Lady Susan – Jane Austen

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“Lady Susan”. Breve romanzo epistolare, opera giovanile di Jane Austen.
Lady Susan, vedova da pochi mesi, è in cerca di un nuovo marito ed esercita la sua eleganza e il suo fascino senza farsi scrupoli, anche quando il bersaglio prescelto è già sposato o molto più giovane di lei, tanto da portarla a rivaleggiare con la figlia. È completamente diversa dalle giovani, virtuose, romantiche ma indipendenti eroine austeniane. È bravissima a mostrarsi oppressa dalle situazioni e dalle maldicenze, somiglia molto alla Becky Sharp di “Vanity Fair” e, come lei, resta vittima dei suoi stessi giochi.
La forma epistolare snocciola gli eventi sotto diversi punti di vista ma alla fine Jane la abbandona per passare ad una frettolosa narrazione della conclusione in terza persona.
La brevità del romanzo non lascia spazio alla creazione di personaggi memorabili ma Jane ha già modo di sperimentare la sua sagace ironia. Fa pensare ai poveri nervi di Mrs Bennet, la gotta di Mr Johnson, che sembra andare e venire solo per scombinare i piani della moglie, complice, amica e corrispondente di Lady Susan. È un personaggio appena citato eppure Jane riesce, in poche righe, a tratteggiarlo alla perfezione! “I am persuaded the gout is brought on or kept off at pleasure; when I had a fancy for Bath, nothing could induce him to have a gouty symptom.(… ) And he bears pain with such patience that I have not the common excuse for losing my temper”.

arianna pacini

The Shining, Stephen King

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Improvvise visioni di sangue, apparizioni di morti, oggetti che si animano al nostro voltare di sguardo, vespe assassine, mazze sguiscianti roteate minacciosamente… tutto il repertorio del genere per terrorizzare il lettore. Non mancano citazioni di classici di genere, come la stanza proibita di Barbablù, la morte nera di Poe, le visioni oniriche di Alice. Ma prima ancora, quello che più di ogni cosa crea l’invadente senso di terrore è l’essere dentro la testa dei protagonisti, dentro le loro angosce e paure: quelle del piccolo Danny di percepire, grazie al suo “dono” l’idea del divorzio nei pensieri dei genitori, o la voglia di alcool in quelli del padre; la paura di Wendy che il marito ceda a quella voglia e che essa sfoci in violenza verso il figlio. Ma la mente più disturbata è quella di Jack, che lotta contro il timore di perdere il controllo e di leggere nei propri eccessi i sintomi della schizofrenia, della pazzia. Impossibile non avere sempre in mente il ghigno sardonico di Jack Nicholson della versione cinematografica; eppure io ho provato grande empatia per Jack: volevo che resistesse, che avesse successo come padre, come scrittore. Volevo che scrivesse il suo libro sull’Overlook Hotel. Speravo che potesse salvarsi, ma Jack è completamente preda della forza che anima l’Overlook e deve soccombere con essa. E quando ormai avevo dato per scontato che il piccolo Danny fosse in salvo, grazie all’intervento di Dick, ecco che la forza si riaccende, tentando di impossessarsi anche di lui e tenendomi di nuovo col fiato sospeso!
Questo libro mi ha terrorizzato fino alla fine, ma ciò non ha fatto altro che aggiungere un fascino in più ad una lettura che è stata impellente, elettrizzante, suggestionante.

Arianna Pacini