Jack London – Il richiamo della foresta #JackLondon #Callofthewild

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Nonostante il tempo da dedicare alla lettura sia molto diminuito da quando ho ripreso a lavorare, ho deciso che nel 2016 ogni tanto cercherò di ricordarmi che il ministero dell’istruzione, bontà sua, mi ha dato ben cinquecento euro per “aggiornarmi”, il che comprende l’acquisto di libri che devo necessariamente trovare il tempo di leggere (aargh) (Non diciamo né al ministro né al presidente del consiglio – minuscolo intenzionale – che mi aggiornavo anche prima, anche senza la paghetta, come fa la maggior parte dei colleghi docenti). Inoltre, leggere mi fa bene e spero contribuisca a farmi stare bene.
Così, per cominciare l’anno, ho preso in mano Il richiamo della foresta, di Jack London, nella nuova traduzione di Michele Mari edita da Bompiani. Devo confessare che avevo sempre girato alla larga da Jack London; da giovanissima, quando infilavo il naso negli scaffali della letteratura per ragazzi, mi ero fatta l’idea che fosse “roba da maschi”. E invece c’è tutto un mondo che è semplicemente universale.
La storia della regressione di Buck, incrocio tra un San Bernardo e un pastore scozzese, da cane da compagnia di un giudice californiano allo stato primordiale del lupo nei boschi del Klondike mi ha stregato. Per dirla tutta, è stata la prefazione del traduttore a far scattare la curiosità, ma una volta partita, Il richiamo della foresta è una lettura che non sono più riuscita a sospendere. Per quanto strano possa sembrare, si finisce per immedesimarsi in Buck, a stupirsi con lui della spontaneità con cui ci adegua ai ritmi della natura e della naturalezza con cui si impara ad uccidere per sopravvivere. Il richiamo della foresta è stato una grande avventura per me, e ho veramente avuto una sensazione di perdita, di vuoto, quando sono arrivata alla fine. Un consiglio: tenetevelo buono per una giornata di freddo polare e neve abbondante, seduti davanti al camino; insieme ad una tazzona di cioccolata calda vi terrà compagnia come un amico fedele.

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DESCRIZIONE

l richiamo della foresta è uno dei più famosi romanzi dello scrittore statunitense Jack London. Il romanzo può essere considerato uno dei classici della letteratura per ragazzi. Il libro è ambientato inizialmente negli Stati Uniti, l’azione si sposta poi verso il Nord America, durante la “corsa all’oro”, periodo che London aveva vissuto in prima persona, essendo stato egli stesso un cercatore d’oro.

Una grande storia, una magnifica metafora del rapporto fra natura e creature vi-venti, un capolavoro capace di poesia e ferocia che parla al cuore dei lettori di o-gni età. Rapito e condotto tra i ghiacci del Klondike, all’epoca della febbre dell’o-ro, Buck viene picchiato e costretto a divenire un cane da traino, sperimentando i molteplici volti dell’animo umano, meschinità e grandezza, cupidigia e altruismo, aggressività e affetto. Nelle molteplici esperienze apprende la fatica e l’orgoglio dei cani da slitta e si trova più volte costretto a lottare per sopravvivere, finché la lezione del bastone e della zanna fa riaffiorare in lui l’ancestrale istinto selvaggio. Sfruttato duramente dai suoi ultimi padroni, Buck viene salvato da John Thornton, con il quale ritrova l’amore per l’uomo. Ma il richiamo della foresta e della natura si fa dentro di lui sempre più irresistibile…

Jack London (San Francisco, 1876 – Glen Ellen, California, 1916) è stato autore molto prolifico e tra l’altro scrisse: i romanzi avventurosi Il richiamo della foresta (1903), Il lupo di mare (1904), Zanna Bianca (1906); i romanzi autobiografici La strada (1907), Martin Eden (1909), John Barleycorn (1913); oltre a diversi racconti, reportage, saggi, trattati politici, e inchieste come Il popolo dell’abisso (1903). Il Tallone di Ferro (1908) è stato pubblicato da Feltrinelli per la prima volta nel 1972. Nei “Classici”, Feltrinelli ha edito anche, in unico volume, Il richiamo della foresta – Bâtard – Preparare un fuoco (2012), Zanna bianca (2014) e Il vagabondo delle stelle (2015).

