“Il nemico è l’amore. […] Sì. I poeti fraintendono l’amore continuamente e qualche volta in buona fede. L’amore è il più antico degli assassini. L’amore non è cieco. L’amore è un cannibale con una vista estremamente acuta. L’amore è un insetto che ha sempre fame.”
Cominciamo col precisare che il titolo originale uno e trino è Christine, senza macchine nè inferni; è solo Christine, un nome di donna, il tredicesimo romanzo scritto da King. Poi proseguiamo col dire che è un gran romanzo, certo minore rispetto ai suoi lavori più riusciti, ma comunque di pregio. Ha degli elementi fusi dai precedenti lavori più grezzi, qui raffinati e meglio scritti: c’è un perdente liceale come in Carrie, c’è un elemento dannato, come in The shining o in Salem’s lot, c’è una componente soprannaturale che cambia un ragazzo comune e il suo destino, come in La zona morta. E’ un’opera compiuta e finita bene, King scriveva ormai con costanza da dieci anni almeno, e il risultato è un romanzo profondo sugli anni dell’adolescenza, una storia triste e dolce di amicizia, amore e crescita, con alcuni momenti davvero toccanti, anche se con qualche difetto, per cui non viene mai inserito nel classico canone degli imperdibili di king. Eppure.
Questo è stato il primo libro che ho letto di Stephen King, nell’ormai preistorico 1984, ed è stato sempre un gran bel viaggio, a ogni rilettura. Per anni è stato sul podio dei miei preferiti del Re, col tempo scalzato in retroguardia man mano che King sfornava i veri capolavori, e quindi per un bel po’ è finito a far polvere sullo scaffale in alto. Penso che sia ideale da leggere negli anni di scuola, perchè è in fondo una storia di ragazzi, poco più che adolescenti, e ci si connette immediatamente con l’argomento: non il male che percorre il mondo su una Plymouth Fury, ovviamente, ma quel periodo di ombra e luce che attraversa gli ultimi anni di scuola prima della maturità.
Christine è uno dei pochi libri di King in cui i protagonisti non sono nè bambini, nè adulti: sono ragazzi del liceo, appena usciti dall’adolescenza, con i primi problemi e le prime vere paure. E’ l’ultimo anno di scuola, si avvicina il momento di andare all’Università, che in America coincide con l’andare via da casa e affrontare il mondo da soli, lontani dalla famiglia; ci sono le prime storie serie con l’altro sesso, e c’è il sesso. C’è la rabbia di essere comunque trattati ancora come bambini dai propri genitori, e le prime responsabilità con qualche lavoretto estivo, e l’eterna noia dell’acquitrino della scuola, dove tutto è uguale anno dopo anno.
Se si è più o meno dell’età dei protagonisti, quindi, si entra subito in quell’atmosfera di pettegolezzi e insicurezza, arroganza e sfiga che ogni liceale porta con sè in quelle grige mattine di scuola prima che la campanella suoni; ed essendo King, anche se si è adulti, riesce a farti tornare in quel posto, in quel momento, in cui la lealtà verso gli amici, essere odiato da qualche bullo o bulla, essere innamorato per la prima volta, odiare la scuola e detestare e poi amare i propri genitori è tutto.
Per quanto riguarda l’horrorometro, fa un poco paura, specie se lo si legge di notte da soli, con qualche macchina fuori che passa nella notte, e con certe scene disturbante di morti cruente. Sarebbe facile liquidare questo romanzo come la storia di una macchina demoniaca, ma il vero orrore, come sempre in King, è l’elemento umano latente: in particolare qui è la rabbia di un uomo meschino e malvagio, la solitudine che diventa cattiveria, la desolazione di una famiglia che si sfascia, la tristezza di quando ci si accorge che quelli che sono stati i tuoi migliori amici da giovani, a volte per nessun motivo preciso, si allontanano, e non tornano più.
Christine appartiene a quel filone apparentemente inesauribile di cose di King da cui hanno tratto (o trarranno, o stanno traendo proprio ora) un film, o qualcosa di televisivo. Il libro è quasi sempre meglio, qualche film è stato onestamente sceneggiato, ma in genere purtroppo ne han tratto vere schifezze; per Christine, siamo nella via di mezzo, sulla sufficienza piena. E’ in fondo un film di Carpenter, che ha avuto una sua idea da rappresentare, rimanendo in superficie: scarta tutto il resto per raccontare la storia di una macchina infernale. Ma quello che è il substrato emotivo nel romanzo, le passioni, le storie dei protagonisti, insomma il lato umano, in cui Stephen King vola da maestro, nella sceneggiatura proprio mancano, ed è per questo che consiglio il libro, ma non il film.
L’ho riletto un paio di giorni fa, ed è stato come tornare per un momento in quegli anni di scuola con Arnie e Dennis; ci sono i cambi di stagione, la fine dell’estate con la malinconia e la paura dell’ultimo anno di scuola che inizia; c’è l’euforia per il futuro che appare proprio dietro l’angolo e la noia dei genitori che continuano a importi regole che trovi assurde perchè di lì a qualche mesi compirai diciotto anni e ti senti ADULTO; c’è il gusto dolceamaro dell’infanzia perduta dopo una serie di esperienze non sempre positive che non possono essere cancellate. Ci sono i discorsi con gli amici, gli unici che ti capiscono, e il momento in cui si cresce e ci accorge quasi senza parere che la persona che è stata al tuo fianco dalle elementari alle superiori se ne sta andando, e per quanto non ti piaccia, capisci che è quello che gli adulti intendono quando dicono: E’ la vita.
“Se fare il ragazzo significa imparare a vivere, allora fare l’adulto significa imparare a morire”
E’ un libro lungo, senz’altro con qualche capitolo di troppo, e non tutti i personaggi sono riusciti, cosa un po’ strana per lo scrittore che è King. Ma è un romanzo potente, lirico, nostalgico, con una narrazione che ti porta inesorabilmente nella storia, una serie di metafore importanti sulla vita e la morte, scene intense di terrore e orrore, e due personaggi, Arnie e Christine, indimenticabili. D’altronde Christine è meglio non dimenticarla, è ancora là fuori che corre nella notte.
Lorenza Inquisition
“Si ha qualche notizia, ma non di più. E’ lo stesso con la droga, con l’alcool, con il sesso e spesso con altre cose, tipo un lavoro estivo che da origine a un nuovo interesse, un viaggio, un corso a scuola. I motori. Ti danno le chiavi e qualche istruzione e ti dicono: metti in moto, vedi un po’ che cosa fa. A volte quello che fa è portarti a zonzo per una vita allegra e gratificante, mentre altre volte ti lancia giù per l’autostrada verso l’inferno e ti lascia tutto maciullato ai bordi della carreggiata”