Cambiare l’acqua ai fiori -Valérie Perrin #ValeriePerrin

Vedi Violette, io e te abbiamo avuto entrambi la nostre dose di disgrazie, eppure siamo qui. Noi due insieme facciamo tutti i romanzi di Victor Hugo riuniti, un’antologia di grandi sventure, piccole felicità e speranze.
cambiare l'acqua
Ciao a tutti.
Sto leggendo pochissimo in questo periodo ma ieri ho iniziato le 450 pagine di questo romanzo e sono dovuta rimanere sveglia tutta la notte per finirle. Non mi succedeva da tempo. In un post di questa mattina Francesco Pigro parlando di “Cambiare l’acqua ai fiori” dice che ci sono momenti in cui non vedi l’ora di ritornare alle pagine di un libro che ti ha catturato. Ha ragione, io non solo volevo tornarci: non volevo proprio andare via. Volevo rimanere lì, ancora e ancora.
Ho due guardaroba, uno lo chiamo “inverno” e l’altro “estate”, ma non c’entrano le stagioni, c’entrano le circostanze. L’armadio inverno contiene solo vestiti classici e scuri destinati agli altri, l’armadio estate solo vestiti chiari e colorati destinati a me stessa. Indosso l’estate sotto l’inverno, e quando solo sola mi tolgo l’inverno.
A scanso di equivoci dirò subito che questo libro non mi sembra affatto un capolavoro. L’amica che me l’ha fatto conoscere (grazie Cris!) mi ha mandato un trafiletto dove il libro ha una valutazione di 10/10. Un po’ troppi. Il libro ha alcuni punti deboli, secondo me. Alcuni dialoghi, soprattutto nella parte iniziale, lasciano perplessi e possono quasi dare l’idea di essere di fronte all’ennesima storia d’amore raccontata nemmeno troppo bene. Così come certi momenti, certi sviluppi nella trama. Ma non bisogna lasciarsi scoraggiare da questo.
Perchè c’è tutto il resto, ed è tantissimo. C’è un’ambientazione insolita e stranamente affascinante. Una casa dove avrei voglia di essere accolta e confortata quando ne ho bisogno. Un piccolo nido protetto dove non ti aspetteresti di trovarlo. C’è Violette con i suoi cappotti grigi e cupi e sotto i vestiti rosso fuoco, l’inverno fuori e l’estate dentro. C’è la sua storia, la sua voce che racconta in modo appassionato e struggente l’amore per sua figlia. Questa secondo me è una delle parti più belle del libro, il lungo racconto di Violette e della sua bambina, le immagini che vengono evocate, tutto il vissuto che piano piano ci viene raccontato. E quei personaggi stupendi che la circondano: Sasha, Nono, Elvis (perchè conosce solo le canzoni di Elvis Presley), il parroco che vorrebbe poter essere papà, Celia. E ancora la lunga storia di Irene e Gabriel, appassionata, sofferta, eterna (l’altra parte meravigliosa di questo libro). E poi, ancora, la altre piccole e grandi storie che sfiorano la vita di Violette o si intrecciano alla sua come un’immensa ghirlanda di fiori. C’è perfino un piccolo di ricordo di Camille Claudel e questo mi fa ha fatta sorridere e commuovere. Senza voler dare troppi particolari sulla trama dirò che ci sono anche Violette e tutti i suoi morti e quella è poesia purissima.
Parlo da sola. Parlo ai morti, ai gatti, alle lucertole, ai fiori, a Dio (non sempre gentilmente). Parlo a me stessa, mi interrogo, mi chiamo, mi faccio coraggio.
E’ un libro che migliora man mano che si procede con la lettura, le parti narrate sono magnifiche. Quando i personaggi iniziano a raccontare di sé, a svelarsi, quando cominciano a delinearsi i contorni e le figure si riempiono, quando non solo li si immagina ma si comincia a vederli. Quando si comincia a capirli. Allora entrano nel cuore e, per quello che mi riguarda, non credo ne usciranno più.