Gli anni al contrario – Nadia Terranova

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Per l’autrice dev’essere stato un bel salto, passare dai libri per ragazzi a questo romanzo. Ma forse non è così, dato che i suoi libri per ragazzi non erano esattamente ascrivibili al puro mondo dei ragazzi. Erano e sono bei libri. E poi…come se fosse semplice, scrivere dei ragazzi e scrivere ai ragazzi.
Questo libro è, essenzialmente, una storia d’amore. Una storia di una coppia. Lo sfondo è la fine degli anni ’70, per poi arrivare alla caduta del muro di Berlino. La storia di due ragazzi che va ad intersecarsi con la Storia, quella maiuscola. I marxisti leninisti, il collettivo di via dei Volsci, gli indiani metropolitani, il sequestro Moro e gli anni di piombo. Non è solo la loro storia privata, è un pezzo di Storia italiana, con tutte le sue contraddizioni, gli slanci, gli errori.
Due ragazzi diversi tra loro, come diverse le loro famiglie, anche se poi non così diverse come dovevano. Estrazione politica opposta, il fascistissimo padre di lei e l’avvocato comunista, di lui, ma visioni della vita non così dissimili. Un po’ come oggi, dove tutto, con il tempo si mescola, si annacqua, diventa indistinguibile. I ragazzi diventano una coppia, ed uniscono i loro sogni di cambiare il mondo, di essere diversi dai loro genitori. Ci provano. Ma essere coppia, avere un figlio, sembra sempre un freno ai sogni, piuttosto che uno slancio. I sogni si ammorbidiscono, o si frantumano. E quando lui se ne rende conto, crolla. Il classico inizio dove tutto sembra possibile, dove ci si sente invicibili, immortali, e il mondo davvero sembra poter cambiare, e siamo noi, a poterlo fare, anche facilmente. Poi però la realtà è fatta di giornate in cui il tempo non ti basta più, in cui i doveri ti bastonano le ruote, in cui un figlio ti succhia energie e pensieri. E bisogna mettere da parte i sogni, i desideri. Parcheggiarli, ci si illude magari di riprenderli poi, un imprecisato poi…e magari la vita di coppia, che sembrava uno sbocco naturale verso un mare ancora più aperto e più bello, diventa come uno stagno dove non si nuota volentieri, diventa una diga e non una foce. Una parabola di molte coppie. Chi sogna e continua a farlo fuori tempo, e chi paga le bollette, immerso nel quotidiano, impedendosi tutto il resto, ogni altro pensiero. La narrazione è in terza persona, e questa terza persona si svelerà solo al termine. La scrittura è chiara, netta, senza fronzoli, diretta, e bella, molto ritmata, dieci anni e più di storia che scorrono in poche pagine. E mi ha commosso. Lei è nata nel ’78, quindi quando questo libro inizia la sua narrazione, e direi che la scelta è stata molto coraggiosa. Ma non penso che l’epoca storica sia determinante in sè, i ragazzi che hanno sogni hanno le stesse difficoltà anche oggi, e forse anche di più, perchè oggi, appunto, ci si nasconde più di allora, ci si mescola, si perdono o non si hanno punti di riferimento, 35 anni fa si sceglieva da che parte stare, spesso nettamente e dolorosamente.
La Storia maiuscola è importante solo in quanto periodo di dolori e di fallimenti dolorosi, che si vanno ad intersecare con quelli personali e privati, spesso determinandoli direttamente.
Siamo tutti fragili, la Storia è più grande e più forte di noi, 100 anni fa, 30 anni fa, come oggi. E’ un libro duro. Che sembra non lasciare speranza, oppure metterla sotto duro processo. Solo gli occhi di un bambino, come sempre, sono quelli che i sogni non li perdono mai. Ma purtroppo cresciamo.

“Era un giorno di Fata Morgana, uno di quelli in cui la luce rende la Calabria così vicina che sembra di poterla toccare, tanto che si raccontano storie su chi, impazzendo, si è tuffato convinto di poter raggiungere a nuoto la punta del continente.”

“Se non ci fosse stata Mara forse ci saremmo persi subito, ma almeno non avremmo continuato a incolparci per le nostre solitudini.Quando penso agli anni trascorsi mi sembra che siano andati tutti al contrario”