Stand 4 what – Razza, musica e politica nell’era di Trump – U-net (Giovanni Pipitone) #Stand4what #Unet

Editore: Agenzia X
Anno edizione:2018

Il viso di Colin Kaepernick, lo stesso della campagna Nike che ha suscitato polemiche e forti prese di posizione in America, appare – stilizzato ma riconoscibilissimo nell’iconica posizione di protesta inginocchiata – sulla copertina di Stand 4 What, con il sottotitolo Razza, rap e attivismo nell’America di Trump. U-net è lo pseudonimo con il quale firma Giovanni Pipitone, studioso di cultura hip-hop e afroamericana, storia black e movimenti americani e già autore, per la stessa casa editrice AgenziaX, di Renegades of funk (Il Bronx e le radici dell’hip hop), Bigger than hip hop, e Louder than a bomb (La golden age dell’hip hop).

Stand 4 What non è un libro sul rap/hip hop; è piuttosto un saggio di attualità o “politico” come dice l’autore, tra l’altro aggiornatissimo.
Parte da un dato di fatto, vale a dire che negli ultimi anni e soprattutto negli USA abbiamo assistito ad un rinascimento della cultura Black in tutti i settori artistici: nel cinema (Moonlight, Il diritto di contare, Black Panther per citarne alcuni), nella letteratura (Paul Beatty, Colson Whitehead, Ta-Nehisi Coates…) nella musica (basta citare il rapper Kendrick Lamar vincitore di un premio Pulitzer ma non solo). Alla base di questa copiosa produzione culturale, di questa “urgenza” espressiva non c’è purtroppo solo un “effetto Obama” in positivo, c’è anche piuttosto un inasprirsi delle condizioni di vita degli Afroamericani, nonostante Obama e per non parlare di Trump.

Attraverso un collage di brevi saggi, interviste, articoli e testimonianze (molti dei quali di prima mano) l’autore ci racconta cosa sia successo negli Usa a partire dal secondo mandato Obama, e ci spiega perché Obama per la popolazione Afroamericana sia stato in fondo solo un’illusione; tenta di spiegare come si è arrivati all’elezione di Trump, come costui sostiene le violenze da parte della polizia e dei suprematisti bianchi. Parla delle periferie, dei ghetti, delle conseguenze delle politiche volte alla gentryfication dei quartieri delle città.
Ampio spazio viene dato al movimento Black Lives Matter e di come questo coinvolge attivamente molti artisti che ne diventano testimonial citandolo nelle loro produzioni (es. Spike Lee), di come si sta muovendo in difesa non solo delle questioni razziali ma anche dei diritti Lgbt e delle sue potenzialità anche sul piano politico.

“Una critica radicale delle esperienze passate sta portando alla luce nuovi modi di comprendere e vivere la propria individualità. Gli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta sono l’ispirazione per riprogettare radicalmente il movimento, la base da cui immaginare nuovi percorsi sociali, artistici e politici”.

E poi certo, parla di artisti del panorama hip-hop e dei loro contributi aiutandoci ad interpretare canzoni, video musicali, (non sempre alla portata di chi non mastica il linguaggio – anche visivo – della cultura hip-hop). Molti di loro si espongono in maniera molto decisa, siano essi artisti minori o stelle mainstream come Jay-Z e Beyoncé e attraverso un percorso, che diventa quasi una guida all’ascolto commentata, tra vari artisti ci mostra una presa di coscienza collettiva, ci fa vedere come questa comunità artistica sta reagendo, come sta cercando di sensibilizzare la propria gente, come sta cercando di organizzarsi di fronte alle elezioni mid-term, guardando già alla scadenza del mandato Trump.

Pur non essendo assolutamente una conoscitrice del mondo hip-hop, per quanto appassionata fan di Lamar, ho apprezzato moltissimo questo testo perché ha messo insieme tutto ciò che io, da lettrice infatuata della letteratura Afroamericana vecchia e nuova e musicalmente curiosa, avevo finora solo intuito inseguendo suggestioni letterarie, musicali e quant’altro. E’ un libro che consiglio perchè stimola la riflessione e la ricerca personale.

“Stiamo ancora fissando negli occhi l’odio, lo stesso odio che dicono renderà di nuovo grande l’America”. Common, Letter To The Free

Silvia Chierici

Il gusto proibito dello zenzero – Jamie Ford #recensione #jamieford

 

Seattle, anni 40. La seconda guerra mondiale infuria in Europa e il Giappone ha appena attaccato Pearl Harbor. Henry è un ragazzino di origini cinesi che frequenta una scuola americana molto rinomata, grazie ad una borsa di studio. La sua compagna di classe Keiko invece è una ragazzina giapponese. Entrambi sono nati negli Stati Uniti, ma un feroce razzismo li condanna all’emarginazione e li rende facili vittime dei bulli della scuola. A differenza di Keiko però, Henry è emarginato anche all’interno della sua stessa famiglia: il padre è nazionalista al limite della follia ed odia i giapponesi con tutte le sue forze.Il suo paese di origine, così come quello in cui ora vive, è in guerra contro il Giappone: per questo costringe il figlio ad uscire di casa con un distintivo cucito sulla giacca che dichiara a grandi lettere ” IO SONO CINESE”. Henry si vergogna della sua famiglia, non comprende l’odio di suo padre. Ma ancora meno comprende quello degli Stati Uniti verso le famiglie di origine giapponese. Dopo l’attacco di Pearl Harbor fu promulgata una legge che impose l’esilio dei nippoamericani presso campi di lavoro forzati, espropriandoli delle loro case e dei loro beni. Ufficialmente per proteggerli da ripercussioni razziste, ufficiosamente fu lo scotto che dovettero pagare in quanto appartenenti all’etnia nemica.E’ troppo difficile capire per due ragazzini che considerano l’America il loro Paese.Per loro contano solo le cose che li rendono uguali e che li uniscono. La passione per il Jazz, ad esempio. Le strade di Seattle pullulano di locali notturni dove i musicisti di colore si esibiscono in tutta la loro esuberanza. In quei locali non appartieni a nulla se non a te stesso, si può smettere per un paio d’ore di essere afroamericani, giapponesi, cinesi. Ci sono solo persone che si divertono, ascoltano musica, ballano, e bevono di nascosto lo zenzero giamaicano. E poi c’è un disco di Oscar Holden, un vecchio 78 giri su cui è inciso un brano che racchiude tutta la felicità di quei momenti, l’ amicizia, e la tenerezza di un sentimento che stava nascendo.”Non pensare a quello che non hai più, ma pensa a quello che hai ora e cerca di andare avanti.” Questo è il motto di Henry. Ma poi, un giorno di quarant’anni dopo, Henry insieme a suo figlio ritrova quel disco…

E’ un libro commovente anche se a tratti un po’ lento, ma ha una trama davvero coinvolgente. E poi molte descrizioni storiche accurate, le strade di Seattle, l’hotel Panama, i locali del jazz, tutto vivo e appassionante. Libro consigliato!

Paola Castelli