Perchè non leggerò Go set a Watchman, e perchè probabilmente non dovreste farlo nemmeno voi

heyboo

Il 14 luglio è uscito in lingua inglese il nuovo attesissimo romanzo di Harper Lee, l’autrice del Buio oltre la siepe, che per problemi di traduzione arriverà in Italia penso giusto giusto per Natale. Non comprerò questo libro, non voglio leggerlo e in realtà non vorrei neanche conoscerne l’esistenza, ma è impossibile, il battage pubblicitario oltreoceano è enorme, potrebbe forse superarlo un eventuale (e altrettanto non richiesto) seguito de Il giovane Holden. Perchè arriverà in Italia, come ovunque penso, con questa (falsa) premessa: l’atteso seguito de Il buio oltre la siepe. Ma ci sono un paio di cose che l’editore non vi dirà su questo argomento, e comincio a dirle io. La prima, e più importante, è che Go set a Watchman NON è un seguito, è una prima stesura de Il buio oltre la siepe. E’ il canovaccio con cui Harper Lee si presentò all’editore, che glielo rifiutò, trallaltro: le suggerì di riscrivere il tutto cambiando varie cose tra cui la prospettiva, mettendo il punto di vista di Scout in prima persona come io narrante. E la riscrittura, da quella prima bozza, non fu semplice, nè breve: quello che è arrivato a noi come uno dei capisaldi della letteratura americana richiese due anni di lavoro, infinite sessioni con gli editori che lo revisionarono più e più volte insieme all’autrice, che a tratti visse persino in casa di uno di loro per agevolare il processo di stesura. C’è un motivo se Il buio oltre la siepe è un capolavoro, e i capolavori non nascono quasi mai in una sessione indolore di mezza giornata di lavoro: l’autore ci lascia sudore, lacrime, sconforto, rabbia, speranza, per giorni e mesi, e a volte anni. Ciò che noi conosciamo come la perfezione, non è talento abbozzato in due minuti. Quindi, quello che stanno pubblicando adesso, pur avendo gli stessi personaggi e la stessa ambientazione, non è un seguito, è semmai un brutto prequel, che esiste negli archivi di Harper Lee dal 1958. La scrittrice non ha mai prodotto un altro volume; è uno di quei rari casi di autore che ha un solo libro dentro di sè. Possiamo esserne tristi, o la cosa può lasciarci indifferenti, ma Harper Lee vinse il Pulitzer con Il buio oltre la siepe, e direi che è scesa a patti con la sua vena produttiva (o mancanza di essa) da tempo; i suoi editori, meno. L’editore ha un preciso lavoro, in fondo: vendere libri. Già nel 2011 gli eredi dei famosi primi editori che aiutarono a creare il capolavoro chiesero all’autrice il permesso di revisionare e pubblicare la suddetta prima stesura, da lei conservata forse per ricordo affettivo, ed ebbero in risposta grossi pernacchioni e pure una diffida. La Lee assolutamente rifiutò la pubblicazione, e negò che ci fosse qualcosa in quella bozza degno di essere salvato che già non fosse presente nel Buio; e sua sorella, la curatrice legale di tutto il patrimonio nonchè tutore depositario dei beni della sorella, difese con fermezza la decisione della scrittrice. Ma Harper Lee è ora sola, la sorella morta nel 2014; e quasi per combinazione, un paio di mesi dopo la sua scomparsa, l’editore ha annunciato al mondo letterario di essere pronto a pubblicare un manoscritto “miracolosamente” ritrovato, un sequel mai pubblicato del Buio che la Lee avrebbe proprio molto molto molto voluto pubblicare negli anni ma che per una strana combinazione non aveva menzionato fino a tipo due secondi prima. Harper Lee ha oggi 89 anni, è una vecchina quasi completamente cieca e sorda, con problemi saltuari di perdita di memoria e stato confusionale, e non è stata presente praticamente mai in nessuno degli stadi della revisione del -diciamo -nuovo romanzo. Questi sono fatti documentati, accessibili a chiunque abbia voglia di leggersi qualche giornale e parli inglese per farsi un’idea di quello che è accaduto, o sta accadendo.

La mia decisione di non leggere Go set a watchman non è dovuta solo a tutta questa spiacevole vicenda: ognuno approccia determinate questioni in modo diverso. Ci può essere chi da un punto di vista squisitamente letterario vuole sapere com’era -com’è- questa stesura, cercare tratti della scrittrice in un suo altro scritto, semplicemente leggerlo perchè incuriosito proprio da tutta la controversa vicenda.

