L’incubo di Hill House, Shirley Jackson

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‘L’incubo di Hill House ‘ Shirley Jackson

‘A Shirley Jackson, che non ha mai avuto bisogno di alzare la voce.’ Dedica Stephen King nella prefazione de ‘L’incendiaria ‘.
Incuriosita dall’autorevole citazione, e ancora desiderosa di fantasmi e lugubri atmosfere dopo la lettura del Giro di vite, malgrado la mia superpila di libri in attesa, mi sono avventata in libreria e ho acquistato il suo romanzo più famoso, L’incubo di Hill House.
Hill House e’ una vecchia casa, tutta piani inclinati, angoli sfalsati, stanze labirintiche una dentro l’altra, in una conca fra incombenti colline, progettata e fatta costruire dal proprietario originario per andarci a vivere con la famigliola felice. Ovviamente invece una serie di funesti avvenimenti, nel tempo, fa’ si’ che la casa rimanga abbandonata, con la fama di essere maledetta e foriera di sventure.
‘.. me ne vado prima che cominci a far buio’ annuncia la governante ‘non ci sarà nessuno intorno se ha bisogno di aiuto. Quelli più vicini stanno in paese. Nessun altro e’ disposto ad avvicinarsi più di così’.
La protagonista e’ Eleanor, una donna fragile, dalla vita sfortunata, invitata da un professore studioso dell’occulto che ha riunito nella casa un gruppetto di persone con pregresse esperienze di manifestazioni paranormali, per documentare i fenomeni che vi accadono allo scopo di scriverne un libro. Eleanor cerca un’avventura che movimenti la sua triste vita, e quindi resiste a tutti gli avvisi di pericolo e alla lugubre dichiarazione iniziale della governante. E poi alla fine non può più scegliere di andarsene perché la casa sceglie lei..
E’ un romanzo di 230 pagine, e nelle prime 100 non succede niente, creando un’attesa anche forse un po’ irritante, però poi ampiamente ripagata dalla successiva quantità di paurosi accadimenti.
Ne hanno fatto anche alcuni film, Haunting-presenze ricordo anche di averlo visto in un passaggio in tv, secondo me è molto meglio il libro.
Bello, ma non leggerei altro di questa autrice che il Re considerava una maestra.
Senza dubbio questo e’ un caso in cui l’allievo ha superato il maestro.

Claudia Venturi

Storia della bambina perduta, Elena Ferrante

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Allora: finito stanotte (anzi: stamattina all’alba!) l’ultimo tomo della saga L’amica geniale della Ferrante, già ampiamente ben recensita; provo a dire qualcosa anch’io. Per tutta la narrazione dell’amicizia di Lila e Elena, il racconto si intreccia con quello delle vicende italiane, entrambe complicate e drammatiche . Come già ho scritto motivando le scelte migliori dell’anno passato, la Ferrante sa descrivere benissimo quel sentimento totalizzante che è la vera amicizia, capace di dare le stesse gioie e tormenti dell’amore, quella sensazione appagante di sentire comune, di riconoscimento, rispecchiamento nell’altro come conferma di se’. Le due ragazze pur così diverse, anche nei più grandi dolori che la vita riserva, hanno a parer mio comunque la fortuna di attraversare la vita insieme, e anche nei periodi in cui sono lontane la presenza dell’altra rimane un punto fermo. Che per me è fondamentale, avere un punto fermo, e non è mica così scontato. Sullo sfondo, la capacità di raccontare, con etica vibrante al di la’ del giudizio, la storia del difficile periodo della politica italiana, per me emozionante perché vissuto, e tutto il fascino tormentato di una delle più belle e antiche città del mondo, Napoli. Molto bello, non so quanto sia il voto massimo, ma io glielo do’.

Claudia Venturi