lettura pre-pasquale per il libro che probabilmente ha avuto il traino di marketing più tragicamente involontario e contemporaneamente efficace della storia.
houellebecq può piacere o meno (qui probabilmente non è al suo meglio: a me è piaciuto molto nella sua versione meno estremista di una storia “normale” come la carta e il territorio), ma ha una rara capacità visionaria e la lettura dei suoi romanzi, pur tra tanti messaggi non sempre chiari, porta sempre a qualche riflessione stimolante.
l’autore immagina infatti una francia – ma il discorso vale per tutto il continente – molto prossima conquistata dalla religione musulmana. la “colonizzazione” non avviene attraverso conquiste militare o atti di violenza terroristica, ma col semplice meccanismo democratico delle elezioni.
il risultato è determinato dall’atteggiamento remissivo delle forze politiche tradizionali europee, tra una destra priva di cultura e una sinistra arrendevole in nome di una solidarietà buona solo per autoattribuirsi patenti di civiltà.
ma il vero messaggio del libro – a torto scaraventato dall’attualità nel dibattito sullo scontro fra civiltà – è che l’islam vincerà non tanto per i suoi valori, quanto perché alle miserie dell’uomo comune conviene così.
nel volume la mediocrità è rappresentata dal mondo accademico, ma basta guardarsi attorno per capire che, mentre nei quartieri molti sono pronti a imbracciare i forconi contro l’apertura di un kebabaro, nessuno disdegna i petroldollari nel caso lo sceicco di turno acquistasse la propria squadra del cuore.
in questo senso la sottomissione non serve immaginarla in un futuro vicino: è già avvenuta.
andrea sartorati
