La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin – Enrico Ianniello #Feltrinelli #EnricoIanniello

Adoro le trasposizioni, siano esse teatrali, musicali, cinematografiche, televisive o grafico-pittoriche. E adoro ancor più le contaminazioni che mi portano a scoprire mondi nuovi e sconosciuti nutrendo la mia immaginazione.

Questa volta sono debitrice alla tv (a partire dal dottor Modo [Il commissario Ricciardi] prima e il commissario Nappi [Un passo dal cielo] poi) e al successivo approfondimento in rete, youtube e social per aver scoperto l’Enrico Ianniello scrittore e il suo primo piccolo capolavoro letterario.

Isodoro Sifflotin è un bambino con un dono straordinario: ha l’innata capacità di fischiare più e meglio degli uccelli, ma ancor più ha il dono di mostrarci la duplicità della vita umana attraverso la leggerezza e la drammaticità degli eventi che la vita gli riserva. La prima parte scorre via in un urlafischio (di cui il ragazzo è campione incontrastato), tra la conoscenza dei personaggi (una famiglia, su tutti il padre, davvero sui generis) e le prodezze dell’enfant prodige mentre già prima dell’inizio della seconda cambia il registro, e la spensieratezza di un tempo mitizzato come l’infanzia lascia spazio ad un’ardua adolescenza, prima della vita adulta napoletana.

È un romanzo di formazione che ti catapulta indietro nel tempo (ai primi anni ’80) tra il casertano e l’Irpinia con svariate incursioni dialettali che contribuiscono al tenore allegro e all’autenticità del racconto senza trascurare momenti di più profonda riflessione, sia essa sociale, politica, storica, sentimentale o più spiccatamente personale.

È un libro tristelìce, per prendere a prestito una delle parole inventate dal padre Quirino, o fatto di parole leggere e preziose, dolorose e fragili così come viene descritta l’opera di Cechov dall’amico Enzo. Una ventata di freschezza che non tralascia di commuovere e sorprendere.

Consigliatissimo.

Owlina Fullstop

Finalista Premio Selezione Bancarella 2015
Vincitore Premio Campiello Opera prima 2015

Sulla caviglia dello stivale Italia, là dove sta l’osso pezzillo, nasce il nostro eroe, Isidoro Sifflotin. Nella casetta di Mattinella, che sta su da trecento anni e “non crollerà mai”, il prodigioso guagliunciello Isidoro affina una dote miracolosa, ricevuta non si sa come da Quirino, il padre strabico, poetico e comunista, e da Stella, la mamma pastaia. Qual è questa dote? La più semplice: Isidoro sa fischiare, e fischia in modo prodigioso. Con il suo inseparabile merlo indiano Alì dagli sbaffi gialli, e l’aiuto di una combriccola stralunata, crea una lingua nuova, con tanto di Fischiabolario, e un messaggio rivoluzionario comincia magicamente a diffondersi. Proprio quando il progetto di un’umanità felice e libera dal bisogno sta per prendere forma, succede qualcosa che mette sottosopra l’esistenza di Isidoro. “Tutto quello che cresce si separa”: con addosso questo insegnamento di mamma Stella, Isidoro, ormai ragazzo, scopre Napoli e si imbatte, senza neanche rendersene davvero conto, in un altro linguaggio prodigioso e muto: quello dell’amore.

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La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin, Enrico Ianniello

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Non ho ancora deciso se è un libro per bambini o per adulti, se è paraculino o lungimirante, se è troppo tanto o troppo poco.
Ad ogni modo, nella storia di Isidoro, nato in un paesetto dell’Irpinia da padre strabico (ma è con l’occhio che se ne va per conto suo che esso riesce a vedere ogni cosa) e madre pastaia, che alla nascita invece di fare uno strillo fischia e che impara presto da Alì, un merlo indiano, a urlafischiare e farsi capire dagli uccelli, ci sono pagine proprio fiabesche e piene di grazia. La sua famiglia felice, col papà comunista che la mattina si fà il bidè “pallocentrico” con acqua e Idrolitina e scrive lettere d’amore alla moglie, al figlio, al presidente Pertini, a Bach, e la mamma che stende la pasta in una nebbia di farina stendendo le sue creazioni per tutta casa, come fossero centrini di merletto, tovaglie, canovacci, in un tripudio di operosità e gioia; la sua infanzia felice e urlafischiata ha un’innocenza alla Peppone e Don Camillo, mostra un’Italia semplice, alacre, gaia, solidale che non c’è più (c’è mai stata?).
La seconda parte, quando Isidoro cresce, si ammutolisce e comunica soltanto col fischio, il ritorno a una sorta di realtà “sparte e capisce” (dividi e capisci) non mi è piaciuta granchè, più tirata per le zampe, io pensa.

La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin – Enrico Ianniello