Apeirogon – Colum McCann #Apeirogon #ColumMcCann

“La storia della moderna Israele e la storia della moderna Palestina. Questo libro splendido e profondissimo è, prima di tutto, un eccezionale atto di ascolto.” Nathan Englander

Molto è stato detto è scritto su Apeirogon.Una delle cose che mi ha colpito di più è la feroce accusa mossa da Susan Abulhawa, autrice di “ogni mattina a Jenin”, un romanzo di bellezza struggente. SA sostiene che Apeirogon offende chi subisce l’occupazione, mettendo sullo stesso piano Rami e Bassam, le loro storie e il loro infinito dolore.Non sono per niente d’accordo. Apeirogon è un documento feroce contro l’occupazione ed è un manifesto potente per la pace.Poche sere fa, all’auditorium, prima che iniziasse l’incontro con Mc Cann ho sentito un signore dire del libro: ” 100 pagine imperdibili e straordinarie, 200 belle, ma nn indimenticabili, 200 superflue”.Il punto è che le 100 imperdibili sono davvero imperdibili e quelle belle sono davvero belle. E sicuramente, non tutti identificherebbero nelle stesse pagine quelle imperdibili e quelle belle.Attorno a Rami e Bassam una quantità di storie, di brevissime cronache, di notizie che insieme compongono un quadro straordinario di forte impatto emotivo, ma anche di grande portata documentale.Mi chiedo se non fosse assolutamente necessario e imprescindibile che a raccontare fosse un irlandese naturalizzato americano che di quella meravigliosa e disperata terra ha capito molto, moltissimo.

“Apeirogon è un libro come non ne avete mai letti. Pensate di scoprire una forma narrativa senza precedenti, intima, vera. La stessa idea di romanzo, di ciò che è capace di contenere, è stata espansa, per sempre.” Michael Cunningham

Paola Perrelli

Bassam Aramin è palestinese. Rami Elhanan è israeliano. Il conflitto colora ogni aspetto della loro vita quotidiana, dalle strade che sono autorizzati a percorrere, alle scuole che le loro figlie, Abir e Smadar, frequentano, ai checkpoint. Sono costretti senza sosta a negoziare fisicamente ed emotivamente con la violenza circostante. Come l’Apeirogon del titolo, un poligono dal numero infinito di lati, infiniti sono gli aspetti, i livelli, gli elementi di scontro che vedono contrapposti due popoli e due esistenze su un’unica terra. Ma il mondo di Bassam e di Rami cambia irrimediabilmente quando Abir, di dieci anni, è uccisa da un proiettile di gomma e la tredicenne Smadar rimane vittima di un attacco suicida. Quando Bassam e Rami vengono a conoscenza delle rispettive tragedie, si riconoscono, diventano amici per la pelle e decidono di usare il loro comune dolore come arma per la pace.
Nella sua opera più ambiziosa, Colum McCann crea Apeirogon con gli ingredienti del saggio e del romanzo, e ci dona un racconto nello stesso momento struggente e carico di speranza.

Un romanzo che ha la forma di un poligono con un numero infinito di lati, che attraversa i secoli e i continenti, cucendo insieme il tempo, l’arte, la natura e la politica, per raccontare l’epica storia vera di due uomini divisi dal conflitto e riuniti dalla perdita.

Christine – Stephen King #christine #stephenking #recensione

“Il nemico è l’amore. […] Sì. I poeti fraintendono l’amore continuamente e qualche volta in buona fede. L’amore è il più antico degli assassini. L’amore non è cieco. L’amore è un cannibale con una vista estremamente acuta. L’amore è un insetto che ha sempre fame.”

Cominciamo col precisare che il titolo originale uno e trino è Christine, senza macchine nè inferni; è solo Christine, un nome di donna, il tredicesimo romanzo scritto da King. Poi proseguiamo col dire che è un gran romanzo, certo minore rispetto ai suoi lavori più riusciti, ma comunque di pregio. Ha degli elementi fusi dai precedenti lavori più grezzi, qui raffinati e meglio scritti: c’è un perdente liceale come in Carrie, c’è un elemento dannato, come in The shining o in Salem’s lot, c’è una componente soprannaturale che cambia un ragazzo comune e il suo destino, come in La zona morta. E’ un’opera compiuta e finita bene, King scriveva ormai con costanza da dieci anni almeno, e il risultato è un romanzo profondo sugli anni dell’adolescenza, una storia triste e dolce di amicizia, amore e crescita, con alcuni momenti davvero toccanti, anche se con qualche difetto, per cui non viene mai inserito nel classico canone degli imperdibili di king. Eppure.

Questo è stato il primo libro che ho letto di Stephen King, nell’ormai preistorico 1984, ed è stato sempre un gran bel viaggio, a ogni rilettura. Per anni è stato sul podio dei miei preferiti del Re, col tempo scalzato in retroguardia man mano che King sfornava i veri capolavori, e quindi per un bel po’ è finito a far polvere sullo scaffale in alto. Penso che sia ideale da leggere negli anni di scuola, perchè è in fondo una storia di ragazzi, poco più che adolescenti, e ci si connette immediatamente con l’argomento: non il male che percorre il mondo su una Plymouth Fury, ovviamente, ma quel periodo di ombra e luce che attraversa gli ultimi anni di scuola prima della maturità.

