Cassandra al matrimonio – Dorothy Baker @FaziEditore

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Quando l’ho acquistato, ormai non ricordo nemmeno quando (giaceva in libreria da mesi, credo), non sapevo nulla nè dell’autrice, nè del contenuto. Non so perchè, credevo fosse cosa di oggi, contemporanea a tutti gli effetti, non credevo che l’autrice fosse defunta nel 1968. E che il libro fosse del 1962. E che trattasse di una storia ambientata un secolo fa, circa. Ingannevole la copertina, ingannevole anche il titolo, che mi faceva pensare a una storia tutta romantica.
E, leggendolo, quell’impressione iniziale di contemporaneità si è, come dire, rafforzata. Perchè a me è sembrata una storia senza tempo. Il linguaggio usato, è senza tempo, e di sicuro non appare datato. Sembra scritto adesso, stamattina. E’ veramente una cosa che mi ha colpito.
Casa Edwards, la classica famiglia americana all’apparenza impeccabile. Al di sopra delle umane e povere vicende umane. Non dico perfezione assoluta, ma sicuramente tendente a considerarsi migliore di ogni altra esperienza. Un padre filosofo/progressista, che educa con liberalità e intelligenza le due figlie, un ambiente sano, costruttivo, fecondo. Ma sappiamo bene che quasi mai l’ostentata sicurezza della perfezione sia effettivamente tale, nella realtà. Sappiamo bene che scheletri e armadi e paure e lacrime represse siano in ogni famiglia. Lo diceva anche Tolstoj, mi pare.
Due gemelle monozigote, la loro storia, 11 minuti di differenza alla loro nascita, per il resto simbiosi assoluta. Cassandra vede la luce del mondo prima di Judith, e forse per questo si prende carico della sorella e del suo destino, anche senza che alcuno glielo abbia richiesto. Le due sorelle sono fuse in un’unica entità, vivono insieme, non concepiscono altro modo di vivere. Ed è proprio la famiglia, il primo problema, quello sprezzante chiudersi in se stessi, considerandosi inimitabili, più in alto del mondo. Poi, improvvisamente, Judith intravede la felicità in modo diverso, conosce l’amore, e decide di spezzare quel cordone che sa anche di incestuoso, in qualche modo, con la sorella, e anche di volerlo conoscere, quel mondo che la famiglia ha sempre tenuto fuori. Prima frequentando una scuola diversa, poi con l’annuncio del suo imminente matrimonio.
E questo annuncio provoca il disastro. Due persone che prima si comprendevano con un solo sguardo, come due sposi perfetti, oggi non si capiscono più, oggi una vede l’altra con una lente deformata. E per Cassandra la separazione è un lutto, un dolore immenso, insopportabile. Un oltraggio inspiegabile, dal suo punto di vista. Chiede alla sorella, in pratica, il perchè abbia solo potuto pensare di rompere un’unione che forse lo stesso Dio, voleva indissolubile. Siamo due persone, ma solo biologicamente, in realtà siamo una sola che il destino ha voluto dividere in due.
«Avremmo dovuto essere un’unica persona» . E prova a distruggere i piani della sorella.
Cassandra non trova il suo posto nel mondo. In questo senso credo che chi legga si trovi attratto dal suo personaggio, pur riconoscendone limiti e follie. Ma siamo uniti anche a Judith, nella sua disperata volontà di far quadrare ogni cerchio, nel disperato tentativo di far felici tutti, di non scontentare alcuno. Il libro è diviso in tre parti, due con la voce di Cassandra, una con la voce di Judith. Una scelta che ho trovato molto azzeccata.
Un finale che lascia aperta ogni soluzione, perchè la vita è questa, alle volte per rinascere bisogna morire, per far partire una vita nuova bisogna dar fuoco alla vecchia: “Nella vita, per ricominciare, non c’è niente di meglio di una fine”. Anche se non sappiamo se basterà, quella fine, per ripartire davvero.
Un romanzo che sia per la prosa che per il contenuto tiene col fiato sospeso, affascina totalmente,la Baker taglia come una lama, col suo modo di scrivere, è una meraviglia il contrasto tra l’apparente leggerezza della narrazione e la perfezione dello scandagliare l’animo umano, fin nel suo abisso. Non riesco davvero ad immaginare come l’abbiano presa, i lettori del 1962…L’ho letto rapidamente e avidamente, nemmeno noiosi e chiassosi bagnanti sono riusciti a distogliermi dalla lettura. Un libro per me bellissimo.

Musica: The Space Between, Dave Matthews Band

Carlo Mars

DESCRIZIONE:
«Cassandra al matrimonio, magistrale romanzo di Dorothy Baker, mi ha scioccato nel vero senso della parola: mi ha sbalordito, lasciato interdetto, senza fiato, con la mente sollecitata dalle piccole scosse elettriche che provoca quasi a ogni pagina questo libro appassionante». (Peter Cameron, dalla postfazione al romanzo).

Un romanzo commovente sulla famiglia, sui conflitti e le tenerezze che sempre accompagnano i nostri rapporti. Un romanzo scritto nel 1962 che non smette di raccogliere pareri entusiastici per la modernità con cui descrive i personaggi femminili.

