Ogni tanto mi capita di dover rileggere qualche racconto di King, non a caso parlo di DEVO: devo proprio sapere come stanno quei personaggi, ma quant’era bella quella storia, devo rileggerla. Alcuni racconti del Re per me sono capolavori: ci sono volte in cui si autoconfina e miracolosamente tutti i parametri, durata, dialoghi, personaggi, emozioni si fondono perfettamente. Questo raramente succede nei suoi libri, anche se ovviamente a volte è successo, essendo King. Ma con le sue storie brevi accade più sovente.
E’ da un po’ che mi rimbalzano in testa due suoi pezzi presenti in una raccolta molto molto buona, Full dark no stars (Notte buia niente stelle) che ha tre storie eccezionali su quattro totali. Uno non lo rileggerò mai, MAI, gesùmmmaria, è quello dei topi, 1922. Maronna mia sto ancora tutta sconvolta dopo due anni che l’ho letto. E i topi e la moglie ammazzata e lo sgozzamento e la mucca nel pozzo e il figlio e minchia. Non me lo scorderò mica mai. Ma minchia se è bello. Minchia però i topi. Poi ce n’è uno così così, Fair extension, e due davvero buoni, questi di cui vi parlo: A good marriage e Big driver. Entrambi sono diventati film, che non sono sicura di voler vedere, raramente le trasposizioni cinematografiche di King meritano (cito Stand by me di Reiner, Kubrick ovviamente anche se il Re non è d’accordo, e Tarabont con il Miglio verde e Le ali della libertà), uno poi se non ho capito male è in realtà un film per Tv, per l’amor diddio.
Big driver e A good marriage ruotano intorno a due protagoniste femminili, due donne normali, schive, tranquille, che una mattina si svegliano e si ritrovano il mostro accoccolato sul petto.
A good marriage è la storia di Darcy, una timida donna di mezza età sposata da 27 anni con Bob Anderson. Il giorno in cui la sua vita cambia, il giorno della scoperta, inizia in modo del tutto ordinario. Il marito è un contabile ed è in viaggio d’affari. Lei riflette su quello che è stato il loro matrimonio, che è stato un buon matrimonio: un fuocherello iniziale e poi tanto tanto affetto, sintonia intellettuale, amicizia, complicità. I buoni matrimoni, pensa Darcy, sono un insieme di concause: sono le mille piccole cose che si sono fatte insieme, che si sono imparate dell’altro, che si è imparato a sopportare, dell’altro. Sono le preoccupazioni e le risate, i figli e i genitori anziani, le bollette e le vacanze. Sono, soprattutto, i compromessi, e la voglia di farlo funzionare, da entrambe le parti.
E poi, una bella sera, Darcy apre il vaso di Pandora, la porticina segreta del castello di Barbablù: per un caso fortuito scopre che il marito è un famoso serial killer, ricercato per le barbare e crudeli uccisioni di diverse donne e di un bambino. E questo è brutto, ma non è brutto abbastanza: il marito, che ovviamente non è rimasto un serial killer impunito per svariati anni senza avere istinti affinatissimi, intuisce immediatamente che lei sa ora la verità, e la affronta subito, prima che lei possa raccogliere i pensieri. Le prende le mani, la abbraccia, le assicura che tutto è colpa di un mostro che lui ha dentro, che il vero Bob è il marito che ha avuto al fianco per tutti questi anni. Fa leva sulla preoccupazione per il futuro dei loro figli, che sarà distrutto dall’inchiesta, e promette con le lacrime agli occhi che se Darcy potrà tacere, lui smetterà di uccidere.
Mentre lui parla, mentre lui la coccola e la conforta come ha sempre fatto in questi 27 anni trascorsi insieme, e si infervora a spiegare e a perorare la propria causa, Darcy tace. Nella sua mente febbricitante si fa largo una memoria lontanissima, di quando era bambina e per la prima volta ha visto la propria immagine nello specchio. Lì, appena quattrenne, è la madre a trovarla mentre spia dentro lo specchio, assorta, trattenendo il fiato per non appannare il vetro. Quello che lei vede al di là dello specchio, pensa Darcy bambina, non è la stessa cosa che c’è di qua. Sembra, ma non è lo stesso mondo: e se guardi bene bene, senza distrarti, vedrai che comincerai a trovare le piccole differenze, gli angoli più bui, le ombre. Quella degli specchi fu una fantasia infantile di breve durata, soppiantata dopo poco da nuove bambole e altri giochi. Ma ora dopo tutti questi anni, seduta sul letto con un marito che le si sdoppia davanti agli occhi, ora serial killer, ora marito devoto, ora uomo pentito, ora papabile assassino su una sedia elettrica, Darcy pensa che ha finalmente trovato la strada per il mondo nello specchio, con il Marito Oscuro seduto nell’ombra. E mentre cerca di concentrarsi, di pensare a cosa fare, di trovare la soluzione più giusta, capisce che l’unica cosa che può fare al momento è fingere con Bob che tutto vada bene, che quello che lui dice abbia un senso e che lei si trovi d’accordo. Poi raccoglierà i pensieri, capirà cosa fare, avviserà forse le autorità.
