Lettere da Yerevan – Giorgio Macor #GiorgioMacor #NeosEdizioni #recensione

L’ odissea di una famiglia armena che nel 1946 insegue un’idea di patria, emigrando nella Yerevan sovietica. L’impatto con la terra promessa però è amaro. Le lettere tra i due fidanzati Maral e Kevork, che dopo la partenza di lei si trovano sulle sponde opposte della guerra fredda, diventano testimonianza di un sogno d’amore e di un momento poco conosciuto della diaspora armena.

Lettere da Yerevan – Giorgio Macor

Editore: Neos Edizioni Collana Le nostre storie

Gregorio Kirkan, quando ancora era bambino, aveva chiesto che cosa significasse il suo secondo nome, e gli avevano detto che corrispondeva al primo ma nella lingua del padre. Così aveva saputo che suo padre era armeno… Qualche anno dopo aveva saputo anche che Kirkan non era il nome di un nonno, ma di un non meglio precisato migliore amico del padre, quando egli ancora viveva nella sua terra natale, che non era l’Armenia… bensì il Libano.

Dall’esilio di Beirut alle stazioni intermedie di Batumi e Tbilisi in Georgia fino all’approdo agognato di Yerevan: sono le tappe che ripercorre il protagonista Gregorio sulle tracce di un mistero lasciatogli in eredità dal padre Kevork, sotto forma di una raccolta di lettere scambiate con l’innamorata Maral, sorella dell’amico fraterno Kirkan. E proprio Kirkan è il secondo nome attribuito a Gregorio da suo padre: un mistero che affonda la sua radice nella diaspora armena, generata dal genocidio perpetrato dall’impero ottomano nel 1915, che sembra trovare una tardiva e parziale ricompensa con la disponibilità offerta da Stalin ai profughi di ritrovarsi nella loro vecchia capitale Yerevan dopo la seconda guerra mondiale. Investigando sulle vicende private delle due famiglie amiche di Kevork e Kirkan che decidono in modo difforme nella risposta all’appello russo, e che sono il paradigma di tante storie simili dimenticate o sconosciute, Gregorio ricostruisce la storia di un amore incompiuto fra suo padre e Maral percorrendo a ritroso il calvario di attese deluse, speranze frustrate ma anche la grande dignità di un popolo oppresso e illuso dalla madre Russia. L’autore accompagna con affetto ed empatia i suoi protagonisti riservando a Gregorio un’ipotesi di amore simbolicamente riparatore delle fratture emotive vissute dal genitore, e con il grande merito di ricordarci il sacrificio di un popolo troppo spesso dimenticato nella sua sofferenza e che dopo la tragedia subita ad inizio ‘900 è stato ulteriormente illuso e tradito da chi si proponeva come suo salvatore.

Renato Graziano

Pubblicità

La lettera d’amore – Cathleen Schine #CathleenSchine #recensione

“Le scimmie parleranno anche (…) ma lettere d’amore non ne scrivono. Nemmeno la nota della spesa, scrivono. Come sono umane le lettere d’amore, come nobilitano. Solo noi scriviamo lettere”.

La lettera d’amore – Cathleen Schine
Traduzione di Domenico Scarpa
Adelphi – Fabula

Premesso che questo non è proprio il mio genere, devo ammettere che la bella scrittura, l’acutezza nelle descrizioni di sentimenti e personaggi, mi hanno portato a terminare la lettura di questo libro che mi sento di consigliare. Un racconto in cui romanticismo e umorismo coesistono in perfetto equilibrio, che ha l’ambientazione principale in una libreria, luogo che già predispone positivamente noi amanti della lettura.
Una lettera d’amore trovata nella propria corrispondenza porta la bella libraia Helen ad interrogarsi su chi possa mai aver avuto l’ardire di rivolgersi a lei in questo modo. Col passare dei giorni cresce la curiosità e la donna si trova a scavare nelle vite di chi la circonda, un esame della personalità di coloro che potrebbero essere gli eventuali autori della lettera, che diventa così il mezzo per descrivere i personaggi con ironia e sarcasmo. Così facendo si trova a guardare con occhi nuovi le persone che la circondano, in particolare il suo giovane commesso. Può davvero un amore tra due persone cosi distanti per età chiamarsi amore? sicuramente ci piace crederlo, al di là delle convenzioni sociali e dei limiti generazionali, di cui tutti (voce narrante, personaggi e lettori) hanno piena consapevolezza.
Questo libro è un buon libro; forse non è nella linea di Adelphi, ma è ben scritto (le metafore sono bellissime), ben argomentato, piacevole, ironico, romantico, con sorpresa finale.
Non aggiungerei altro, non vorrei spoilerare troppo!

Mariagrazia Aiani

Risvolto

Una libreria tinta di rosa, nel New England. Una bella libraia, Helen, divorziata senza rimpianti e piena di passione per il suo mestiere. Un variegato ventaglio di clienti e commessi. E una lettera d’amore che sbuca fra la posta, in mezzo a pubblicità e fatture. Non si sa chi l’abbia scritta. Non si capisce a chi sia destinata. Ma le sue parole si insinuano nella mente di Helen, smuovono pensieri, si propagano fra gli abitanti di Pequot come un elusivo refrain, scardinando certezze e convenzioni. Fino alla sorpresa finale, che nessun lettore – si potrebbe scommettere – riuscirà ad anticipare.
Questo romanzo smaliziato e incantevole, capace di sedurre come una lettera d’amore, ci introduce con leggerezza a una difficile arte – quella di saper essere romantici senza perdere l’ironia.