Marco Missiroli, Atti osceni in luogo privato

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Qualcuno ne aveva parlato come il prossimo Strega (che questo qualcuno non si dispiaccia se ne ho approfittato per inserirlo nella lista come “libro suggerito da un amico”) e vederlo lì sugli scaffali in bella mostra non ha potuto esimermi dal prenderlo subito, incuriosita tra l’altro dall’etichetta applicata per coprire le impudicizie (o come si può evincere dal reperto allegato “amorcerotto”. Ho controllato: da Trony è cerottato, da Rizzoli e Feltrinelli no).
Il libro è diviso in sei parti: infanzia, adolescenza, giovinezza, maturità ed adultitità e nascita ed è uno svolgimento del tema dell’esistenzialismo, senza tra l’altro neanche lasciarti troppi dubbi poiché ne cita continuamente tutti gli autori, condito con una bella dose di porno (che quello fa vendere sempre). Insomma uno Straniero che incontra cinquanta sfumature di sta min**ia.
Detto così sembrerebbe una chiavica (sempre per rimanere in tema) in realtà la prima parte è davvero notevole. È quando non capisci più se è un romanzo post –esistenzialista o un documentario sullo sviluppo sessuale dell’uomo che ti poni dei dubbi veri come “ma che cavolo sto leggendo?”
Mi piacerebbe però sentire il parere di qualche fanciulla.
La cosa migliore del libro è che ti lascia con una grande voglia di rileggere dei mostri sacri della letteratura (si in effetti sentivo proprio il bisogno di un’altra lista). La cosa peggiore è che ovviamente fai subito il paragone ed il libro di Missiroli ne esce più brutto di quello che in realtà è.
Missiroli non ti preoccupare, di peggio c’è sicuramente l’amorcerotto. O Modiano.

“- A volte il Signore perde la pazienza, Libero
– Per che cosa la perde?
– Lui si schiarì la voce, – Per i peccati violenti e per i peccati gratuiti che vuol dire comportarsi male per niente, per le malefatte politiche, per le bestemmie, per gli atti impuri e osceni che vuol dire il sesso e la troppa felicità, per i divorzi e gli aborti, per le ingiustizie e i comunisti, per l’impazienza degli uomini.
– Rimasi in silenzio, – Qualcuno ce l’ho.”

Irene Narciso

Aldo Cazzullo, La guerra dei nostri nonni

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Sulla porta di piazza XXIV Maggio a Milano c’è scritto “paci populorum sospitae”. Nel 1915 quel giorno i fanti attraversavano il Piave (almeno così dice la canzone). Era un lunedì. Cento anni dopo sarà una domenica, la città sarà già piena di avventori dell’Expo e piazza XXIV Maggio sarà di nuovo (si spera) agibile. Montenero, Sabotino, Bligny, Col di Lana, Diaz, Adamello. A rendere omaggio si dovrebbe fare tutta la città a piedi. Cazzullo non riesce a dare una struttura organica alle testimonianze raccolte in questo libro ma sicuramente colpiscono il lettore peggio di Anna Karenina (nel senso letterale del libro in fronte). Il tenente Adolfo Ferrero qualche giorno prima di morire sull’Ortigiara scriveva: “O genitori, parlate, parlate, fra qualche anno, quando saranno in grado di capirvi, ai miei fratellini, di me, morto a vent’anni per la Patria (…) che è doloroso il pensiero di venire dimenticato da essi. Fra dieci, vent’anni, forse non sapranno più di avermi avuto fratello”. Poveraccio, non gli bastava avere come cifra stilistica di riferimento D’Annunzio, gli è toccata pure l’ironia di una pace liberatrice di popoli nel giorno che è stato deciso che doveva morire.

Irene Narciso