La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin, Enrico Ianniello

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Non ho ancora deciso se è un libro per bambini o per adulti, se è paraculino o lungimirante, se è troppo tanto o troppo poco.
Ad ogni modo, nella storia di Isidoro, nato in un paesetto dell’Irpinia da padre strabico (ma è con l’occhio che se ne va per conto suo che esso riesce a vedere ogni cosa) e madre pastaia, che alla nascita invece di fare uno strillo fischia e che impara presto da Alì, un merlo indiano, a urlafischiare e farsi capire dagli uccelli, ci sono pagine proprio fiabesche e piene di grazia. La sua famiglia felice, col papà comunista che la mattina si fà il bidè “pallocentrico” con acqua e Idrolitina e scrive lettere d’amore alla moglie, al figlio, al presidente Pertini, a Bach, e la mamma che stende la pasta in una nebbia di farina stendendo le sue creazioni per tutta casa, come fossero centrini di merletto, tovaglie, canovacci, in un tripudio di operosità e gioia; la sua infanzia felice e urlafischiata ha un’innocenza alla Peppone e Don Camillo, mostra un’Italia semplice, alacre, gaia, solidale che non c’è più (c’è mai stata?).
La seconda parte, quando Isidoro cresce, si ammutolisce e comunica soltanto col fischio, il ritorno a una sorta di realtà “sparte e capisce” (dividi e capisci) non mi è piaciuta granchè, più tirata per le zampe, io pensa.

La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin – Enrico Ianniello

 

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