Moby Dick e altri racconti – Alessandro Sesto #recensione #AlessandroSesto

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“Caro lettore di quarta di copertina,
cos’hanno in comune un impiegato e un poeta maledetto?
Perché non bisogna mai dire Adios, Scheherazade?
Come mai Leopardi rimpiangeva la vita prima di Facebook, pur vivendo prima di Facebook?
Un irriducibile amante dei Classici cercherà le risposte,
cacciandosi in situazioni surreali ed esilaranti.”

Questo, appunto, è ciò che c’è scritto sulla quarta di copertina, tanto per essere chiari, o comunque provare ad anticipare il contenuto che ci aspetta in questo divertentissimo libro.
Se avete letto qualcosa sull’Olocausto, di recente, oppure vi siete intristiti e ingobbiti con Kafka, Leopardi e Dostoevskij, allora questo libro fa al caso vostro: rappresenterà allo stesso tempo uno stacco dalla pesantezza e una visione diversa dei classici che avete appena letto o da come li avete conosciuti e interpretati fino ad oggi.

Questo libro non è solo divertente o leggero, questo libro è intelligente: ironizza sui grandi scrittori, a volte in modo dissacrante, ma fa capire chiaramente quanto l’autore sia innamorato della lettura e dei grandi classici, sapendo benissimo dove andare a “colpire”, grazie alla perfetta padronanza della “materia”.
Una colta ironia e una colta risata, che attraverseranno i secoli, paragonando le vite e i pensieri dei grandi autori del passato a quelli di Aldo Marino, sedicente contemporaneo amico dell’autore, con tanto di piani cartesiani geniali a rappresentare pensieri ed atteggiamenti umani.

Capiremo il legame tra i vili meccanici di Manzoni e quelli odierni, tra i villani passeggeri di Leopardi e i villani urlanti sotto casa di Sesto, così come capiremo che regalare un cavallo di legno ai tempi di Ulisse non sia esattamente come farlo oggi, avvertiremo lo stoico stalker insito in Seneca, paragonandolo a gente importuna nella vita odierna. E capiremo cosa vuol dire schiaffeggiare qualcuno con un pesce se non ti chiami Verlaine.

La passione di Alessandro Sesto traspare in modo evidente, ed è questa a fornire la patente di credibilità al suo scritto.
Per qualche momento tralasceremo lo sguardo grave e impegnato col quale leggiamo Dostoevskij, Saramago, Manzoni, Hemingway, e indosseremo un sorriso che ci accompagnerà dalla prima esilarante pagina fino all’ultima. Ma mai avvertiremo leggerezza impalpabile, quello che avvertiremo sarà sempre intelligenza e cultura appassionate.

Mi sono divertito tantissimo, e ho capito, dopo due pagine, che bisognava leggere questo libro in completa solitudine, in luogo inaccessibile, per evitare di sbottare a ridere di colpo spaventando gli astanti.

“Nel millenovecentosettanta non si poteva scrivere su una copertina Addio, figlio di puttana. Allora Donald Westlake intitolò il suo libro Adios, Scheherazade. Il romanzo è il diario/lettera di licenziamento di uno scrittore di libri pornografici che si conclude con un astioso addio al suo editore. E nel libro glielo dice chiaramente, intendo gli dice: addio, figlio di puttana, ma nel titolo, appunto, usa una perifrasi. Io penso che addio, figlio di puttana, per qualche inspiegabile motivo, sia una delle frasi più magiche al mondo, e ho sempre sognato di poterlo dire a mia volta, ma non l’ho mai fatto. Capita raramente di poter dire addio nella vita, e quando capita magari non si ha voglia di scherzare. Una volta però, in America, ho detto: — Adios, Scheherazade —, nell’accomiatarmi da un barista.
Quello è uscito dal banco bar e mi ha dato la più formidabile e sanguinosa dose di legnate della mia vita, una roba che se ci filmavano avremmo spopolato su youtube. Poi ha detto che conoscere una persona venuta da lontano e incrociata per caso, e scoprire che avete amato gli stessi libri, ti fa sentire che non sei un povero stronzo solitario sparato nell’universo indifferente.
Quindi il mio giudizio personale sulla lettura è: può avere risvolti positivi, come inattesi momenti di comunione con estranei, o negativi, tipo botte molto forti in tutte le parti del corpo.
Insomma, dipende.”

Musica: Cyrano, Francesco Guccini
https://youtu.be/T_wnAnIM3cw

Carlo Mars

Teresa Raquin – Emile Zola #EmileZola

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Rileggere libri a distanza di molti anni mi fa bene.
Primo, perché dopo tanto o anche poco tempo non ricordo un gran che di quello che ho letto. Secondo perché quasi sempre quello che mi piacque allora mi piace anche adesso.
Ho rispolverato un amore giovanile, Teresa Raquin di Zola.
Linguaggio duro, crudo, non gira attorno a niente per raccontare le bassezze umane.
A Zola interessa analizzare i personaggi, esseri abietti che sprofondano nei peggiori abissi, perseguitato da fantasmi che loro stessi hanno creato.
Atmosfere pesantissime nella Parigi più umida e squallida, dove spesso Zola ha ambientato i suoi romanzi. Qui in particolare ci va giù pesante col macabro.
A distanza di circa 30 anni mi è piaciuto ancora.

Raffaella G.

DESCRIZIONE

Si tratta di uno dei più importanti romanzi dell’autore dove si nota implicitamente il realismo francese, trattando della storia di un delitto passionale. Nel romanzo, lo scrittore non risparmia niente e nessuno, descrivendo la realtà, per quanto cruda, nel modo più minuzioso possibile. Il lettore si sente così coinvolto nella lettura del romanzo da percepire i sotterfugi dell’unione dei due protagonisti, immedesimandosi con le loro vicissitudini. Nel romanzo vengono spesso enfatizzate le colpe persecutorie che porteranno i due protagonisti principali, alla fine, fino al suicidio. Tale situazione risulta l’unica soluzione possibile per riscattarsi dalle proprie colpe che, con il passare del tempo, corrodono gli animi dei protagonista. Il sommo realismo dell’autore, la schiettezza nel descrivere le situazioni e l’ipocrisia imperante, fanno del libro uno dei massimi capolavori di quel tempo, la cui lettura risulta essere consigliabile ad un pubblico più adulto.