Philipp Meyer – Il figlio #philippmeyer @Einaudieditore

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“It had become clear to me that the lives of the rich and famous were not so differ from the lies of the Comanches: you did what you pleased and answered to no one.”

Letto a inizio estate. Un uomo e la sua famiglia nel Texas da fine ‘800 ai giorni nostri: la vicenda di una famiglia come metafora degli USA con grandezze e miserie.
Mi è piaciuta la storia, e la tecnica narrativa usata: Meyer usa tre diversi punti di vista. Il vecchio capostipite che racconta in prima persona; il figlio che tiene un diario. Infine la nipote le cui vicende sono raccontate in terza persona. Ogni capitolo dedicato ad un personaggio, con tre filosofie di vita differenti: il vecchio cresciuto sul “confine” alla fine dell’epopea western. Il figlio, indegno agli occhi di un uomo sopravvissuto a un’ epoca. La nipote combattuta tra modernità e emulazione di quegli uomini da cui è circondata e scansata. Epica americana con troppi vinti: indiani e manager, messicani e yankee, forti e deboli, generosi e cinici, vili e coraggiosi. Un ottimo libro, dall’autore di  Ruggine americana.

marco moretti

DESCRIZIONE

Traduzione di Cristiana Mennella – Einaudi Supercoralli

La storia appassionante e avventurosa di una famiglia texana, i McCullough, attraverso le voci di tre narratori indimenticabili: il capostipite Eli, ora centenario e noto a tutti come «Il colonnello», suo figlio Peter, chiamato «la grande delusione» per la sua incapacità di incarnare la visione paterna, e la pronipote di Eli, Jeanne Anne, che, da ultima erede dell’impero familiare, deve affrontare la partita finale con il destino.

Dalle grandi praterie annerite da immense mandrie di bisonti, agli smisurati ranch di proprietà di un pugno di allevatori che regnavano come monarchi assoluti su schiere di vaqueros, al paesaggio arido e desolato punteggiato dalle torri dei campi petroliferi, la storia del Texas occidentale è la storia di un susseguirsi di massacri, la storia di una terra strappata di mano piú e piú volte nel corso delle generazioni. E inevitabilmente anche la storia dei McCullough, pionieri, allevatori e poi petrolieri, è una storia di massacri e rapine, a partire dal patriarca Eli, rapito dai Comanche in tenera età e tornato a vivere fra i bianchi alle soglie dell’età adulta, per diventare infine, sulla pelle dei messicani e grazie ai traffici illeciti fioriti nel caos della Guerra Civile, un ricchissimo patrón. Ma se Eli McCullough, pur sognando la wilderness perduta, non esita ad adattarsi ai tempi nuovi calpestando tutto ciò che ostacola la sua ascesa, suo figlio Peter sogna invece un futuro diverso, che non sia quello del petrolio che insozza la terra e spazza via i vecchi stili di vita, e non può che schierarsi con trepida passione dalla parte delle vittime. La storia, però, la fanno i vincitori, ed ecco allora Jeanne, la pronipote di Eli, magnate dell’industria petrolifera in un mondo ormai irriconoscibile, in cui di bisonti e indiani non c’è piú neanche l’ombra, e i messicani sono stati respinti al di là del Rio Grande. Toccherà a lei affrontare, nel modo piú letterale possibile, un tragico e inesorabile ritorno del rimosso. Dopo aver esplorato, in Ruggine americana, le rovine dell’impero industriale statunitense, in questo romanzo western anomalo e modernissimo, fortemente politico e per nulla ideologico, Philipp Meyer indaga senza reticenze le origini di quello stesso impero, per raccontarci quanto è sempre stato sottile il confine che separa l’eroismo dalla ferocia.

Nic Pizzolatto – Galveston #nicpizzolatto @librimondadori

galveston

Comprato mercoledì, finito oggi.
Un noir crudo, una corsa da New Orleans al Texas. Vent’anni di vita di un lupo mai appartenuto veramente al branco. La diagnosi di cancro e un’altra condanna, senza alcuna colpa: l’istinto ti aiuta a sopravvivere, a salvarti e portare con te una giovane prostituta e la piccola sorellina. Venti anni dopo la vita chiude i conti e lo fa nel modo più imprevedibile… e ti fa sentire meno inutile.
Crudo, vero e con una speranza. Molto consigliato.

marco moretti

DESCRIZIONE

“La scrittura di Pizzolatto ricorda la violenza lunatica dei primi romanzi di Cormac McCarthy e Denis Johnson, un debutto oscuro e viscerale lungo le terre desolate di Galveston. Un giovane scrittore con un potente stile letterario.”

“Galveston, nella sua autenticità e l’umanesimo senza paura, ricorda i migliori esempi del genere noir: Out of the Past di Jacques Tourneur e Down There di David Goodis, One False Move di Carl Frankline e Dalia nera di James Ellroy.” – Dennis Lehane, autore di Moonlight Mile, La morte non dimentica e La casa buia

“Galveston è un racconto struggente e tormentato, splendidamente scritto, un thriller che descrive persone in movimento, che lottano per sfuggire alla pesantezza del passato, in un paesaggio di rovine.” – Kem Nunn, autore di Tijuana Straights.

“Galveston è un debutto pieno di dure verità, un romanzo del ritorno a un passato che finisce per far fare un salto avanti al genere noir.” – Chuck Hogan, autore di Diavoli in esilio e Il principe dei ladri.

“… Un esercizio di cura artigianale, avvolto in oscuri paesaggi meridionali.” – Time Out, Chicago