The fireman. L’uomo del fuoco – Joe Hill

*un libro un po’ da ombrellone e un po’ da cestino*

Tomone piuttosto lungo, diviso in due parti evidentemente per sole ragioni monetarie (anche i figli di Stephen King devono mangiare), si legge comunque bene e con piacere, almeno nella prima parte.

Parte che parte bene, a dire la verità, anche più che bene, con una trama se non originale neanche già del tutto vista (almeno all’inizio per alcuni elementi): c’è la pandemia, letale e anche visivamente terribile e affascinante (sugli infetti emergono tracce nero-dorate sinouse come tatuaggi tribali), i medici e i pompieri unici eroi, il crollo della civiltà. Poi si assesta su un distopico survivalista, i superstiti che si dividono in Machissimi (americani) iper armati che si divertono ad ammazzare gli infetti, che si dividono a loro volta in Persone di buon senso che vorrebbero solo starsene tranquilli in attesa che si trovi una cura, e peracottari che prendono la deriva mistico-religiosa (il Fuoco è Dio, Dio ci salva, però prima dobbiamo FARE PENITENZA, tutti tuttissimi).

La protagonista è una giovane infermiera che ama citare Mary Poppins (ahem), e a 26 anni nel 2016 ha opinionissime su Beatles e Rolling Stones (sìsì, come no). Joe Hill si è anche divertito a disseminare citazioncelle tratte da The Stand, che è cosa simpatica. L’opera del padre ovviamente rispetto a questa non è nello stesso campo da gioco, non è lo stesso campionato, e non è nemmeno lo stesso sport, e messo in chiaro questo proseguiamo.

Io l’ho letto tutto nel giro di tre notti, quindi in un certo senso mi sento di consigliarlo, pur nei momenti di noia della seconda parte non era mai così eccessiva da non farmi desiderare di vedere come andava a finire.

Essendo che è estate (e che estate zio porco), la caldazza (e che caldazza zio porcone), la pecolla, la non voglia, non si ha la testa per cose impegnative, e questo rientra nel genere Rilassiamoci senza pretese eccessive, però anche nello Scrivo 700 pagine ma 300 me le potevo proprio ombelicalmente evitare. Io li ho presi in biblioteca, valutiamo anche che 22 euro di edizione ebook è proprio troppo.

PS con spoiler ma necessario IL GATTO MUORE E ANCHE QUESTO HA IL SUO PORCO PESO NEL VOTO NEGATIVO.

Tutti hanno imparato a loro spese che la nuova epidemia si diffonde più velocemente di qualsiasi altra malattia, e che ha già decimato la popolazione di grandi città come Boston, Detroit, Seattle. Per i medici il suo nome è Trichophyton draco incendiarius, per la gente si chiama Scaglia di Drago, perché il suo primo sintomo è un marchio d’oro e nero sulla pelle e l’ultimo è la morte. Per autocombustione. Milioni di persone sono infette; gli incendi scoppiano dappertutto. Non esiste antidoto. Nessuno è al sicuro. Harper Grayson, bravissima infermiera che non si lascia abbattere da niente e nessuno, ha curato migliaia di malati prima che il suo ospedale fosse ridotto in cenere. Lei e il marito Jakob si erano promessi di farla finita, in caso d’infezione, ma ora che anche lei porta i segni terribili del Drago, Harper vuole vivere. Almeno fino al termine della sua gravidanza. Incinta, abbandonata dal marito terrorizzato, perseguitata dalle feroci Squadre di Cremazione a caccia di infetti, Harper sembra destinata a soccombere. Se non fosse per il misterioso straniero vestito da pompiere che arriva in suo soccorso. L’unico uomo che sappia controllare il fuoco. Anche quello malato che cova dentro il suo corpo.

Lorenza Inquisition

di Joe Hill (Autore) Andrea Carlo Cappi (Traduttore)

Sperling & Kupfer, 2016

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La strada – Cormac McCarthy #CormacMcCarthy

“Nessuna lista di cose da fare. Ogni giornata sufficiente a se stessa. Ogni ora. Non c’è un dopo. Il dopo è già qui. Tutte le cose piene di grazia e bellezza che ci portiamo nel cuore hanno un’origine comune nel dolore. Nascono dal cordoglio e dalle ceneri. Ecco, sussurrò al bambino addormentato. Io ho te”.
Un padre e un figlio, senza nome, senza niente che non sia il legame indissolubile che li unisce. Non esiste più nient’altro: non esiste più il mondo, la storia, il tempo, la civiltà, non esistono più le città, le case, le famiglie, non esiste più neanche il cielo – perennemente oscurato, plumbeo “come l’inizio di un freddo glaucoma che offusca il mondo”. Esiste solo la strada lungo cui spingono i loro scarsi averi – qualche coperta, il poco cibo in scatola rimasto – dentro il carrello arrugginito di un supermercato. Si spostano verso sud, verso il mare, dal cuore dell’America al Golfo del Messico, in cerca della speranza di un po’ di calore, di luce. Ma ciò che gli si apre di fronte è un oceano vasto e freddo che ha “la desolazione di un qualche mare alieno che bagna le coste di un pianeta sconosciuto. Più a largo, sulle secche create dalla marea, una nave cisterna arenata”.

In questi giorni di tensione internazionale – che personalmente mi creano davvero non pochi momenti di ansia – ieri sera verso le 23 ho avuto la (pessima) idea di prendere dalla pila dei libri sul comodino “La strada”. L’avevo acquistato, sostanzialmente alla cieca, nel corso di uno dei miei periodici rifornimenti on line, ai quali ricorro per alimentare la succitata pila.

Nel giro di due pagine sono entrato, o per meglio dire precipitato, nei panni del protagonista: ho iniziato a provare le sue paure, a condividere i suoi pensieri, le sue ansie, il suo sconforto, quindi mi sono scoperto a proiettare qusti sentimenti sul mio mondo di questi giorni, sulla mia realtà, sui miei affetti. Una cosa straziante.

Insomma ho capito come sarebbe andata a finire. Ho dovuto arrivare in fondo alle 218 pagine, ben sapendo che non sarei comunque riuscito a chiudere occhio. Alle 4.30, terminata la lettura, mi sono fatto una mezz’oretta di parole crociate per riuscire a rilassarmi un po’…

Mi sentirei un po’ ridicolo a recensire un libro già così tanto noto e apprezzato, quindi non lo faccio. Rilevo solo che nella mia vita di lettore pochi testi mi hanno preso in maniera così viscerale.

“Una volta nei torrenti di montagna c’erano i salmerini. Li potevi vedere fermi nell’acqua ambrata con la punta ambrata delle pinne che ondeggiavano piano nella corrente. Sul dorso avevano dei disegni a vermicelli che erano le mappe del mondo in divenire. Mappe e labirinti. Di una cosa che non si poteva rimettere a posto. Che non si poteva riaggiustare. Nelle forre dove vivevano ogni cosa era più antica dell’uomo, e vibrava di mistero”.

Stefano Martinella

Autore: Cormac McCarthy Traduttore: Martina Testa

Editore: Einaudi Collana: Supercoralli