Diario di Anna Frank #AnnaFrank #Diario

Ciao amici.
Sono stata ad Amsterdam in vacanza e, proprio l’ultimo giorno, vincendo le resistenze di una lunga fila in piedi e certi non confessati timori, ho visitato la casa museo di Anne Frank.
Sono rimasta più scossa di quanto avrei potuto immaginare e verso la fine del giro non ho potuto trattenere le lacrime. Leggendo il libro, forse non si ha l’idea di quanto fosse angusto l’alloggio segreto, con tutte le conseguenze che ne derivano. Non ci sono più i mobili, ma sono rimaste incollate al muro le cartoline delle stelle del cinema che Anne collezionava. Chiusa da un vetro, si intravede la soffitta dove andava a sognare e a cercare l’amicizia e l’amore. Alcune foto ricostruiscono il mobilio e – ripeto – non si può credere che lì dentro abbiano vissuto otto persone per due anni, nel silenzio, nelle privazioni e nel terrore.
Il mio primo incontro con Anna Frank è avvenuto alle elementari, per cui non so cosa consigliarvi riguardo alla possibilità di portare i vostri figli a visitare questo luogo che incute un sacrale rispetto. Il silenzio, favorito dall’audioguida, era profondo, nonostante la presenza di tanti bambini che, per vincere la noia di due ore di fila che si snodava con lentezza, avevano corso e fatto capriole per tutto il tempo all’esterno del palazzo sul Prinsegracht.
Anche se certi passaggi del libro li conoscevo a memoria, ho sentito l’esigenza di leggerlo ancora una volta, perché non si finisce mai di capire.
Questo è un gruppo che parla di libri. Troppo spesso si abusa dell’aggettivo “necessario” con riferimento all’ultimo caso editoriale della settimana. Pensate che qui lo si possa spendere, un pochino?


Questa è l’edizione che avevo io: spero che mia madre l’abbia conservata, dai tempi in cui ne leggevo brani dal sussidiario durante la ricreazione, e scrivevo il mio diario “come Anna Frank”, su consiglio della mia brava maestra.

Daniela Quartu

Storia di una ladra di libri – Markus Zusak #recensione

 

Come in tutti i campi anche nell’ universo libro esistono vere e proprie mode: vuoi per passaparola, vuoi per logiche del mercato editoriale, alcuni romanzi diventano più che best seller. Tutti ne parlano, tutti lo comprano. Specialmente se in seguito al grande successo diventano pellicole per le masse. “storia di una ladra di libri” è uno quei romanzi. Solitamente rifuggo come la peste casi del genere. Non certo per snobismo, ma perché nella maggior parte dei casi prendo delle sonore cantonate. In secondo luogo, perché i libri sono un fatto molto personale, come un profumo: sta bene solo a chi si riconosce in quelle sfumature. Con i libri è un po’ la stessa cosa: dal momento che condivido con loro buona parte del mio tempo libero, ho bisogno di scegliere quelli adatti a me. Per molto tempo durante i miei pellegrinaggi in libreria sono passata, come al solito, oltre lo scaffale dei libri più venduti per andarmi a rifugiare nel mio angolo preferito. Fino a che un giorno, assecondando la mia passione per le storie ambientate nel periodo della seconda guerra mondiale, mi sono detta: perché no? E quindi l’ho letto, e mi è piaciuto. Ora, vista la diatriba che questo romanzo ha aperto da quando è uscito, provo a spiegare perché. Non sono una critica letteraria, per cui giudico un libro principalmente in base alle sensazioni che mi trasmette, anche se questo non prescinde dallo stile e dalla forma che per me sono altrettanto fondamentali….un libro scritto con uno stile da quinta elementare difficilmente riesce a trasmettermi qualcosa, se non la voglia di richiuderlo subito. Ne ho letti tanti, so riconoscere un libro camuffo. Ma torniamo al romanzo di Markus Zusak. Cominciamo col dire che l’io narrante è un personaggio molto particolare, che non voglio svelare perché magari esiste ancora qualcuno che non ha letto il libro né visto il film e che non gradirebbe la spoilerata . Siamo nella Germania nazista del 1939, Liesel ha solo undici anni quando la sua vita viene stravolta da vicende estremamente dolorose: lei e suo fratello minore sono costretti, a causa della persecuzione di Hitler nei confronti dei “Kommunist”, a separarsi dalla madre naturale. Per questo motivo vengono affidati ad una famiglia di estranei, ma il piccolo non sopravvive al viaggio e muore di stenti prima di arrivare a destinazione. La madre affidataria di Liesel è una donna coriacea e severa, mentre il padre è un uomo molto amorevole che comprende la ragazzina, le sta accanto quando di notte si sveglia in preda agli incubi e le insegna a leggere con dedizione e infinita pazienza. Liesel cresce in una Berlino terrorizzata e al tempo stesso affascinata dalla figura di Hitler, e fa quello che volente o nolente è il suo compito: entra a far parte della gioventù hitleriana e proprio con indosso quella divisa commetterà il suo primo furto, sottraendo alle fiamme delle S.S. uno dei tanti libri giudicati nemici del regime e pericolosi per il popolo. I libri sono necessari a Liesel perché solo in essi trova la forza per resistere alle atrocità che la vita le ha posto dinanzi, è solo nella potenza delle parole che trova coraggio e sostegno. La sua vita scorre come una qualsiasi ragazzina del popolo berlinese, tra povertà e doveri verso il regime, fino a quando la sua famiglia non sarà costretta a nascondere in cantina un giovane fuggiasco ebreo a cui suo padre è legato da una promessa importante mai dimenticata. Da quel momento in poi tutto cambierà, la guerra si farà sempre più vicina e altro dolore si aggiungerà al già pesante fardello di Liesel.

Vi sono alcune pagine in questo romanzo talmente belle e commoventi che da sole meritano l’acquisto e la lettura del libro. Alcune critiche che sono state fatte sono anche comprensibili: la storia dei furti dei libri è marginale rispetto ad altre vicende e avrebbe meritato un approfondimento maggiore, probabilmente l’io narrante è un po’ troppo ingombrante ma soprattutto risulta troppo simpatico e chiacchierone per il ruolo che ricopre. Quel che resta è una storia coinvolgente, emozionante e suggestiva. Da leggere.

Paola Castelli