TERZO LIBRO
Un libro ambientato nel passato
“Ho paura torero. Ho paura che stasera il tuo sorriso svanisca“: tre parole d’ordine per creare sovversione, poesia e amore. Nella Santiago del 1986, dopo più di un decennio di terrore e repressione, un gruppo di ribelli, noto anche come Fronte patriottico Manuel Rodriguez, organizza l’attentato al dittatore. Nell’intimità della casa all’angolo della “fata”, il protagonista di questo romanzo, un emarginato omosessuale e travestito di mezza età, che ammaliato dalla bellezza del giovane universitario-guerrigliero, Carlos, offre la sua casa come rifugio per gli “universitari”.
Ci sono tre livelli che Lemebel intreccia con sapienza nel romanzo:
n•1 il brusio di fondo di cui non abbiamo una chiara visione, ovvero il dissenso sotterraneo che porta al rovesciamento della dittatura di Pinochet, il disagio di una società soffocata che non trova modo di esprimersi e che rappresenta quindi il “rumore bianco”che si sente nel romanzo
n•2: la dissacrante visione del mondo della Fata e del suo circolo di amici/amiche, come un cicaleccio che con fragore irrompe nel quotidiano ma a cui ci si abitua: puó essere volgare, ignorante, esplicito, ma mai scontato, perché questo tono della narrazione è volutamente spiazzante e compare laddove non lo si aspetta, magari dopo qualche riga piena di suspance, giusto per non essere prevedibile.
n•3: l’amore non corrisposto, che è il tema principale, un inno alla gioia che la fata dedica a Carlos, un ragazzo con la metà dei suoi anni e eterosessuale, insomma un disastro annunciato. Eppure è un amore che riempie le pagine e gli occhi e Lemebel é proprio bravo a descrivere quelle piccole e improvvise scosse di gioia che riempiono l’innamorato quando l’oggetto della propria adorazione è a portata di mano. Chi non ha mai avuto le farfalle nello stomaco? Ma mai così forti e mai così poetiche. Che belle pagine piene di poesia, così fragili e alla ricerca di una leggerezza che si pensava perduta a una certa età e invece poi ritrovata e fantasticata grazie al fortuito incontro col “torero”. Forse aveva ragione Kavafis: “Un poeta ha detto: la musica più dolce è quella che non si può sentire. E io credo che la vita migliore sia quella che non si può vivere“. E forse gli amori più belli sono quelli sognati. Lemebel non chiude invocando un senso: lascia i personaggi in balia di un destino non definito, senza aver completato le proprie missioni e senza aver consumato i propri amori. Solo tre parole per dimostrare il proprio valore, mentre si aspettano tempo migliori, mentre la ribellione infuria e il polverone è ormai sollevato, parole eroiche e poetiche, parole fatte di terrore e amore: ho paura torero.
Stefano Lillium