Jude L’Oscuro – Thomas Hardy #recensione #thomashardy

“Ricordi, dicevamo che avremmo fatto della gioia una virtù”.

Ora capisco perché, ai tempi, questo romanzo venne chiamato “Jude l’Osceno”: era come una mano artigliata che si è fatta largo tra la falsità delle convenzioni sociali dei tempi, spezzata dal mattone della censura solo dopo che aveva compiuto una parte del massacro di quelle convenzioni, sbattendo in faccia alla gente del tempo tutto quello che fingevano di non voler vedere.

Il protagonista della storia è Jude Fawley, un giovane uomo appartenente alla classe più umile della società, il cui sogno nella vita è di divenire letterato. Altri due personaggi cruciali del racconto sono la volgare prima moglie di Jude, Arabella, e Sue, la cugina e convivente che Jude non riuscirà mai a sposare.
Tutti i personaggi sono così vividi che mi è capitato più volte di pensare: “No, porca puttana, NON FARLO!”, “Ma come può dire una cosa del genere?”, “Ma è scemo?”, “Ma guarda te ‘sta stronza!”
Non c’è un lieto fine e non c’è nessun barlume di speranza. L’inizio ti apparecchia la tavola per i bocconi amari che verranno dopo e che non verranno risparmiati. Fino a quello finale, il più amaro di tutti.
Le convenzioni e le restrizioni morali dell’epoca vittoriana, il vero “villain” del romanzo, vincono anche se pirricamente. Pagine amarissime scorrono veloci mentre si punta il dito contro precetti di fede che in servile ossequio alla tradizione impediscono la libera espressione degli impulsi naturali, soffocando tutto ciò che di autentico esiste nell’essere umano.
Alla fine, ti troverai il cuore nebuloso come gli strati di nuvole grigie che avvolgono Christminster.

Alex Grigio

Notre-Dame de Paris – Victor Hugo

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Come sempre, quando leggo un classico, trovo difficoltà a dire qualcosa di originale. D’altra parte ripetere cose già dette e scritte da altri, facilmente reperibili sul web, non credo abbia molto senso.

Vi lascio quindi solo le mie impressioni: il libro mi è piaciuto molto. Fondamentalmente è una lunghissima descrizione della Parigi di fine XV secolo, sia dal punto di vista architettonico sia dal punto di vista umano.
In questa ottica, sia la storia non molto originale, perlomeno per noi che lo leggiamo oggi, sia le lunghissime descrizioni, che potrebbero risultare digressioni eccessivamente lunghe, acquistano significato.
Inoltre, molti personaggi secondari sembrano esser più funzionali alla descrizione di una certa fascia di popolazione che alla trama. La madre di Esmeralda, per esempio, rappresenta una donna “perduta” nella prima parte del romanzo e diventa una donna penitente e murata – pratica piuttosto diffusa nel Medioevo – nella seconda parte.

Riassumendo: se cercate un romanzo dove la trama la fa da padrone, ne sarete delusi; se invece volete fare un viaggio virtuale nella Parigi medioevale e non vi spaventano lunghe descrizioni di piccoli dettagli, è il libro che fa per voi!

Cecilia Didone

Il matrimonio di Quasimodo

« Trovarono tra tutte quelle orribili carcasse due scheletri, uno dei quali abbracciava singolarmente l’altro. Uno di quegli scheletri, che era quello di una donna, era ancora coperto di qualche lembo di una veste di una stoffa che era stata bianca, ed era visibile attorno al suo collo una collana di adrézarach con un sacchettino di seta, ornato da perline verdi, che era aperto e vuoto. Quegli oggetti erano di così poco valore che di certo il boia non li aveva voluti. L’altro, abbracciava stretto questo, era lo scheletro di un uomo. Notarono che aveva la colonna vertebrale deviata, la testa incassata tra le scapole e una gamba più corta dell’altra. D’altronde non aveva alcuna vertebra cervicale rotta ed era evidente che non fosse stato impiccato. L’uomo al quale era appartenuto era quindi giunto lì, e lì era morto. Quando fecero per staccarlo dallo scheletro che abbracciava, cadde in polvere. »