Letteratura horror e paranormale: Vampiri

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Da una discussione di qualche giorno fa è uscita la figura del Vampiro, da sempre letteratura affascinante per uomini donne grandi e piccini. Si sono fatti alcuni titoli di libri, e per completezza provo a parlarne qua.

Salem's-Lot

Il vampiro, o revenant (colui che ritorna, nello specifico dalla morte) è una figura di mostro che risale all’antichità e appare in diverse mitologie: Mesopotamica, Ebraica, Greca, Romana, ma anche del Sud-Est asiatico. Il folklore più radicato è però rimasto nei Balcani, dove storie di demoni succhiasangue (o succhia vita) si tramandarono per generazioni causando in alcuni periodi storici anche documentati isterismi di massa. Le origini del culto sono diverse, tutte però probabilmente originate da credenze religiose di vita oltre la morte, unite a sfortunati casi di sepoltura prematura, di morti apparenti, di ritardata decomposizione del cadavere, di malattie non spiegate che colpivano gli stessi membri di una famiglia o di un singolo clan, tutti episodi che negli anni del Medio Evo e poi a seguire venivano indicati come un chiaro segno di presenza demoniaca.

La figura di vampiro come lo intendiamo noi, gentiluomo che si aggira in tight azzannando fanciulle della nobiltà bene, ci arriva tramite il medico di Lord Byron, John Polidori, che sviluppò un’idea di Byron stesso. Durante un viaggio sul Continente nel 1816, Lord Byron affittò una casa sul lago di Ginevra, dove furono suoi ospiti per l’estate il poeta Percy Bysshe Shelley e la sua compagna Mary Godwin (Shelley era un uomo sposato e intratteneva una scandalosa relazione con la Godwin, fortemente ostracizzata in Inghilterra) (la Godwin, ma anche la relazione). Era un’estate piovosa, e il gruppetto si annoiava, così una sera Byron propose che ognuno scrivesse un racconto di fantasmi (ai tempi l’orrore era associato per lo più a storie di spettri e demoniache presenze) da leggere poi agli amici. Da quella serata poco nota uscirono cose favolose.

Il Percy Bysshe scrisse non una ma cinque storie di fantasmi.

Mary Godwin (che poi sposò l’amante dopo il suicidio della di lui moglie, divenendo per il mondo Mary Shelley) dopo giorni spesi a meditare, per l’occasione della sfida scrisse le basi di Frankenstein, o il Moderno Prometeo, romanzo sul quale lavorò poi per due anni e che pubblicò nel 1818.

Lord Byron cominciò un breve racconto che gli venne subito a noia e che lasciò quindi incompiuto, in cui narrava le vicende di due amici che si imbarcano nel Gran Tour. Il più anziano dei due si ammala di un morbo misterioso e rapidamente deperisce fino a morire in Grecia. La storia di Byron finisce qui, anche se parlandone con gli altri raccontò poi il finale non scritto: l’amico ritorna in Inghilterra dopo mesi, e trova il morto, o non-morto, nella sua casa, a corteggiare la sorella.

Polidori, come abbiamo detto, visto che Byron si era bellamente dimenticato dell’idea originale del racconto, la fece sua, e scrisse The Vampyre, giudicato dalla critica come La prima storia a fondere efficacemente tutti i disparati aspetti del fenomeno flokloristico del vampirismo in un coerente genere letterario.

La trama è quella già vista mille volte, ma è LA PRIMA, e per essere la prima non è neanche malaccio.

Lord Ruthven, un misterioso, affascinante nobiluomo fa la sua entrata nella società bene di Londra, diventando amico di Aubrey, un giovane aristocratico. I due viaggiano insieme sul Continente, e in Grecia Aubrey ha un breve affair con la figlia di un oste, che tra un bacio e l’altro gli narra la leggenda del vampiro. Lord Ruthven che si era momentaneamente allontanato, ritorna proprio in tempo per la misteriosa morte della fanciulla, che la gente del villaggio attribuisce senza fallo a un vampiro. I due proseguono nel loro viaggio, vengono attaccati da banditi e Lord Ruthven letalmente ferito. Sul letto di morte fa giurare ad Aubrey sul suo onore di gentiluomo di non diffondere la notizia della propria dipartita. Qualche tempo dopo, Aubrey è a Londra e con orrore e raccapriccio osserva il ritorno del Lord, alive and kicking come non mai, che si mette pure a corteggiare sua sorella. L’onore per un gentiluomo è tutto, si sa, e Aubrey tace, ma la preoccupazione gli fa venire l’esaurimento nervoso. Muore mentre il vampiro sposa sua sorella, che dopo la notte di nozze verrà trovata dissanguata, con Lord Ruthven scomparso bello bello.

