Lettera al mio giudice, Georges Simenon

Lettera al mio giudice è uno dei libri che mi ha trascinata nell’urgenza, nel bisogno di libri. Di una bellezza avvolgente e pungente insieme. Duro e protettivo, come solo certe carezze sanno essere. Leale e netto.

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Rob Pulce Molteni

Georges Simenon – Il piccolo libraio di Archangelsk

1937435_355143224633639_2701767460431263971_nUna gemma tersa e preziosa. E’ “Il piccolo libraio di Archangelsk”, il romanzo di Georges Simenon (in italiano edito da Adelphi) che ho finito di leggere stanotte e che mi ha lasciato la certezza che il libraio del titolo sia uno dei personaggi più toccanti creati dal caro Georges. La trama della vicenda parrebbe esigua. La giovane moglie italiana – altro personaggio memorabile per svogliatezza e lascivia, altalenante fra impulsi egoistici e sensi di colpa – lo abbandona all’insaputa di tutti. Per difenderne la reputazione, lui s’infila in un gorgo di bugie che gli si ritorceranno contro, perché tutti i membri della comunità a cui appartengono il libraio e Gina La Traditrice penseranno che lui abbia fatto fuori la consorte. Se già la storia fosse tutta qui, sarebbe sublime per come Georges la racconta, descrivendo l’ansia crescente del libraio e il suo struggente fronteggiare il vicinato mal simulando tranquillità. Ma la vicenda è più complessa e interessante, perché il libraio è un ebreo russo naturalizzato francese, e la fuga di Gina con le sue conseguenze evidenzia ai suoi occhi come tutti l’abbiano sempre considerato un forestiero; come l’integrazione che lui dava per scontata sia stata solo apparente; come orrendi sospetti si siano ingenerati facilmente, tra i suoi vicini, proprio per questo: perché mai l’avevano davvero considerato uno di loro. … Le pagine più commoventi: quelle che fanno intendere il rapporto esile ma forte fra il libraio e la sua terra d’origine, da cui è stato portato via da piccolo, all’inizio della Rivoluzione; e quella in cui, al commissariato, il libraio difende l’immagine della moglie più che la propria innocenza esclamando “E’ la sua natura!”: una malinconica lezione su cosa significhi amare.

Sonia Patania