazione storiografica” alla tradizione letteraria italiana. Fino a Baudolino l’ho seguito con piacere e interesse, poi il vuoto, la discesa inesorabile verso il già detto, il detto male, il noioso – fino al becero “La fiamma della regina Loana”, l’inutile e stantio “Cimitero di Praga” (che di Praga aveva solo il titolo) e ora, infine, il nulla. Il numero zero.
Dopo ci sono solo i numeri negativi.
Paolo Simonetti

Umberto Eco, Numero Zero

3/2015: avete presente quando qualcuno vi racconta lo stranissimo e contorto sogno che ha fatto? Quella noia mortale che vi attanaglia? Quel senso di claustrofobia che potrebbe fare esplodere una reazione psicotica da un momento all’altro? Ecco.

Francesca Ogana

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