Il Cartello – Don Winslow #DonWinslow #IlCartello

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«Il cartello è il Winslow migliore. Intenso, brutale, profondo. Atmosfera impressionante, trama magistrale. Una botta di metanfetamina pura».
James Ellroy

Con il precedente, magnifico e terribile : “Il potere del cane” Winslow ci aveva raccontato i meccanismi del narcotraffico fra Messico e USA , con l’ ascesa della famiglia Barrera fino all’incarcerazione di Adàn, il nipote successore del capostipe Miguel al vertice del cartello di Sinaloa , e “pantografato” sulla figura di “El Chapo” Guzman, icone cult del narcotraffico messicano, arrestato recentemente con un’operazione congiunta della DEA con la polizia messicana.
Don Winslow con “IL CARTELLO” completa l’opera sceneggiando sotto ai nostri occhi il seguito della lotta fra i tre principali cartelli che si contendono l’enorme business in un intreccio di violenze, connivenze con il potere politico, corruzione a tutti i livelli e terrore sparso a piene mani fra una popolazione ormai incapace di reagire. Con la sua tecnica narrativa di taglio cinematografico costruita con frasi brevi, dialoghi secchi e veloci e soprattutto riportando fatti e non emozioni dei protagonisti: quelle nascono di riflesso dentro al lettore accompagnato da questo (per me) grande scrittore sulla giostra di omicidi e svolte narrative che hanno il pregio, purtroppo, di essere un docu-drama e non una fiction.
Winslow ci porta per mano, assieme al suo irriducibile eroe Art Keller, avversario (ma fino a che punto) nel “cuore di tenebra” contemporaneo che abita dalle parti di Tijuana, Mexico.

Renato G.

Anime di vetro – Maurizio De Giovanni

falene

Quelli tra di voi hanno letto i libri di Maurizio De Giovanni con protagonista il Commissario Ricciardi mi capiranno forse meglio: per coloro che non lo hanno ancora letto consiglio di iniziare questo ciclo di romanzi gialli.
Tutto è incentrato sulle storie, ambientante nella Napoli del periodo fascista, del commissario protagonista, che ha un dono, e cioè vede i morti,  non nel senso di fantasmi ma nel senso di ricordo degli ultimi attimi di vita della persona deceduta. Insomma, di per sè intrigante, così come i diversi personaggi ricorrenti (cito per tutti Bambinella, un femminiello fantastico che è una specie di informatore della polizia dei quartieri napoletani). Questo libro, scritto come gli altri, cioè con un linguaggio lento e un po’ onirico, mi è piaciuto leggermente meno degli altri (sarà il periodo?), mi pare che i romanzi di De Giovanni comincino a mostrare la corda. Molta retorica ed una eccessiva verbosità nello stile, trame troppo esili, dialoghi banali e scontati, i personaggi cominciano a diventare delle macchiette fisse nei loro stereotipi immutabili, senza nessuna evoluzione psicologica o introspezione originale. Tutto fa molto “fiction televisiva”, troppo.

Il tutto forse comincia ad essere leggermente ripetitivo, perché cominci a voler vedere la fine di alcuni fili che nelle storie si dipanano (il suo rapporto con la dirimpettaia per esempio), perché a volte hai la sensazione di una tela che viene filata ma della quale non vedi la fine. E poi: persino Manzoni I promessi sposi li ha scritti in un solo libro, e De Giovanni non è Manzoni; che li faccia sposare i due protagonisti, perchè anche a tal proposito non se ne può più…
Anche qua lo stesso commento che avevo fatto per l’ultimo della Vargas: mi avevano entusiasmato i primi romanzi del ciclo, speriamo in una ripresa successiva a questo periodo di stanca.

nicoletta