Cassandra Edwards ha ventiquattro anni, è una studentessa laureata a Berkeley: è brillante, ma un po’ nevrotica e triste. All’inizio del romanzo la troviamo al volante della sua macchina mentre sta tornando a casa, il ranch di famiglia alle pendici della Sierra, per partecipare al matrimonio della sua gemella, Judith, con un giovane medico del Connecticut. Matrimonio che Cassandra è determinata a sabotare. La commedia agrodolce di Dorothy Baker segue un inaspettato corso di eventi nei quali la sua eroina si mostra, in momenti diversi, subdola, consapevole, ridicola, concitata, assurda e disperata – allo stesso tempo totalmente impossibile, e irresistibile.
Il weekend che Cassandra trascorre nella casa paterna diventa un momento di crescita, una riflessione su quanto la famiglia sia lo specchio più evidente della natura poco soddisfacente dell’essere umano. La prima cosa che apprendiamo è che il sé è qualcosa di parziale. Forse possiamo essere consapevoli di un unico aspetto davvero comune a tutti: l’incompiutezza.

The Winslow Boy, David Mamet

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The Winslow Boy  è uno dei miei film preferiti, sceneggiato e diretto da David Mamet, che io amo assai. Ha tutte le caratteristiche di un grande film, e peffozza, è ricalcato su una grande opera teatrale, scritta dallo stesso Mamet: e quindi attori e recitazione superbi, dialoghi eccellenti, personaggi intelligenti e ben delineati. Insomma, una gioia per gli occhi e la mente. Dovendo leggere per la sfida una pièce teatrale, ho optato quindi per questa sceneggiatura (e ovviamente appena finita sono corsa a rivedermi per l’ennesima volta il film).

E’ la storia, basata su un fatto di cronaca realmente accaduto, di una famiglia londinese che negli anni appena precedenti la Prima Guerra Mondiale dovette intraprendere una serie di battaglie legali per difendere l’onore del figlio minore, un ragazzino espulso dal Regio Collegio Navale per furto. Il cadetto si dichiarò innocente, e il padre, con la famiglia a sostenerlo, pretese chiarimenti e ulteriori processi, che dapprima vennero negati, e poi divennero casi sui giornali sensazionalistici, e infine discussioni alla Camera dei Lord. Il più importante avvocato dell’epoca si interessò alla vicenda e si prodigò per portare il caso in Tribunale, per una sentenza che fece poi casistica nel diritto inglese. Il ragazzino era un allievo di un’Accademia Militare, e la causa non poteva quindi essere discussa in un tribunale civile; ma non era effettivamente ancora un soldato, e quindi non si poteva portare il suo caso davanti a una Corte Marziale. Si dovette ricorrere a un rarissimo espediente chiamato Petition of right, un arcaico metodo legale per cui un cittadino inglese, che non può di diritto portare in Tribunale la Corona (che coincideva in questo caso con l’Ammiragliato), può chiedere un risarcimento per un presunto danno subìto, e ottenere una discussione davanti a una giuria.

Questa è la premessa storica. La sceneggiatura in realtà non si basa molto sull’aspetto tecnico-legale, è la storia di come la famiglia affronta la prova: dapprima tutti schierati con l’anziano patriarca, che cerca giustizia per il figlio. Poi il tempo passa, le spese legali si accumulano, sacrifici vengono richiesti: il figlio maggiore, giovane scapestrano edoardiano impegnato ad Oxford non nello studio ma a imparare le mosse di gin rummy e del ragtime con compagni che ci piace immaginare come Bertie Wooster, deve lasciare l’università e andare a lavorare in Banca. La figlia, Catherine, impegnata nella lotta delle suffragette e felicemente fidanzata con un soldato, deve rinunciare alla dote; si discute addirittura di trasferirsi in una casa più piccola e di lasciare andare la vecchia fedele fantesca. I sacrifici non sono solo economici: i giornali scandalistici si impadroniscono della vicenda e della vita privata della famiglia, i vicini e la società parlano, buona parte del pubblico è ostile di principio a una famiglia che osi sfidare la Corona. La salute del vecchio padre comincia a risentirne, la signora madre comincia a chiedere che si riconsideri la questione e si valuti un ritiro. Il ragazzino stesso è ormai a Eton, si trova bene con la nuova scuola e i compagni: si adegua alle decisioni del padre, ma non è realmente più partecipe della cosa.

Gli unici convinti ad andare avanti senza ritirata nè resa, perchè di fronte a un’ingiustizia non è possibile altro atteggiamento, sono l’anziano padre e la figlia Catherine. Sanno di essere nel giusto, e non serve altro. Come accadde nella realtà, viene assunto un Principe del Foro: nobile, snob, apparentemente solo interessato alla pubblicità che il caso gli porta. Agisce con distacco, ma osserva con curiosità Catherine, oramai lasciata dal fidanzato perchè la vicenda legale è invisa alla propria famiglia: è una donna moderna, che legge libri di diritto e di politica e discute appassionatamente del suffragio universale. Il signor eminente avvocato sa comunque il suo mestiere: con abile colpo di coda riesce a ottenere la Petition of Right, e il caso arriva in Assise.

E un bel giorno arriva anche il verdetto, che non vi spoilero, perchè vi invito a leggere assolutamente questo libro, e se non altro a vedere il film: è teatro, quindi non perde nella versione recitata “live”. E’ bello, scritto bene, con intelligenza e ironia, e recitato con amore. Prendetevelolo.

PS. Per chi ama il genere Downton Abbey, HA DA ESSERE UN AUTOBUY, non voglio sentir scuse.

Lorenza Inquisition

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