Anna Massimino

 

Valérie Perrin – Cambiare l’acqua ai fiori

luglio 2019, pp. 480,
Traduzione: Alberto Bracci Testasecca
Editore: Edizioni E/O Collana: Dal Mondo

Valérie Perrin
Valérie Perrin lavora da sempre nel mondo del cinema e per anni è stata fotografa di scena delle più importanti produzioni cinematografiche francesi, tra cui quelle del marito Claude Lelouch. Con Cambiare l’acqua ai fiori ha vinto il Prix Maison de la presse, il Prix Jules-Renard e il Prix des lecteurs du Livre de poche.
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Lolita – Vladimir Nabokov #Lolita #Nabokov

“Lolita va molto al di là dell’argomento scabroso e tabù della pedofilia, è anche oltre la sua stessa capacità di regalare al mondo un archetipo letterario in grado di penetrare nell’immaginario collettivo e nel linguaggio comune: la Lolita, la Ninfetta, la ragazzina precoce e provocante.” Michelangelo Iuliano

Questo libro risulta ormai annoverato tra i classici della letteratura erotica, fu bollato come pornografico al tempo della sua pubblicazione nell’America puritana. In realtà il romanzo, ha ben poco sia di erotico che di pornografico, in quanto si presenta come un diario psicologico, quasi un flusso dei pensieri morbosi e delle pulsioni insane di un uomo adulto verso una pubescente. L’autore indulge nel dettaglio delle sensazioni provate dal protagonista verso la ragazzina, senza mai scendere nella volgarità, ma trasmettendo ai lettori proprio il senso di ripugnanza e suscitando un naturale disgusto/antipatia verso un protagonista così depravato.
L’opera in questo senso, è sicuramente riuscita, però io l’ho trovata assai noiosa, lunga e ripetitiva; ritengo comunque che, nell’ambito della storia della letteratura occidentale, abbia avuto il pregio di evidenziare un problema sociale assai diffuso e di cui non si aveva coraggio di parlare, quello delle spose-bambine (e quindi la tematica centrale è quanto mai attuale). Il protagonista espone la narrazione attraverso la forma di un doloroso diario, un’esasperata analisi di tutta la faccenda riguardante la sua adorata Lolita. E’ soprattutto interessante come il protagonista sia assolutamente consapevole di privare Lolita della sua adolescenza, ma che ritenga il suo diritto di “amarla” superiore a qualsiasi altra necessità: ecco, questo io lo trovo davvero scandaloso… e si evidenzia proprio questo rapporto claustrofobico, di dipendenza fisica e psicologica da parte dell’uomo nei confronti della bambina e economica da parte della ragazza nei confronti dell’uomo. Si evidenzia l’ossessione, il possesso e il delirio di una mente affetta da pedofilia (“fu lei a sedurre me”, la tipica frase pronunciata da questi soggetti malati, secondo Mario Tobino) che adotta ogni mezzo per raggiungere il suo fine.

Il primo gennaio avrebbe compiuto tredici anni. Entro un paio di anni avrebbe cessato di essere una ninfetta e si sarebbe trasformata in una “ragazza” […] La parola “per sempre” si riferiva solo alla mia intima passione, a quell’eterna Lolita che si rifletteva nel mio sangue.

Silvia Loi

“Respinto irrimediabilmente, H.H correrà a raggiungere Quilty, il vero male, il reale, sporco approfittatore. Il personaggio finemente adagiato, dal sapiente Nabokov, tra le pagine di un romanzo che, più che turbare, invita ad una riflessione. Spinge all’analisi complessa del ‘mostro’, alla ricerca della causa. Esorta all’attenzione e mette in guardia dal giudizio facile (quello che, il più delle volte, risulta fatale), mostrando la netta linea di confine tra il moralmente  inconcepibile ed il male.” Salvatore Conaci

“Io ti amavo. Ero un mostro […], ma ti amavo. Ero ignobile […] e tutto quello che vuoi, mais je t’aimais, je t’aimais!“.