Ma poi, realizza Darcy con orrore, non sarò mai capace di mentirgli: capirà subito che non sono sincera, come ha capito subito che avevo scoperto la verità. Mi conosce troppo bene, da 27 anni.
Ed ecco che arriva la risposta dalla Moglie Oscura, la Darcy che vive nel mondo dello specchio: Certo, che puoi mentirgli. E ci riuscirai. Non l’ha forse fatto lui, con te, per tutti questi anni?
Qui finisce la prima parte del racconto. Quello che segue, al di qua e al di là dello specchio, è ciò che accade quando si tratta di dover scegliere non tra la strada facile e quella difficile della vita, ma di intraprendere l’unica via rimasta, giusta o sbagliata che sia, e andare avanti fino alla fine. King dice che la gente è buona o cattiva a seconda di quanto le circostanze la lascino essere; e quello che Darcy scoprirà di essere lo scoprirete se vi andrà di leggere la sua storia, che merita assai.
Big Driver è la storia di Tess, una riservata scrittrice di gialli con trame à la Jessica Fletcher, che vive una tranquilla vita con il suo gatto, i suoi libri e le occasionali presentazioni in libreria. Non sappiamo molto della Tess pre-buco nero: solo che ha una particolare idiosincrasia a viaggiare, per cui affronta solo presentazioni a breve distanza da casa; che ha un diploma in sociologia preso prima di scoprire di avere un dono per le trame elaborate in salsa Miss Marple; e che è molto parsimoniosa, ma ha almeno una spesa stravagante all’attivo, un paio di orecchini di diamante.
Poi arriva il giorno del buco nero: di ritorno da una lettura in biblioteca, Tess viene brutalmente assalita e stuprata da un camionista, picchiata e lasciata per morta in un canale di scolo. Ma non è morta, e riesce ad arrivare a casa. E’ terrorizzata, ha momenti di black-out e molti lividi e lacerazioni, ma è viva. Dovrebbe quindi ora chiamare la polizia, fare denuncia, attivare la macchina investigativa, perchè nel canale di scolo ha avuto modo di osservare con orrore che ci sono altri corpi, altre vittime meno fortunate di lei, e ha quindi una precisa responsabilità anche verso queste povere donne, perchè il loro assassino venga preso.
E proprio mentre sta per comporre il numero, una voce fredda e molto razionale nella sua testa, una voce mai sentita prima, le pone una semplice domanda: E’ tutto molto giusto, ma a te cosa viene in tasca?
E’ tutto proprio molto molto legittimo quello che pensi di fare, Tess. Ma a te, cara, a te, cosa spetta, esattamente?
E Tess riaggancia il telefono. Abbraccia il gatto, si medica le ferite, tira fuori la pistola che aveva in casa per autodifesa, e va a letto. Pensa. Pensa che se è brava abbastanza da scrivere complicatissime trame per gialli, può anche cavarsela nel somministrare la giusta punizione all’uomo che l’ha stuprata e quasi uccisa. Sa che la voce che le parla non è sana, che il diavolo vive di menzogne e false promesse, che una volta intrapresa una certa strada non si può tornare indietro. Ma sa anche che quella voce è solo un’altra parte di lei, e decide di darle ascolto.
Il mattino dopo si alza, e la vendetta ha inizio.
Questa è una delle mie storie favorite perchè mi piace questa apparente insensata trasformazione da donna tranquilla in dea della vendetta, ma la realtà è che tutti, io penso, abbiamo quella voce dentro. In genere decidiamo di non ascoltarla, di essere buoni cittadini e brave persone. Ma il diavolo vuole quello che gli pare, e a volte riesce a farsi ascoltare. E quelle volte, King è lì con la torcia per illuminare quell’angolino buio che pensavamo di non far vedere mai a nessuno.
Bellissimi racconti, 4.5 su 5. Non è la mia prima rilettura e non sarà l’ultima. Dato che ho saltato due racconti di questo libro, prima di metterlo in lista me ne rileggo due di altre raccolte. Lunga vita al Re.

