Un adulterio – Edoardo Albinati #EdorardoAlbinati #recensione

Un adulterio Edoardo Albinati
Editore: Rizzoli
Anno edizione:2017

«Quello che stava accadendo poteva accadere solo a loro due insieme in quel momento: il dondolio della barca, il cielo muto, il blu insensato, la paura che li univa, quel torpore sottile e insistente sotto il quale l’eccitazione fisica era pronta a risvegliarsi di nuovo, e poi di nuovo e poi di nuovo»

Un uomo e una donna si incontrano su un’isola per un weekend di passione. A casa hanno entrambi un matrimonio e dei figli, ma hanno deciso che per quei due giorni conta soltanto il fuoco della loro relazione clandestina. Quella che avrebbe potuto essere una storia d’amore lunga una vita si consuma nell’arco di 48 ore, scandite da una serie di memorabili istantanee che indagano i meccanismi del tradimento vissuto con consapevolezza, del desiderio erotico, dell’amore che non riesce mai a essere coerente, e dell’ambivalenza dell’animo umano nei rapporti di coppia.

Questa è la storia di una passione travolgente ed intensa, ma il modo in cui viene raccontata è freddo, senza neppure essere chirurgico e mi ha molto infastidita.
Albinati parla di emozioni violente e riflessioni importanti con un linguaggio così didascalico da non trasmettere nulla, a livello di sensazioni, al lettore, tanto che sappiamo quanto siano scossi i due protagonisti nel profondo solo perché lui ce lo dice, non perché lo abbiamo percepito leggendo il narrare dei fatti. In più, taluni di questi fatti sono tirati via, accennati in modo troppo vago, al punto da sembrare quasi pretestuosi (mi riferisco, ad esempio, all’episodio del ritrovamento delle foto di Clem).
Non è un libro vuoto e mi ha dato spunto per diverse riflessioni importanti, ma mi ha anche lasciato una sensazione di freddezza e fastidio.

Loretta Briscione

“Il tradimento è il motore di molta letteratura e di tantissimo cinema. E ho deciso di far vivere questa situazione in clandestinità a due persone che hanno già degli amori solidi alle spalle ma, per decidono di trasgredire. Tutto si svolge in un’isola, un non – luogo, in una dimensione parallela e surreale. E’ come ne La tempesta di Shakespeare, dove non sai se è sogno o realtà quello che si verifica. Allo stesso tempo l’isola è circondata dal mare e non sai se riuscirai ad allontanarti, ad andar via. E’ a rischio il ritorno.” Edoardo Albinati

 

Felici i felici – Yasmina Reza #YasminaReza #Borges #recensione

Felici i felici -Yasmina Reza

Traduttore: M. Balmelli

Editore: Adelphi

Collana: Fabula

È un libro ben scritto, mai banale, che impone calma, riflessione e momenti in cui torni indietro di qualche riga per assorbire meglio i passaggi che usa l’autrice per arrivare alle frasi epifaniche sparse qua e là nel romanzo. È un romanzo e non un mosaico a racconti, perché a differenza dei racconti nessuna storia è in sé così conclusa da ritenersi un unico, e ognuna si inanella nelle altre. I personaggi che parlano a turno in ogni capitolo si alternano nella narrazione, ma nessun ripete la stessa storia da diversi punti di vista. È un romanzo atipico, che non cerca di assomigliare ad altri romanzi di successo, ma punta a essere semplicemente se stesso. È un romanzo sull’amore, sul sesso e sul matrimonio. La frase di Borges a cui fa riferimento il titolo è un po’ uno sfottò dell’autrice, e in fondo è proprio la matriarca della famiglia Blot, Jeannette, parlando con la figlia Odille, a concludere: “Cosa vuoi dire mamma? Eri felice con papà, no? – Non ero infelice, no. Ma sai, di buoni mariti non ne trovi mica a ogni angolo di strada”.

Malgrado i toni della narrazione non credo sia un romanzo pessimistico. La sensazione prevalente che lascia, secondo me, è la voglia di ricominciare tutto: di rivivere un’altra vita, di fare altre scelte, non perché si ritenga di aver fatto un errore a condurre la propria vita come la si è vissuta, ma solo perché: “Viviamo nel miraggio della ripetizione, come il sole che si alza e va a dormire. Ci alziamo e andiamo a dormire, convinti di ripetere gli stessi gesti, ma non è così”.

I personaggi della Reza comunicano questo: vivono la loro vita come se fosse una ripetizione, a volte codarda, a volta soffocante, a volte solo banale, in cui ogni giorno sembra assomigliare a quello precedente, ma in cui vengono chiamati a fare scelte, che per la maggior parte tengono segrete, e che vanno a definire chi sono veramente dietro gli strati che mostrano agli amici, ai figli e ai consorti. Mi è piaciuta in partciolar modo la storia di Robert e Odille e quella del dottor Chemla.

Stefano Lillium