
Appena finito. Non sono in grado di farne una recensione.
Ci tenevo solamente a consigliarlo, di cuore, a chi non abbia ancora avuto il piacere (e l’onore, io al momento mi sento così, onorata) di leggerlo. Non ho neanche pianto, non sono riuscita neanche a fare quello. Mio marito mi guardava stralunato, ha capito che, per vedermi davvero tornare a casa, doveva aspettare che finissi il libro. Non oso immaginare chi i figli li ha davvero. Io ho solo potuto intuire, ma Grossman è stato incredibile, magistrale nel trasmettere. Tutto. Dalla guerra alla scelta alla tragedia dalla vita familiare allo stato di Israele dal sentimento materno e paterno a quello filiale e fraterno. Dalla disperazione alla speranza in una riga. Ora mi compro l’opera omnia. Dite a mio marito che non torno. Hosseini mi era stato forte in maniera simile per intensità ma completamente diversa per… non so come dire, qualità del dolore.
Ma di una delicatezza… quasi femminile a volte. Non so. Mi è venuta voglia di conoscerlo, andare in Israele, imparare l’ebraico… impagabile il punto in cui Orah si dice fortunata perché nella sua lingua è possibile rendere ogni rumore prodotto dal bosco, esiste una parola per ciascuno, pensa se dovessimo tradurli in inglese o in italiano. E Avram le chiede se crede che la terra parli ebraico…
Sara De Paoli