L’ultima famiglia felice – Simone Giorgi

giorgi

Premettendo che me l’ha consigliato Daniela Quartu, che ho molto in stima poiché è la stessa che mi ha consigliato Storia Naturale di una famiglia di Ester Armanino, un capolavoro che ha fra le altre cose lo stesso argomento, ovvero la famiglia contemporanea, e lo stesso sottotesto, ovvero la sua dissoluzione, devo dire che sono rimasto deluso da Simone Giorgi, al punto da domandarmi: ma il Premio Calvino che ha dato a L’ultima famiglia felice una “menzione speciale”, che tipo di menzione aveva in mente esattamente?
È come se Simone inseguisse l’ambizione (ahimè più l’illusione) di essere Philip Roth in Pastorale Americana, e la frustrazione di essere invece più simile a Federico Moccia in Tre metri sopra il cielo (e purtroppo non muovo questa critica con superficialità perché confesso che disgraziatamente in gioventù lessi Moccia, mea culpa). Insomma 220 su 240 pagine sono raccontate con lo stesso tono coatto, l’immaturità esasperante del punto di vista narrante, che a volte è il padre Matteo, inetto di sveviana memoria, a volte la figlia Eleonora, a volte il figlio tredicenne e disfattista Stefano, pallida eco di Meredith Levov di Roth, e poche volte dal punto di vista della madre Anna, ma che in fondo si assomigliano tutti perché l’autore non crea una firma particolare per ogni personaggio, facendo così cadere l’illusione di un punto di vista multiplo in favore di un unico tono che pervade tutta la narrazione, come se effettivamente fosse raccontata solo attraverso il debole punto di vista del figlio adolescente. E va bene che l’adolescenza è il momento in cui si attua la ribellione e si instaura il rovesciamento della dialettica hegeliana servo padrone in nome di una rivendicazione identitaria, ma qui proprio non si capisce ribellione a chi o a cosa, è più la voglia di distruggere il mondo solo per vederlo bruciare, non è neanche decostruttivismo significante, non c’è proprio niente dietro i capricci del figlio tredicenne Stefano al punto che ti ritrovi a pensare: “e che rottura, ma due sberle no, eh?!”

Ha solo un pregio questo ridicolo protagonista, ovvero quello di avere il potere di rovinare una famiglia che forse e sottolineo forse poteva salvarsi. Forse meritano le battute delle ultime 20 pagine con la cena di famiglia anche se è vero che senza le precedenti e snervanti 220 pagine forse non si sarebbe capita.
A me non è piaciuto ma sarebbe meglio che leggeste anche la recensione di Daniela Quartu (qui) per farvi invece un’idea plurale di questo romanzo. Per me il giudizio finale è “Mocciano” nel senso più dispregiativo del termine che mi sono appena inventato.

Stefano Lilliu

1913 L’anno prima della tempesta – Florian Illies

FLORIAN

QUESTA NON E’ UNA RECENSIONE
Con l’autore ho un conto aperto da dieci anni. Mancavano pochi minuti alle 20 del 28 giugno 2005 e il treno della U2 arrancava verso la fermata di Kaiserdamm, dopo che i due soci avevano perso troppo tempo per un hamburger al ristorante australiano del Sony Center. Fare tutta quella fatica per andare al concerto… per poi arrivare in ritardo!? Per alleviare la tensione guardai davanti a me sul vagone, dove una ragazza carina stava leggendo il libro Generation Golf. A quel tempo il riferimento a quell’auto aveva un significato che ora non ha più alcun rilievo; ma allora, aveva il suo perché. Tenni a mente il nome dell’autore: Florian Illies. Purtroppo la povertà del mio lessico tedesco mi ha impedito di prendere in considerazione la lettura del libro, ovviamente mai tradotto in italiano.
Quasi otto anni dopo, di ritorno da Wembley per lo stesso motivo di quel viaggio a Berlino, passai lunghissime ore all’aeroporto di Monaco. Resistetti ad una fetta di Prinzregententorte per leggermi un numero della rivista Cicero, con allegata una copia di Monopol, il cui direttore era Florian Illies.
Finché, finalmente!, ho trovato questo libro. Florian Illies è uno storico dell’arte e 1913 è la cronistoria, mese per mese, degli eventi occorsi in quell’anno nella vita di illustri personalità soprattutto letterarie ed artistiche (ma anche politiche e musicali), per lo più di lingua tedesca. Non è un libro entusiasmante, ma interessante sì – a seconda degli interessi, ovviamente!

