Parla, mia paura – Simona Vinci #SimonaVinci

“Il cuore mi scoppiava nel petto, mettevo la testa sotto il cuscino e pensavo: non sono niente, non riesco più a essere niente e sto male, ma ogni volta che provo a essere qualcosa, ogni volta che sono qualcosa, che interpreto una parte, scelgo un ruolo, mi concentro nel recitarlo al meglio, anzi, incarnarlo, mi sembra di morire.”

Diario dal precipizio: letteratura self help in un libro di sconcertante onestà.

Centoventi pagine nelle quali l’autrice racconta la sua depressione, gli attacchi di panico e le paure che l’hanno portata a ritrovarsi con un corda in mano pronta da avvolgere intorno al collo.
Un racconto lucido e forte, perfino severo, senza nessuna pretesa di suscitare commozione o comprensione. Inflessibile nel raccontarsi e nell’esporsi senza remore, onesta anche negli aspetti più intimi, come quelli che ancora per alcuni rappresentano un tabù, come le difficoltà nell’accettare un nuovo estraneo nella propria vita anche se quell’estraneo è tuo figlio neonato.

“La mia esperienza è stata questa, è questa.”

L’intento dichiarato dell’autrice è quello di condividere, di dare la possibilità a chi può riconoscersi nelle sue parole di comprendere come le parole appunto, il dire possano essere strumento per creare piccoli varchi, appigli.

“Raccontare la forma di quella gabbia e i tormenti che ci procura, descriverla a qualcuno con le parole migliori e più accurate che riusciamo a trovare, ma anche soltanto quelle che ci vengono o che arrivano per prime, può essere un modo di cominciare a smontarla.”

Una donna coraggiosa che ha conosciuto ogni paura e che parla senza remore di una condizione purtroppo diffusissima.

La paura, le paure, mangiano l’anima ed è meglio occuparsene prima che venga digerita e di noi non resti più nulla. È sulla paura che si edificano muri di ogni tipo. Ci vorrebbe molta più conoscenza dell’argomento e anche molta più capacità di ascolto e reazione da parte del sistema sanitario e scolastico – insomma un’attenzione politica” nei confronti della malattia mentale, che è “ancora considerata qualcosa di vergognoso”

Anna Massimino

RISVOLTO

Poche volte come in questo libro il dolore diventa carne viva e incandescente, racconto sincero di un’esperienza che nasce autobiografica e si fa subito universale. Simona Vinci si immerge nella propria paura e cerca un linguaggio per confessarla. L’ansia, il panico, la depressione spesso restano muti: chi li vive si sente separato dagli altri e incapace di chiedere aiuto. Ma è solo accettando di «rifugiarsi nel mondo» e di condividere la propria esperienza che si sopravvive. La stanza protetta dell’analista e quella del chirurgo estetico, che restituisce dignità a un corpo di cui si ha vergogna, l’inquietudine della maternità, la rabbia della giovinezza, fino allo strappo iniziale da cui forse tutto ha avuto origine.Scavando dentro sé stessa, Simona Vinci ci dona uno specchio in cui rifletterci. Si affida alle parole perché «le parole non mi hanno mai tradita». Perché nella letteratura, quando la letteratura ha una voce cosí nitida e intensa, tutti noi possiamo trovare salvezza.

Dissipatio H.G. – Guido Morselli #guidomorselli #recensione

 
Guido Morselli – Dissipatio H.G.
Gli Adelphi, Fabula
1985, 12ª ediz., pp. 154
isbn: 9788845906336
Temi: Letteratura italiana

“Eppure, l’Inspiegabile si è inaugurato per opera mia. Per lo meno, gli eventi hanno coinciso con un evento strettamente privato e mio; coincidenza, oso pensarlo, non casuale. La notte favolosa fra il I e il II giugno. Quella notte, ero deciso, io mi sarei ammazzato. Perché. Per il prevalere del negativo sul positivo. Nel mio bilancio. Una prevalenza del 70 percento. Motivazione banale, comune? Non ne sono certo.”

Ultimo romanzo di Morselli, di pochi mesi precedente la sua tragica scomparsa, Dissipatio H.G. (dove H.G. sta per Humani Generis) è anche il suo libro più personale e segreto.

La razza umana improvvisamente scompare, e rimane il protagonista, colui che pensava proprio in quel momento di suicidarsi .
Non pensate a milioni di cadaveri per le strade, nelle case, no.
Scompaiono proprio, alcuni lasciando quel rigonfiamento nelle coperte sotto le quali stavano dormendo .
E così, paradossalmente colui che era pronto ad abbandonare la vita è condannato ad essa.
Dapprima prova stupore e gioia.
Vive in un mondo privo di persone dalle quale voleva allontanarsi.
Vive in un mondo in cui il tempo, inteso come strumento di regolazione delle attività umane, scompare.
Vive in un mondo in cui i pensieri sono rivolti solo a lui stesso.
Respira, mangia, dorme.
Ma non riesce a smettere di pensare a persone del passato, rimane a osservare gli animali, la natura, le macchine rimaste, rievoca eventi che furono, osserva con nostalgia cose ormai obsolete come quotidiani, una foto, una macchina da scrivere, in un lungo monologo declinante verso una disperazione dovuta all’incomprensione per ciò che è accaduto. Riflette sul senso della vita e della morte quando non ci sono persone che ci guardano o ci ascoltano, e rievocandoli alla memoria comincia a parlare con loro, in un dialogo infinito, filosofico e profondo. L‘essenza fondamentale del romanzo si trova nei cambiamenti interiori del protagonista, nelle sue profonde riflessioni su tutto ciò che è legato alla dimensione umana e alla sua trasformazione, idee poi confrontate con il pensiero di importanti filosofi e pensatori.

Un lungo panico, in principio. E poi, ma tramontata subito, incredulità, e poi di nuovo paura. Adesso l’adattamento. Rassegnazione? Direi proprio accettazione. Con intervalli di proterva ilarità, e di feroce sollievo.

Il protagonista è vivo e si trova davanti il Nulla.
Arriverà a domandarsi infine, se la solitudine tanto bramata sia un mezzo e non il fine. Ma il mezzo per cosa?
Per vivere meglio?
Forse.
Ma è necessario che ci sia l’Altro per opporsi e dare un nome alle cose: il silenzio ora si accumula, non scorre più, tutto è fermo.

Il silenzio da assenza umana è un silenzio che non scorre. Si accumula.

E lui è un eletto o un reietto?

“L’ignoto mi è addosso, e io sono solo, senza scampo. Non ho aiuto, non ho consiglio. A chi chiederò un esorcismo? Scienza e filosofia forse rimangono. In me, e sia pure al grado millesimale, in barlume. Ma non hanno previsto niente di quello che succede, e non ne sanno niente . Sono io a sapere che, a ogni modo, ciò che succede non è pensabile, va oltre.”

Il tema della libertà dell’uomo è analizzato fin nel dettaglio.
Che alternative ci sono all’inferno degli altri e al bisogno di essi per identificarsi?
Tertium non datur.
L’abisso di solitudine in cui sprofonda il protagonista è tangibile.
L’attesa di un uomo che non arriverà mai, forse, è la risposta di Morselli.
La scrittura è pungente e raffinata, le frasi sono brevi, spesso nominali e ci forniscono una visione icastica, di questo mondo distopico che accompagna il lettore anche quando posa il suo sguardo verso l’attigua realtà.
A mio avviso è un grande romanzo.
La sua genialità e arditezza, la sua passione, mi hanno fatto innamorare di lui.
Consigliato a chi ama arrivare al confine del possibile, dissipato o meno che sia.

Egle Spanò