Penso conosciate tutti la storia, ma rinfreschiamola al volo…
Giappone, anni ’30. Chiyo ha nove anni e gli occhi grigioazzurri, è poverissima e i suoi genitori non possono provvedere a lei. La madre sul letto di morte, il padre pescatore troppo vecchio e stanco. Così, dalla sua casina ubriaca a picco sul mar del Giappone, sporca, libera e salmastra, la bimbetta viene venduta senza troppi scrupoli ad una okiya, casa di geishe di Kioto.
I primi anni sono un disastro punteggiato di vessazioni, tentativi falliti di fuga, sogni infranti e soprusi perpetrati dalla geisha di casa che vede nella piccola Chiyo e nei suoi occhi inconsueti una possibile futura rivale.
Poi accade qualcosa. Non starò a dirvi cosa, ma dato il titolo del libro possiamo serenamente evincere si tratti di una svolta che porterà la protagonista ad affinare finalmente le antiche arti dell’intrattenimento femminile più celebre al mondo. La seguiremo anno dopo anno, dall’apprendistato alla sfavillante carriera, passando attraverso la seconda guerra mondiale e approdando perfino negli States.
M’è piaciuto. Oh sì, m’è piaciuto assai. Per come è scritto, per il tono, la delicatezza con cui si legge, come acqua cristallina che scorre (è un’immagine questa molto frequente nel libro, rimanda al destino, alla vita ma anche alla stessa Chiyo, che dei quattro elementi ha in sé una forte preponderanza di acqua, appunto). Insomma, va giù che è un piacere per tutte le sue seicento pagine. E la storia è avvincente, ben congenata e infiocchettata, tutta intrisa com’è di vera vita vissuta da geisha (e chi non vorrebbe sbirciare per un attimo solo dietro le finestre di carta di una casa del tè per capire da vicino cosa siano davvero queste affascinanti e misteriose creature), ma al contempo anche di vera vita vissuta da una giovane donna, che a fianco della professione coltiva sogni, segreti, passioni e dolori. Splendido e interessante veder svelati sotto i propri occhi abitudini, superstizioni, usi e costumi di un mondo tanto lontano e ammaliante, tutto fatto di dettagli e rituali. Dai mille diversi tipi di kimono, calzature, acconciature, trucchi, consuetudini, un po’ per volta si svela sotto gli occhi del lettore un ampio squarcio di vita nipponica e, contestualmente, molta parte del ruolo e del vero mestiere svolto dalle geishe al suo interno.
L’ho già scritto qui da qualche parte… nel leggerlo mi pareva a tratti di vedere uno splendido film, a tratti un evocativo cartone di Miyazaki. Una cosa commovente e visivamente spettacolare. D’altra parte non è che ignorassi la mia curiosità e passione per questo mondo qui, mi sono perfino cacciata un “opzionale” di estetica orientale, all’università. Così, tanto per gradire.
Tuttavia, alla fine, una nota lievemente amarognola m’è rimasta sulla lingua: secondo me, e magari mi sbaglio della grossa, si sente che la storia non è scritta davvero da una geisha, nel senso che si percepisce, sempre a parer mio, la cultura, la mentalità, la voce maschile e occidentale di chi ha concepito e tessuto trama e ordito della vicenda, a livello macroscopico, e dell’intimità spirituale mentale e psicologica della protagonista, a livello più intimo.
Questo non toglie assolutamente nulla alla bellezza del libro e alla storia che racconta. Ma è stato un po’ come vedere la tragedia del Titanic ricostruita alla perfezione e “sporcata” con la finzione da botteghino della storia d’amore tra Jack e Rose, che già all’epoca pensavo Machisseneciava!, e ne ero distratta e lievemente infastidita.
Piccola nota: ci sono rimasta male anche per la diatriba sorta dopo la pubblicazione tra l’autore e la geisha che ha supportato Golden nella stesura del libro. Il caro ometto l’ha infatti citata espressamente nei ringraziamenti, contravvenendo esplicitamente ad un accordo di riservatezza che al riguardo pare fosse molto chiaro, ma che ritengo dovesse essere scontato ed evidente a prescindere dalle scartoffie legali, data la natura profondamente intima, confidenziale e delicata della materia condivisa dalla donna… e vabbuò, belli sempre, gli uomini…
Dopo che il romanzo fu pubblicato, Arthur Golden fu denunciato dalla geisha Mineko Iwasaki, con la quale lavorava, per diffamazione e violazione di contratto.
Secondo la querelante, l’accordo prevedeva che Golden avrebbe dovuto mantenere l’anonimato totale su Mineko Iwasaki; invece, il suo nome ed il suo contributo sono chiaramente citati nei ringraziamenti a fondo libro. Tale condizione contrattuale era dovuta all’esistenza di un tacito accordo nella comunità delle geishe sulla riservatezza e la sua violazione è considerata un’offesa seria. Oltretutto, Iwasaki afferma che il romanzo di Golden ritraeva le geishe come prostitute d’élite. Ad esempio, nel romanzo, la verginità di Sayuri viene venduta al miglior offerente, un concetto che ha particolarmente offeso Iwasaki. Lei affermò che non solo questo non le era mai successo, ma che non esisteva assolutamente una tale pratica a Gion. Basando il suo personaggio, Sayuri, su Iwasaki e affermando che lei stessa era una prostituta, Iwasaki afferma che Golden ha violato il suo accordo e causato grande disonore ed onta a lei ed al mondo delle geishe. Dopo che il suo nome venne stampato sul libro, Iwasaki ha ricevuto numerose minacce di morte e richieste di censura per aver disonorato la sua professione.
Nel 2003, la Iwasaki e la casa editrice di Golden sono giunti ad un accordo extragiudiziale per una somma di denaro il cui ammontare non è stato reso pubblico.
