Storia del mio bambino perfetto – Marina Viola

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Sono insegnante di sostegno da 4 anni e, sembra strano, ma ogni volta che si avvicina il momento delle assegnazioni non penso tanto al “caso” ( eh sì, è così che si dice in gergo) che mi verrà affidato, quanto ai genitori del bambino/a di cui mi occuperò. E perchè, direte voi? Perchè cerco sempre di calarmi nella loro vita fatta di frustrazioni e lotte continue per concedere una vita dignitosa a quel figlio che è stato meno fortunato degli altri. Ma sopratutto per avvicinarmi il più possibile a loro, comprendere la situazione al fine di guadagnare la loro fiducia e sperare in una proficua collaborazione per il bene del loro bambino.

Nutro profonda stima e ammirazione per questa donna che non solo ha fatto e continua a fare una fatica bestiale per tirare su un figlio “diverso”, ma che dimostra di averlo accettato per quelle che sono le sue potenzialità e i suoi difetti, come tutti gli altri ragazzi cosiddetti “normali”. E non solo. È riuscita a comunicarlo, con un’autenticità che spezza il cuore e lo fortifica allo stesso tempo.
Mi ha emozionato leggere il suo racconto genuino e onesto, senza fronzoli e invenzioni. Fa male leggere dell’indifferenza della gente, della stessa famiglia ma questo è purtroppo quel che succede nella realtà e non possiamo che essere grati per una tale testimonianza.
Che Marina e Luca siano un esempio per tutti, non solo coloro che si avvicinano al mondo dei disabili perchè direttamente interessati, per scelta o per caso.
L’accettazione è la prima barriera da superare e a volte non basta una vita per oltrepassare il peso dei sensi di colpa, dei pregiudizi, dell’invidia e perchè no, dell’odio prima di affrontare serenamente il difficile e tortuoso cammino insieme.

Ringrazio infinitamente chi per primo ha recensito il libro che considero profondamente arricchente. E l’ho consigliato a mia volta alla mamma del “mio” bambino autistico, nella speranza che possa identificarsi in Marina e trovare la forza necessaria alla crescita del suo ‘bambino perfetto’ e della sua famiglia.

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altre recensioni nostre:

carlo: https://cinquantalibri.com/2015/03/31/marina-viola-storia-del-mio-bambino-perfetto/

e maria silvia: https://cinquantalibri.com/2015/04/09/storia-del-mio-bambino-perfetto-marina-viola/

Storia del mio bambino perfetto, Marina Viola

Per una recensione completa di Storia del mio bambino perfetto rimando a quanto ha scritto Carlo Mars qui https://cinquantalibri.com/2015/03/31/marina-viola-storia-del-mio-bambino-perfetto/

marina viola

Io avrei solo un paio di cose da aggiungere.
Credo che questo libro possa essere un valido strumento di sensibilizzazione alla diversità, ma poi mi ritrovo a chiedermi quanti tra quelli che non sono già sensibili a questo tema si lasceranno ammaliare dalla storia annunciata nel titolo. Sono cinica, lo so. Spero che i dati di vendita mi diano torto, anche perché Marina Viola ha uno stile che cattura il lettore e non lo molla fino all’ultima riga, ma ho i miei dubbi.
Ho pianto, e ho riso, e ho sorriso tanto mentre percorrevo il racconto della nascita e rinascita e ri-rinascita di Luca, perché la consapevolezza che suo figlio è perfetto ha permesso a Marina di scrivere dell’odissea famigliare con penna leggera anche quando racconta i momenti più tragici del viaggio nella diversità, un viaggio che si affronta con le pietre nel cuore quando la diversità è quella di un figlio.
Il guaio è che non siamo educati alla diversità; non siamo preparati a confrontarci con la diversità, figuriamoci ad accoglierla.
La contrapposizione tra l’atteggiamento di razionalizzazione del padre, Dan, per il quale Luca è semplicemente Luca, fin da subito, e la disperazione che invece travolge la madre, Marina, che inizialmente non riesce a sostituire i sogni di un futuro “normale” con l’incubo di un futuro da diverso per suo figlio a me è sembrata abbastanza paradigmatica. Ho trovato un brano, nel libro, in cui Marina chiede scusa a Luca per non essere riuscita a farlo perfetto, e mi sono resa conto che lo cercavo, come sempre si cerca in quel che ci somiglia qualcosa che inequivocabilmente ci rifletta, come in uno specchio. Ci ho letto quel rovello che non t’abbandona mai – si chiama senso di colpa – sul quando sia successo, nell’antro caldo del ventre, che le cellule hanno deciso di seguire un percorso alternativo a quello che sfocia nella “normalità”: quale sbadiglio, quale starnuto, quale sobbalzo sia stato il responsabile di un cromosoma di troppo, o difettoso, ed è un peso che può gravare solo su chi è passato nella fase matrioska. Ma ci ho anche trovato la capacità di perdonarsi, di guardare oltre e di adoperarsi per trasformare in quotidianità le stranezze di chi interpreta il mondo con parametri insondabili – the pursuit of happiness – perché essere diversi non deve essere per forza una condanna.
Ecco, forse è tutto qui: in questo libro che è un rosario di ostacoli ho trovato sorrisi e carezze e, stranamente, serenità. Serenità sudata, ma ugualmente presente, senza dubbio. E mi ha fatto bene.

E ancora grazie a Carlo per avercelo consigliato.

Maria Silvia Riccio