Per me, è una questione personale. Io ho letto Il buio oltre la siepe la prima volta quand’ero al liceo, a quindici o sedici anni, quindi 1986 circa. La professoressa di Italiano durante le vacanze estive non assegnava compiti a chi andava bene nella sua materia (e io, modestamende), si limitava a consegnare una lista di libri che suggeriva di leggere. Il Buio credo fosse il primo in quella lista, e mi ha aperto un mondo: è uno di quei libri che ti fanno alzare la testa dal piccolo orticello dei tuoi problemi a scuola per guardare oltre. A quell’età, leggere per la prima volta di come un uomo per un ideale di giustizia e verità sia disposto a sacrificare tutto, persino la propria famiglia, e senza violenza ma scegliendo la dialettica, fu una rivelazione. Atticus Finch è un uomo bianco che pur essendo cresciuto in un mondo che platealmente incoraggia l’iniquità del razzismo, che permeava ogni nuovo nato con il suo credo malato e ignorante, e pur non avendo avuto qualcuno che gli dicesse E’ sbagliato, un uomo di colore è un uomo a tutti gli effetti, trova dentro di sè -e nelle Scritture, e nei testi giuridici- un codice di onore e comportamento al quale attenersi, un codice che solo i piccoli grandi uomini posseggono, e i piccoli grandi uomini, tra le altre cose, ispirano altri piccoli uomini e piccole donne. Mostrano la strada, fanno pensare, aiutano a capire: Atticus è un’icona della letteratura per questo motivo, e mi è carissimo perchè è stato uno dei primi personaggi a uscire dal libro per parlarmi e farmi riflettere.

E poi c’è Scout, una che insieme a Jo March ti faceva sentire normale, ti faceva capire che essere un maschiaccio, portare tutti i giorni i pantaloni e spendere la paghetta in fumetti e libri e cd era bello e sano e figo, aveva persino un genitore che la legittimava, e che genitore!

Il buio oltre la siepe è uno dei venti/trenta libri che ho sempre portato con me in ogni trasloco (oltre ad averne comprato almeno tre copie nel tempo per motivi vari) e che ho riletto una decina di volte da quella prima volta al liceo, sono trent’anni che stiamo insieme, è uno dei libri che ha fatto di me quello che sono: antirazzista e violentemente (sì, qui Atticus ha fallito a instillarmi l’approccio solo dialettico nella vita) liberale. E’ il romanzo che sempre suggerisco a qualcuno che mi chiede Non leggo tanto, cosa mi consigli? perchè so che le due combinazioni, la narrazione di Scout così ingannevolmente semplice e la vicenda cupa e violenta che si snoda sotto lo sguardo di Atticus non possono non attrarre in modo irresistibile. Non c’è mai stato uno che mi abbia detto di ritorno No non mi è piaciuto, ed è stato il primo romanzo che ho proposto nella lettura di gruppo dei 50 libri su FB, con tantissime persone che non avevano mai approcciato questo classico in quanto tale (quindi potenzialmente peso) che hanno poi ringraziato per averli introdotti in questo mondo.

Il buio oltre la siepe e la signora Lee per me sono un affare di famiglia, e non può un editore arrivare trent’anni dopo e dire TOH, ora cambiamo tutto quello che hai creduto. Questo è un discorso legato parzialmente alla trama, che pare riveli un Atticus bigotto e in fondo razzista, o come dicevo, al problema dell’editore/erede sciacallo. Quando ho letto che sarebbe uscito il seguito, circa un anno fa, pensavo fosse la Lee che aveva in effetti scritto un sequel, e già così non sarei stata contenta. Perchè il buio oltre la siepe è perfetto. Non deve avere seguiti, finisce dove deve finire, come Il giovane Holden o Tom Sawyer. Come dice Mark Twain, questa è una storia di ragazzi,  se parlassimo di Tom che cresce e va all’università e si sposa, sarebbe una storia di adulti.

In vari seminari e simposi letterari è uscita da tempo questa semplice verità, che nel momento in cui un autore viene pubblicato e affida i suoi personaggi al mondo esterno, al di fuori della sua testa, in quel momento preciso li perde, perchè diventano di chi legge. L’Atticus Finch che ho nella testa, formato da anni di riflessioni e riletture ed esperienze mie, non è quello che è nella testa di nessuno di voi, ma penso che ci sia per tutti una base, un fondamento ben chiaro: è un eroe, un uomo che tutti avremmo voluto se non per padre almeno per insegnante o zio, un uomo al quale affideremmo i nostri figli e nipoti, una persona che tutti vorremmo nella vita reale per una chiacchierata, un consiglio, un esempio.

Ma non ce l’abbiamo, quasi mai almeno, e allora ce lo dovete lasciare intatto e perfetto almeno in testa e nella letteratura: perchè mi fa bene sapere che da qualche parte a Maycomb sta per iniziare l’estate e arriva Dill e le signore si mettono il borotalco sotto la guepiere ma sono tutte sudaticce lo stesso e Atticus è chiuso nel suo studio soffocante a leggere un testo di diritto chiedendosi quanto tempo ci vorrà perchè le cose cambino davvero (molto, perchè non sono ancora cambiate in America, e nemmeno qui in Europa, mi spiace, signor Finch, non ci sono abbastanza uomini come lei, mai abbastanza), e non ho bisogno di uno sguardo diverso sulla vicenda. Ho bisogno di Atticus almeno nel Buio oltre la siepe, visto che nella vita non c’è, perchè deve continuare ad ispirarmi e a farmi cercare di migliorare un poco alla volta il mondo intorno a me, perchè è a questo che serve un libro così, a cambiare vite, non a vendere copie con seguiti scribacchiati. Ci sono storie che devono vivere perchè hanno cose importanti da dire, e ci sono storie che devono vivere per sempre, perchè sono il meglio di noi esseri umani. Il buio oltre la siepe è una di queste storie.

E quindi, ecco perchè non leggerò Go set a watchman. E se avete davvero amato Il buio oltre la siepe, forse non dovreste nemmeno voi.

Lorenza Inquisition

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