Irene Nemirovsky – La nemica

untitled

La Némirowsky si conferma una delle mie scrittrici preferite, molto vicina a diventare LA scrittrice più amata.
Questo non è il suo lavoro migliore, siamo distanti dai livelli da capolavoro di Suite francese o David Golder. Ma è forse il libro che serve più degli altri a capire l’autrice, l’influenza che le sue vicende personali vissute durante l’infanzia hanno avuto sulla sua scrittura.
La nemica è la storia di Gabri, ragazzina quattordicenne con una madre tristemente frivola e leggera, alla costante ricerca del piacere, della ricchezza, dell’attenzione altrui. Accanto alla sorella più piccola, Gabri percepisce la madre come un’ombra intravista di sfuggita, un profumo forte e volgare tra pizzi e merletti, un rumore di passi a tarda notte. La madre è la responsabile della sua solitudine, della sua sofferenza, della morte dell’amata sorellina, dimenticata troppo in fretta. E’ una madre che non c’è, tremenda nella sua assenza, contro la quale imbastire una vendetta sottile e spietata.
Il libro stesso è una vendetta, la rivalsa della giovane Nemirowsky nei confronti della madre. La prima metà del libro è da brividi, con quella soavità con la quale l’autrice riesce a raccontare i dettagli più tristi delle due bimbe lasciate a sé stesse. L’eleganza della scrittura è inarrivabile, nel suo modo di essere sottilmente spietata nell’analizzare gli stati d’animo dei protagonisti. La seconda parte è più scontata, con passaggi di situazioni e di pensieri un po’ troppo bruschi.
Consigliato, come tutti i libri della Nemirowsky.

“Le attribuì la responsabilità di tutto……Era colpa sua: perché non l’aveva custodita, protetta? Quell’orrore, quella sporcizia, lei non li avrebbe mai conosciuti se sua madre fosse stata una vera madre”.

Anna LittleMax Massimino

Irene Nemirovsky – Jezabel

untitled

La settimana scorsa Sonia Patania accennava alla modernità dei romanzi della Nemirovsky. Tra quelli che ho letto finora penso che questo sia senz’altro il più moderno, quello che affronta un argomento più che attuale, platealmente presente nella nostra quotidianità.
La protagonista di Jezabel è Gladys, una donna molto ricca, affascinante, bellissima. La sua bellezza, o meglio il timore di perderla, è il fulcro del romanzo. Gladys vive per piacere, per essere amata e ammirata. Il suo maggior godimento deriva dall’ammirazione altrui, il suo terrore più grande è la vecchiaia alla quale non sa rassegnarsi. Il desiderio di essere al centro dell’attenzione, di essere guardata e di veder cadere ai propri piedi qualsiasi uomo, che le interessi o meno, la porta a sottoporsi a lunghe sedute di massaggi, di cure del corpo, di trucco. Ma più di tutto la porta a sotterfugi, a mentire sulla sua età, su quella della figlia, a nascondere nel modo più crudele la gravidanza della figlia, a seppellirne il ricordo sotto pesantissimi strati di egoismo e vacuità. Ogni giorno la vede vacillare tra l’apice della gioia nell’osservare il suo splendido viso riflesso nello specchio e l’abisso della disperazione all’apparire di ogni minimo segnale del tempo che passa. Le parole di sofferenza e di condanna pronunciate dalla figlia vengono presto dimenticate, mentre il sentirsi appellare con il termine “nonna” la ferisce duramente, lasciandola prostrata per giorni.
E così, mentre non si fatica ad immaginare una moderna Gladys alle prese con lifting, botox e giovanotti che si usa tristemente definire toy boys, ci si trova ancora una volta catturati dalla perfezione della scrittura della cara Nemirovsky. Perché se a tratti vien voglia di prendere a schiaffi il bellissimo viso di Gladys e gridarle in faccia “Smettila maledetta strega, non lo vedi che tua figlia muore?”, dall’altra si è in qualche modo avvolti dalla sua sofferenza che è disperatamente autentica. Il timore di non essere più come si era, l’angoscia di non avere abbastanza tempo….di non avere più tempo…..
Consegno un metaforico mazzo di rose alla Nemirovsky e la fascetta di Mia scrittrice preferita. Se ancora vi erano dubbi, con questa ennesima lettura ha sbaragliato la concorrenza.
“Oh mio Dio, concedimi ancora questo!…Una volta, una sola volta piacere, piacere come un tempo, pazzamente, completamente, e poi basta, fine, sarò una vecchia, con l’animo in pace..”.

Anna LittleMax Massimino