Anima – Wajdi Mouawad #recensione

Titolo: Anima
Editore Fazi, Collana: Le strade
Traduzione: Antonella Conti
“Sono riuscita a sentire la sua natura, a individuarla all’interno. Al di là dell’apparenza umana dietro la quale si camuffava, quell’uomo era avvolto da una tela invisibile con fili di una seta nata dalla propria carne, è la bestia odiosa che lo teneva prigioniero e che si nutriva delle sue viscere, altri non era che lui stesso. Era la propria preda e la propria trappola .” (ragno)
*Un libro comprato d’impulso
Un uomo fa ritorno a casa e trova sua moglie in una pozza di sangue, il corpo trafitto da coltelli in più parti del corpo. Era incinta. Il protagonista, Wahhch Debch, si mette sulle tracce dell’assassino, che ha un modo particolarmente crudele di uccidere le sue vittime e abusare di loro.
La particolarità di questo romanzo risiede nelle voci narranti: sono quelle degli animali. Ogni capitolo si intitola con il nome latino della specie che sta raccontando in quel momento: columba livia, canis lupus, felis sylvestris catus, procyon lotor, e questi sono solo alcuni degli animali che si trovano insieme ai protagonisti e che raccontano quello che vedono e quello che sentono. Ognuno ha un suo modo di narrare, a tratti molto essenziale, schematico, a tratti più lirico.

Mettersi nella prospettiva di una moltitudine e fare di questa moltitudine non umana il narratore dimostra una vena originale, anche se far narrare il non umano ha già trovato brillanti applicazioni, come in “Sotto la pelle” di Faber. Eppure sembra sempre umano il punto di vista di volta in volta narrante e non animale. Forse il malinteso deriva dal fatto che il personaggio negativo del romanzo intende l’animalità come assenza di compassione, gentilezza e bontà, come se l’animalità fosse un male in sè da emulare per essere i più spietati di tutti, i senza anima, è per questa confusione di ruoli, questa dicotomia buoni e cattivi, natura e cultura che credo l’autore abbia faticato a costruire una prospettiva fresca, come quella di Faber, per il punto di vista animale.
Può darsi che a volte l’autore banalizzi troppo, come quando ad esempio formalizza il suo proposito narrativo-didattico affermando che l’uomo è più bestiale degli animali. Emozioni, pensieri logico formali e motivazioni restano troppo umane per essere percepite davvero, come nelle intenzioni dell’autore, animali.
Il romanzo si mantiene in bilico sul filo della riuscita e del fallimento per tutta la durata della lettura: ci sono volte in cui ho pensato che fosse innovativo, altre volte in cui ho liquidato frasi prolisse e banali allo stesso modo in cui si fa zapping in televisione davanti a una televendita. Forse con più lavoro da parte dell’editor, un po’ di tagli e qualche frase fatta in meno sarebbe stato un libro molto più che interessante. Forse non l’ho capito io e basta, ovvio. Resta il fatto che l’impulsività non mi ha ripagato, sicchè lo rivendo per comprare un titolo migliore. Miglior fortuna la prossima volta.

Stefano Lillium

DESCRIZIONE

Una donna assassinata in una casa vuota, distesa in una pozza di sangue nel buio del salotto. Unico, impotente testimone, il gatto. È questa la scena agghiacciante che Wahhch Debch si trova davanti una sera, tornando dal lavoro. Quella casa è la sua, quella donna è sua moglie.
Accecato dal dolore, assetato di vendetta ma soprattutto in cerca di risposte, l’uomo parte alla caccia del killer. Nel disperato tentativo di trovare una spiegazione al male, sprofonda nelle viscere di un mondo a sé stante, che vive appena sotto la pelle del mondo civile, abbandonato a mafie e traffici di ogni sorta, governato da leggi proprie.
È un’esplorazione della natura umana nei suoi lati più oscuri, quella compiuta da Wahhch, un viaggio che lo porterà dalle gelide riserve indigene del Québec, dove le più orribili bassezze si mescolano alla bellezza della cosmologia indiana, fino al Libano, dov’è sepolto il suo tragico segreto, un episodio brutale dell’infanzia che gli ha cambiato per sempre la vita.
Sconvolgente odissea contemporanea, Anima è al tempo stesso un’ardita provocazione letteraria: capitolo dopo capitolo, il filo della narrazione è ripreso da una successione di animali, a partire dal gatto che racconta la scena iniziale. In un bestiario infernale, cani, gatti, ma anche topi, serpenti e insetti d’ogni genere si fanno testimoni dell’intera vicenda, immergendo il lettore nella loro percezione della realtà. La desolante verità che emerge è una sola: «il cielo non ha visto niente di più bestiale dell’uomo».

Treno di notte per Lisbona – Pascal Mercier #recensione

« Non vorrei vivere in un mondo senza cattedrali. Ho bisogno dello splendore delle loro vetrate, della loro fresca quiete, del loro imperioso silenzio. Ho bisogno del diluvio di suoni dell’organo e della sacra devozione degli esseri umani. Ho bisogno della sacralità delle parole, della sublimità della grande poesia. Ho bisogno di tutto questo. Ma ho bisogno parimenti della libertà e dell’avversione nei confronti di ogni forma di crudeltà. Perché l’una è niente senza l’altra. E nessuno si sogni di costringermi a scegliere. »

Qualsiasi cosa io possa scrivere a proposito di questo libro non riuscirà a rendergli merito. Del resto, come dice l’autore: “Delle mille esperienze che facciamo, riusciamo a tradurne in parole al massimo una e anche questa solo per caso e senza l’accuratezza che meriterebbe. Fra tutte le esperienze mute si celano quelle che, a nostra insaputa, conferiscono alla nostra vita la sua forma, il suo colore e la sua melodia”.
Insieme a “Voci del verbo andare“, questo Treno di notte per Lisbona è il libro più bello letto quest’anno.
Non ci si deve far ingannare dalla quarta di copertina e dalle prime pagine che portano ad aspettarsi una storia d’amore del genere “alla ricerca della bella sconosciuta”.
È tutt’altro. È pura, lenta, avvolgente poesia.
“Al mondo esistevano solo tre cose, diceva sempre: brama, piacere e sensazione di essere al sicuro. E tutte erano caduche. La più fuggevole di tutte era la brama, poi veniva il piacere e a anche la sensazione di essere al sicuro, di essere al riparo confidando in qualcuno, prima o poi era destinata a infrangersi. Le prove cui ci sottopone la vita, tutte le cose con le quali dobbiamo fare i conti erano, a suo dire, troppo numerose e potenti perché i nostri sentimenti ne potessero uscire indenni. Per questo la lealtà era preziosa. Non era, così pensava, un sentimento ma un atto di volontà, una decisione, una presa di posizione dell’anima. Qualcosa che trasformava la casualità degli incontri e la casualità dei sentimenti in necessità. Un soffio di eternità, diceva, solo un soffio, ma pur sempre un soffio di eternità”.

Consiglio la lettura di questo libro a chi ama riflettere sulla vita reale e sulle vite possibili, una lettura lenta e profonda, un bellissimo racconto nel racconto.

Anna LittleMax