Christine è uno dei pochi libri di King in cui i protagonisti non sono nè bambini, nè adulti: sono ragazzi del liceo, appena usciti dall’adolescenza, con i primi problemi e le prime vere paure. E’ l’ultimo anno di scuola, si avvicina il momento di andare all’Università, che in America coincide con l’andare via da casa e affrontare il mondo da soli, lontani dalla famiglia; ci sono le prime storie serie con l’altro sesso, e c’è il sesso. C’è la rabbia di essere comunque trattati ancora come bambini dai propri genitori, e le prime responsabilità con qualche lavoretto estivo, e l’eterna noia dell’acquitrino della scuola, dove tutto è uguale anno dopo anno.

Se si è più o meno dell’età dei protagonisti, quindi, si entra subito in quell’atmosfera di pettegolezzi e insicurezza, arroganza e sfiga che ogni liceale porta con sè in quelle grige mattine di scuola prima che la campanella suoni; ed essendo King, anche se si è adulti, riesce a farti tornare in quel posto, in quel momento, in cui la lealtà verso gli amici, essere odiato da qualche bullo o bulla, essere innamorato per la prima volta, odiare la scuola e detestare e poi amare i propri genitori è tutto.

Per quanto riguarda l’horrorometro, fa un poco paura, specie se lo si legge di notte da soli, con qualche macchina fuori che passa nella notte, e con certe scene  disturbante di morti cruente. Sarebbe facile liquidare questo romanzo come la storia di una macchina demoniaca, ma il vero orrore, come sempre in King, è l’elemento umano latente: in particolare qui è la rabbia di un uomo meschino e malvagio, la solitudine che diventa cattiveria, la desolazione di una famiglia che si sfascia, la tristezza di quando ci si accorge che quelli che sono stati i tuoi migliori amici da giovani, a volte per nessun motivo preciso, si allontanano, e non tornano più.

Christine appartiene a quel filone apparentemente inesauribile di cose di King da cui hanno tratto (o trarranno, o stanno traendo proprio ora) un film, o qualcosa di televisivo. Il libro è quasi sempre meglio, qualche film è stato onestamente sceneggiato, ma in genere purtroppo ne han tratto vere schifezze; per Christine, siamo nella via di mezzo, sulla sufficienza piena. E’ in fondo un film di Carpenter, che ha avuto una sua idea da rappresentare, rimanendo in superficie: scarta tutto il resto per raccontare la storia di una macchina infernale. Ma quello che è il substrato emotivo nel romanzo, le passioni, le storie dei protagonisti, insomma il lato umano, in cui Stephen King vola da maestro, nella sceneggiatura proprio mancano, ed è per questo che consiglio il libro, ma non il film.

L’ho riletto un paio di giorni fa, ed è stato come tornare per un momento in quegli anni di scuola con Arnie e Dennis; ci sono i cambi di stagione, la fine dell’estate con la malinconia e la paura dell’ultimo anno di scuola che inizia; c’è l’euforia per il futuro che appare proprio dietro l’angolo e la noia dei genitori che continuano a importi regole che trovi assurde perchè di lì a qualche mesi compirai diciotto anni e ti senti ADULTO; c’è il gusto dolceamaro dell’infanzia perduta dopo una serie di esperienze non sempre positive che non possono essere cancellate. Ci sono i discorsi con gli amici, gli unici che ti capiscono, e il momento in cui si cresce e ci accorge quasi senza parere che la persona che è stata al tuo fianco dalle elementari alle superiori se ne sta andando, e per quanto non ti piaccia, capisci che è quello che gli adulti intendono quando dicono: E’ la vita.

“Se fare il ragazzo significa imparare a vivere, allora fare l’adulto significa imparare a morire”

E’ un libro lungo, senz’altro con qualche capitolo di troppo, e non tutti i personaggi sono riusciti, cosa un po’ strana per lo scrittore che è King. Ma è un romanzo potente, lirico, nostalgico, con una narrazione che ti porta inesorabilmente nella storia, una serie di metafore importanti sulla vita e la morte, scene intense di terrore e orrore, e due personaggi, Arnie e Christine, indimenticabili. D’altronde Christine è meglio non dimenticarla, è ancora là fuori che corre nella notte.

Lorenza Inquisition 

“Si ha qualche notizia, ma non di più. E’ lo stesso con la droga, con l’alcool, con il sesso e spesso con altre cose, tipo un lavoro estivo che da origine a un nuovo interesse, un viaggio, un corso a scuola. I motori. Ti danno le chiavi e qualche istruzione e ti dicono: metti in moto, vedi un po’ che cosa fa. A volte quello che fa è portarti a zonzo per una vita allegra e gratificante, mentre altre volte ti lancia giù per l’autostrada verso l’inferno e ti lascia tutto maciullato ai bordi della carreggiata”