Patricia Nell Warren – La corsa di Billy #PatriciaNellWarren

«La più famosa storia d’amore gay mai narrata».
«The New York Times»

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Libro n•4 _ un libro di argomento sportivo

Difficile da etichettare. Senza dubbio ha un argomento sportivo: narra la preparazione atletica di Billy Sive, personaggio di fantasia inventato dalla Warren, podista nei 10000 e 5000 metri, nei ventun mesi precedenti al suo debutto alle olimpiadi di Montreal nel 1976. È una storia ricca dal punto di vista dell’atletica: programmi di allenamento, diete sportive, un po’ “Voglio correre” di Arcelli romanzato.
Ma la fantasia della Warren voleva produrre un romanzo sui diritti civili dei gay negli anni ’70 ed è infatti così che viene etichettato in USA, come un libro cult gay. È un po troppo politicizzato, a volte vorresti solo dire alla Warren di andare avanti e raccontarci più trama e meno chiacchiere politiche, però credo che fosse nelle intenzioni dell’autrice “fare politica”, far fermare il lettore davanti a riflessioni sulle conquiste dei diritti civili, anche se il lettore è avido di trama come me.
È poi una storia d’amore…va beh, amore alla Harmony…ma è la penna della Warren: è un po strano vedere una scrittrice donna eterosessuale che descrive la relazione omosessuale nata fra Billy Sive, ventunenne, e il suo allenatore Harlan Brown, quarantenne. È un po’ come vedere un ristoratore napoletano fare piatti di cucina cinese a Pechino: ti lascia un po interdetto, magari con un sorrisetto qualche volta, ma per il resto più dubbioso su dove voglia andare a parare.
Se si fosse fermata alla storia dell’atletica leggera forse sarebbe stato un bel romanzo, ma così come l’ha scritto, direi che è un romanzetto di livello medio che tenta di stare a galla nell’arduo confronto della novellistica impegnata politicamente dell’America post moderna. Niente di che insomma. Ci sono storie di contorno che non mi hanno convinto, però ho trovato particolarmente riuscita tutta la parte legata al mondo professionale dello sport, la ricostruzione storica del periodo e, soprattutto, il clima di ostilità verso il giovane Billy e Harlan.

Stefano L.

DESCRIZIONE

Pubblicato per la prima volta nel 1974, La corsa di Billy è stato il primo romanzo gay a diventare subito un culto, ottenendo un successo internazionale tra il grande pubblico.

A metà degli anni Settanta, l’allenatore Harlan Brown trova rifugio dal suo passato e da se stesso in un piccolo college di New York, dopo essere stato cacciato dalla prestigiosa Penn State University per sospetta omosessualità. Harlan, ex marine di trentanove anni, ha perso tutto – famiglia, lavoro, amici – e ora cerca di mascherare il proprio conflitto sessuale con un’esistenza più spartana e conformista possibile. Si è fatto una promessa e ha intenzione di mantenerla: non innamorarsi mai più di un uomo. La sua vita, però, è sconvolta quando tre giovani atleti si presentano nel suo ufficio: l’esuberante Vince Matti, il timido Jacques LaFont e il ventiduenne Billy Sive, un potenziale grande talento per i diecimila metri. Sono appena stati scaricati da un’importante squadra a livello nazionale per aver ammesso la propria omosessualità. L’uomo è profondamente diviso: se accetterà di allenarli, questo alimenterà le voci sul suo essere gay, ma i tre hanno stoffa e questa potrebbe essere la sua ultima occasione di puntare in alto. Alla fine, poste condizioni ferree, accetta di prenderli sotto la sua ala. Harlan è subito affascinato dal talento di Billy e capisce che il ragazzo ha le qualità per partecipare alle Olimpiadi di Montreal del ’76. Ma la sua ammirazione si trasforma presto in un sentimento che non provava da anni e, scoprendo che il suo amore per il ragazzo è ricambiato, deve fare la scelta più difficile della sua vita: combattere i propri sentimenti o uscire allo scoperto e sfidare l’ultraconservatore establishment sportivo. Rischiando di far sfumare per sempre il sogno olimpico dei tre. Ne La corsa di Billy amore, passione e lotta politica si fondono in un crescendo di tensione, fino all’esplosivo finale, giocato sullo spettacolare palcoscenico olimpico.

Il capro espiatorio – il rituale vittimario: Il caso Marco Pantani – Maria Rita Ferrara

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Continua il mio personale approfondimento ciclistico con un libro denuncia: una raccolta, o meglio un opuscolo – come definito dalla stessa autrice – che prende origine da un blog, con l’intento di fare chiarezza sull’intricata vicenda Pantani attraverso testimonianze, racconti, articoli e dossier di varia natura.
Libro tosto, di non facile lettura, per diverse motivazioni.
Essendo un insieme di interventi, non consta di un racconto regolare tanto meno lineare, con continui rimandi temporali che a volte scadono nella ripetitività e necessiterebbero di una maggiore organizzazione e scorrevolezza.
In secondo luogo, risulta duro per le implicazioni psicologiche del caso: è terribile immedesimarsi nell’uomo che ha vissuto tali vessazioni e soprusi, che lo hanno condotto al triste epilogo noto ai più.
Apprezzabili però, i continui interrogativi che pone durante l’esposizione degli assurdi eventi in cui si è ritrovato coinvolto il corridore e le riflessioni che ne scaturiscono.
Non ha pretese da grande scrittrice la Ferrara, ma indubbiamente ha il merito di aver raccolto con passione un’infinità di materiali di non facile interpretazione. Lascia l’amaro in bocca, non solo per l’ignobile modo in cui è stata condotta e architettata l’intera vicenda – perché c’è più di qualche aspetto nascosto ancora da svelare e smascherare! – ma sopratutto perché la verità è ancora di là da scoprire. E chissà se mai verrà rivelata …

Il capro espiatorio – il rituale vittimario: Il caso Marco Pantani
Maria Rita Ferrara
127 pp., prezzo di copertina €8,00 il cui ricavato è destinato al mantenimento e rafforzamento delle squadre giovanili Pantani Corse Forlì, Amici di Marco Pantani Cesenatico, Pantani Corse Croazia

 
Owlina F.
DESCRIZIONE
Maria Rita Ferrara analizza l’assurda vicenda di Marco Pantani da quel maledetto 5 giugno 1999 a Madonna di Campiglio. Attraverso testimonianze, testi, dichiarazioni di tribunale, la redattrice ricostruisce la persecuzione kafkiana inflitta al pirata che, osannato fino a quel momento, per una serie di combinazioni e situazioni venutesi a creare in quel periodo, è stato investito del ruolo di capro espiatorio, simbolo del “dopato”, pur non essendo mai stato trovato positivo ad alcun controllo (e vincitore del Tour de France del 1998, il più pulito della storia).