Georges Simenon – Luci nella notte #GeorgesSimenon

luci

Splendido romanzo psicologico che sconfina nel noir, Luci nella notte narra una storia molto dura, tragica a tratti. E’ la fine dell’estate in America, il week end del Labor Day: una coppia si mette in viaggio per riportare a casa i figli dal campeggio in cui hanno trascorso le vacanze. Già prima di partire sono evidenti i segnali di tensione tra i due. Il marito, irresistibilmente attratto da quello che lui stesso definisce “tunnel”: un bisogno di bere compulsivo, per cui prova una fastidiosa vergogna che alterna a patetici tentavi di autogiustificazione in cui si convince che in fondo le volte in cui beve tanto sono davvero rare. Definire “bere tanto”, naturalmente, è la questione di fondo. Vuole un drink prima di cena, e poi un altro, e un altro ancora prima di mettersi in viaggio, perchè poi con il traffico sarà impossibile fermarsi; ingurgita in fretta, di nascosto, mentendo alla moglie sulla reale quantità di quello che ha già bevuto. Partono; quando non ci sono i figli è per loro difficile parlarsi, il nervosismo in macchina acuito da tensioni represse, la guida difficile con il traffico e la pioggia; ben presto, il marito vuole fermarsi per un altro drink, ormai indirizzato senza ritegno verso quel posto oscuro dove inizia il “tunnel”. La moglie, esasperata, annuncia che non lo aspetterà in macchina, e si allontana lasciando solo un biglietto in cui dichiara freddamente che proseguirà il viaggio in pullman. Da qui le loro strade si separano, nelle pagine che seguono troviamo la parte più noir del romanzo; e in quelle stesse vicende emerge l’inconscio del protagonista che, nell’imbruttimento alcolico, inizia a parlare. Cova rancore per quella moglie che ha più successo di lui sul lavoro, sempre perfetta, in carriera, stimata dai colleghi e dal capo, convinta di possedere tutte le verità del mondo. Lui, un mediocre soffocato da una vita inquadrata da perbenismo e convenzioni sociali, si sente umiliato per il proprio lavoro grigio e banale, insoddisfatto per scelte di buon senso che la vita gli ha imposto, per esempio occuparsi lui in genere dei figli perchè la moglie ha orari più impegnativi sul lavoro. E’ scontento per la sua vita banale, monotona e insignificante: e il desiderio di evasione, lo sfogo della propria frustrazione sono sentimenti che solo l’alcol riesce ormai a surrogare. Ma quando la tragedia si compierà infine e sarà la moglie la vera vittima di tutta la vicenda, quando sarà lei a vergognarsi di sé e a sentirsi perduta, solo allora quell’uomo e quella donna potranno parlarsi, riusciranno a tornare a guardarsi davvero.

E’ un romanzo duro, e a tratti angosciante, la scarna rappresentazione del collasso dell’uomo all’interno dello stritolante ingranaggio carrieristico e lavorativo americano, e della crisi di una coppia incapace di parlarsi senza frapporre schermi: e cosa può succedere a un rapporto se la personalità più forte non è l’uomo, ed egli, anzi entrambi, ne sono consapevoli? In un matrimonio che vacilla, come è possibile accettare le colpe, da entrambe le parti in causa? Ed è meglio cercare di tenere in vita la coppia tacendo, o permettere al rancore di sfogarsi? Soprattutto, è possibile recuperare dagli errori, superare l’impotenza e la tensione causati dai ritmi che separano, dalle abitudini che uccidono le emozioni, dagli stili di vita omologati dalla carriera e dal giudizio sociale?

Simenon scrisse questo romanzo negli anni in cui viveva in America, parte di quel suo arcipelago letterario che alternava al filone del commissario Maigret, libri scritti con prodigiosa facilità, implacabilmente lucidi, concisi e duri, dove le amarezze, i timori, i rancori dei protagonisti crescono sotto i nostri occhi con esaltazione febbrile, si dilatano progressivamente in un mondo chiuso, senza prospettive, fino ad arrivare alla tragedia finale. Non sempre però, questo libro contiene un messaggio di speranza senza sdolcinature, di solitudini che scelgono di non ignorarsi più, una passione sfiorita che mantiene una base di serenità. Piaciuto molto.

 

Lorenza Inquisition

Come together fall apart – Cristina Henriquez #CristinaHenriquez

Leggere il mondo: PANAMA

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Non trovando un granchè come autori panamensi tradotti, ho ripiegato sulla seconda generazione. Cristina Henriquez ha padre panamense e madre americana, ha studiato negli Stati Uniti, ha pubblicato qualche racconto in varie riviste letterarie, tra cui il New Yorker; questo Come together fall apart è la sua opera prima, in seguito ha prodotto due romanzi, tradotti  anche in italiano ( Anche noi l’America e Il mondo a metà).

Ho scelto questa raccolta di storie perchè sono tutte (o quasi) ambientate a Panama, che era il punto del mio approccio all’autrice. E’ brava, lo stile pulito, riflessioni sincere anche se non esageratamente profonde, il linguaggio evocativo. Sono generalmente storie di gente comune, al limite della povertà, che si arrabatta tra lavori precari e problemi di vario tipo, sempre mantenendo una certa speranza, nonostante le circostanze: una ragazza che perde la madre, giovanotti incapaci di impegno, donne sole che allevano le figlie severamente ma sempre con il sorriso pronto.

Vite poco straordinarie in una Panama che appare di striscio in certi angoli, ragazzini che costruiscono un fortino con dei carrelli del supermercato abbandonati, file di banchetti della lotteria lungo i marciapiedi, cartelloni pubblicitari di Adidas e Daewoo, signore che pelano la frutta buttando le bucce ai gabbiani, vecchietti che giocano a domino sulle panchine.

L’autrice ha uno stile pacato, i suoi personaggi sono persone normali che parlano una lingua colloquiale, comunque non priva di grazia in certe pacate meditazioni. La novella più lunga è quella che dà il titolo al libro, ambientata durante l’invasione americana del 1989 per la destituzione di Noriega, il tutto visto attraverso gli occhi un ragazzino che vive il primo innamoramento, e una grave crisi oltre che nel Paese a casa propria, in quanto la dimora dove tutta la sua famiglia vive da generazioni deve essere distrutta per far spazio a un condominio, visto che arrivano gli americani e l’economia si impenna. Non mi ha convinto del tutto, anche se è il racconto che ha avuto più elogi dalla critica.

In generale, che questo libro sia un’opera prima è evidente, le storie proprio precisine, mai sporche abbastanza, la prosa liscia e polita, i personaggi un po’ stereotipati: gli uomini sono quasi tutti superficiali latin lovers, il cardine della famiglia è sempre la madre, la propria relazione con i figli, soprattutto con le femmine, feroce. E poi c’è questo ottimismo che in generale permea le vicende, anche se a volte ci sono di mezzo lutti e divorzi, questa visione forse un po’ giovanile del mondo. Non è necessariamente un difetto ma il rischio melassa è dietro l’angolo, e un poco più di cinismo avrebbe dato un tono più realistico e credibile al tutto. Però i racconti sono ben scritti, e si prova sempre una certa empatia per i protagonisti: non è per niente un brutto libro, è solo che avrebbe potuto essere molto meglio. Tuttavia non mi è dispiaciuta quest’autrice, ho letto che le sue opere successive sono più profonde e complete, e quindi senz’altro leggerò altro di suo.

Lorenza Inquisition