Il 1913 è l’anno chiave del ventesimo secolo, dove nulla sembra impossibile, l’anno in cui ha inizio il nostro presente. Tanto la letteratura quanto l’arte e la musica sono ancora estranee alla perdita dell’innocenza che l’umanità avrebbe sperimentato di lì a poco, con lo scoppio della prima guerra mondiale. In questo affresco, Florian Illies rende vivo un anno che racchiude in sé un momento di massima fioritura e il preludio dell’abisso. Così l’incontro con Felice Bauer libera la potenza creativa del trentenne Franz Kafka; Stravinskij e Schönberg danno scandalo con le loro composizioni; a Milano fa la sua comparsa il primo negozio di Prada; Marcel Duchamp avvitando la forcella rovesciata di una ruota di bicicletta su uno sgabello da cucina compie la grande rivoluzione concettuale del Novecento; Sigmund Freud e Rainer Maria Rilke passeggiano per le vie di Monaco; un arguto quindicenne di nome Bertolt Brecht scrive su una rivista studentesca ad Ausburg ed Ernst Ludwig Kirchner dipinge la sua personale visione di Potsdamer Platz a Berlino. E a Monaco, in Baviera, un uomo venuto dall’Austria colora cartoline illustrate cercando di vendere le sue ingenue vedute della città. Si chiama Adolf Hitler.


“[…] Con queste parole inizia L’Uomo senza qualità di Robert Musil, il terzo grande classico della letteratura moderna dopo la Recherche di Proust e l’Ulisse di James Joyce, in cui pare concentrarsi la forza dirompente dell’anno 1913.”
Nota finale. Generation Golf, che ha venduto molto bene, descrive la generazione di tedeschi nata negli anni ’70 e che negli anni ’90 ha potuto acquistare la prima auto, la VW Golf per l’appunto. Cioè la generazione che ha influenzato e continuerà ad influenzare le scelte di quel Paese di oltre 80 milioni di abitanti e che, piaccia o no, da un secolo e mezzo condiziona la nostra vita. Tradurre Generation Golf aiuterebbe (o, forse, avrebbe aiutato) a capire meglio i tedeschi di oggi, ben al di là degli stucchevoli luoghi comuni che si leggono continuamente. Ma, purtroppo, quanto a traduzione dei libri stranieri, l’Italia rimane sempre penultima fra i grandi Paesi (solo il Regno Unito fa peggio).

DESCRIZIONE

It was the year Henry Ford first put a conveyer belt in his car factory, and the year Louis Armstrong first picked up a trumpet. It was the year Charlie Chaplin signed his first movie contract, and Coco Chanel and Prada opened their first dress shops. It was the year Proust began his opus, Stravinsky wrote The Rite of Spring, and the first Armory Show in New York introduced the world to Picasso and the world of abstract art. It was the year the recreational drug now known as ecstasy was invented.

It was 1913, the year before the world plunged into the catastrophic darkness of World War I.

In a witty yet moving narrative that progresses month by month through the year, and is interspersed with numerous photos and documentary artifacts (such as Kafka’s love letters), Florian Illies ignores the conventions of the stodgy tome so common in “one year” histories. Forefronting cultural matters as much as politics, he delivers a charming and riveting tale of a world full of hope and unlimited possibility, peopled with amazing characters and radical politics, bristling with new art and new technology . . . even as ominous storm clouds began to gather.