Jan-Philipp Sendker, L’arte di ascoltare i battiti del cuore

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Dopo aver letto qualche opinione positiva proprio in questa pagina fb, devo dire che le aspettative non sono state tradite: certo tratta di una storia d’amore, ma non è un libro diabetico, tratta del destino, ma non è banale e come scritto in quarta di copertina “(in questa opera)…aleggia lo spirito della Birmania, della sua bellezza, dello stile di vita e della filosofia dei suoi abitanti”. Il padre di Julia sparisce senza lasciare traccia: dopo anni la madre trova in soffitta una sua lettera d’amore indirizzata ad un certa Mi Mi risalente agli anni ’40. Del passato del padre si sa ben poco e così Julia, un po’ per conoscere la storia del padre e un po’ per ritrovarlo prende e parte per Kalaw, n Birmania. Bel libro, si si.

Ivana Vignato
A Kalaw, una tranquilla città annidata tra le montagne birmane, vi è una piccola casa da tè dall’aspetto modesto, che un ricco viaggiatore occidentale non esiterebbe a giudicare miserabile. Il caldo poi è soffocante, così come gli sguardi degli avventori che scrutano ogni volto a loro poco familiare con fare indagatorio. Julia Win, giovane newyorchese appena sbarcata a Kalaw, se ne tornerebbe volentieri in America, se un compito ineludibile non la trattenesse lì, in quella piccola sala da tè birmana. Suo padre è scomparso. La polizia ha fatto le sue indagini e tratto le sue conclusioni. Tin Win, arrivato negli Stati Uniti dalla Birmania con un visto concesso per motivi di studio nel 1942, diventato cittadino americano nel 1959 e poi avvocato newyorchese di grido… un uomo sicuramente dalla doppia vita se le sue tracce si perdono nella capitale del vizio, a Bangkok. L’atroce sospetto che una simile ricostruzione della vita di suo padre potesse in qualche modo corrispondere al vero si è fatto strada nella mente e nel cuore di Julia fino al giorno in cui sua madre, riordinando la soffitta, non ha trovato una lettera di suo padre. La lettera era indirizzata a una certa Mi Mi residente a Kalaw, in Birmania, e cominciava con queste struggenti parole: “Mia amata Mi Mi, sono passati cinquemilaottocentosessantaquattro giorni da quando ho sentito battere il tuo cuore per l’ultima volta”.

Pascal Khoo Thwe, Il ragazzo che parlava col vento

“Ricorda cosa diceva tuo nonno, che la terra è rotonda a scuola e piatta a casa. Era un uomo saggio e ti ha insegnato quello che dovevi sapere in Birmania. È lo stesso in politica. Impara gli argomenti del socialismo sui libri, ripetili a memoria, passa i tuoi esami. Non discutere mai. Ma tieni ben in mente e nel cuore quello che tutti sanno: che nel mondo reale esso è un sistema di incompetenza e corruzione e un progetto per la rovina del Paese. Potranno esser ignoranti come i contadini, ma hanno i fucili. Non discutere con loro, mai”

Autobiografia di un dissidente birmano. La prima parte ci offre uno spaccato della vita tradizionale di una tribù Padaung descrivendo dettagliatamente le tradizioni, il rapporto con gli spiriti, quello con la terra e la giungla. Con la crescita e la possibilità di poter studiare al di fuori delle colline, Pascal si trova suo malgrado all’interno dei movimenti di rivolta contro il regime militare che affossa il paese.
Il libro è scritto in modo molto oggettivo, è vero che le atrocità descritte non hanno bisogno di grandi commenti, ma sembra essere redatto da un cronista che ha semplicemente esposto i fatti.
A me è piaciuto

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Per la seconda volta in un mese ho trovato un libro con un titolo tradotto in italiano che non ci azzecca nulla, se lo avessero intitolato ‘Pippo’ sarebbe stato uguale. Il libro è scritto in inglese: ‘From the Land of Green Ghosts: A Burmese Odyssey’. La terra dei fantasmi verdi è il modo dell’etnia Padaung di chiamare la Birmania centrale, luogo dove inizia veramente l’odissea del protagonista.

Esibaletta Sciarada Terruzzi