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Insomma, un romanzo gotico direi classico, che ebbe anche una serie di strascichi sui quali non mi dilungherò troppo: la figura di Lord Ruthven è il vampiro classico per eccellenza, quello da cui tutto discese: bello, ricco, affascinante, causa di irresistibili passioni nelle donne, e Polidori la creò spalmandola su Lord Byron stesso, dandy ammiratissimo nella società bene londinese. Byron non glielo perdonò mai, così come Polidori non prese bene il proprio licenziamento dopo il soggiorno in Svizzera. Una casa editrice entrata in possesso del romanzo lo pubblicò come “nuova opera di Lord Byron” e seguirono anni di lotte legali, più che altro da parte di Byron che non voleva assolutamente essere legato a letteratura “bassa”.

Ma la figura del vampiro era ufficialmente nata, e non se andò mai più. Il vampiro piaceva, soprattuto agli editori, perchè vendeva: storie raccapriccianti e sanguinose fioccavano nei giornaletti per il popolino, finchè arrivò Stoker.

Bram Stoker spese anni in ricerche sul folklore balcanico, con particolare riguardo alla figura del vampiro. Viveva in un’epoca in cui molti scrittori (Kipling, Stevenson, Conan Doyle, H. G. Wells) pubblicavano romanzi dove creature fantastiche tentavano di invadere o di far crollare l’Impero Britannico, e anche questo influenzò il suo pensare. Un amico studioso gli parlò della figura storica di Vlad l’Impalatore, sul quale prontamente prese a documentarsi. Era l’assistente personale di un famosissimo attore, Sir Henry Irving, noto sul palco per il suo manierismo artistico, per la sua ricercatezza, eleganza, per il fine artificio di posa, e su queste caratteristiche Bram Stoker dipinse il Conte. Lesse quanto più potè sulla figura del vampiro, e finalmente diede alla luce The Dead Un-Dead, o come lo conosciamo noi, Dracula, nel 1897.

Il romanzo non fu un best seller. I critici apprezzavano la scrittura, e il pubblico vittoriano la storia: era un buon romanzo d’avventura dove il vampirismo viene dipinto come una malattia demoniaca che può diffondersi in contagio, e nell’epoca vittoriana dove si moriva per sifilide e tubercolosi le storie di morte con velati accenni di sesso e sangue erano certamente apprezzate.

Ma il mito moderno del vampiro si consolidò quando uscirono i primi film, in particolare il capolavoro di Murnau, Nosferatu, nel 1922.

Rimandendo però sui libri, è degno di menzione nel secolo scorso il racconto lungo Carmilla, di Sheridan LeFanu, del 1871, prototipo di una successiva legione di donne vampiro, e primo caso assoluto di protagonista lesbica vampiro, che sicuramente influenzò Stocker quando scrisse delle Mogli di Dracula.

Negli anni, infinite sono state le analisi della figura del Dracula di Stocker, da cui poi tutto derivò: fu il primo romanzo a larga diffusione, e fuse progressivamente tutta la letteratura passata sul vampirismo. C’è chi lo vede come un latente omosessuale, chi lo interpreta come una figura che incarna l’antico parassitismo dei nobili che per anni succhiarono il sangue ai contandini, chi lo vede come un semplice desiderio di poter credere che la morte non sia la fine di tutto.

Ma quello che rimane, è che al pubblico piace, perchè è immortale, perchè fa paura, perchè è in genere bello o per lo meno affascinante, perchè è potente, perchè ritorna.

E noi leggiamo, e non ci stanchiamo.

Di seguito, un breve elenco di libri più o meno famosi.

Richard Matheson Io sono leggenda, 1954.

Bellissimo. BELLISSIMO. Un virus ha trasformato l’umanità in vampiri, l’unico superstite è uno scienziato che tenta di scoprire un virus che reversi il processo, uscendo di giorno e barricandosi di notte in casa per sfuggire alle orde di non morti. Non andrà come pensa. Se non l’avete mai letto correte in libreria. Ha avuto vari adattamenti cinematografici, l’unico sensato è l’allucinato Occhi bianchi sul pianeta terra (The Omega Man) con Charlton Heston, del 1971 .

Kim Newman, Anno Dracula, 1992.

E’ il primo di una serie di libri, questo per me è imperdibile. Non ho letto tutta la serie, mi sono fermata al terzo. Ma questo è eccezionale.

E’ ambientato in un mondo in cui storicamente i fatti seguiti alla fine del romanzo Dracula di Stocker sono andati diversamente: nell’ultima battaglia Van Helsing è stato ucciso dal Conte, e il vampirismo si è diffuso in Inghilterra. Tecnicamente si potrebbe definire steampunk, io pensa. Non è solo bello per la trama, ma per il continuo apparire di personaggi storici e letterari dell’Inghilterra vittoriana riarrangiati all’uopo per le nuove vicende. Fantastico.

Anne Rice, Vampire Chronicles

La Rice è famosa come la sua rivale che vende leggermente meno, Chelsea Quinn Yarbro, per aver sdoganato il sesso, che è sempre stato presente ma in sottotono nei romanzi sui vampiri. E’ molto molto amata dal pubblico, per me scrive male e se la tira. Ma sono opinioni, alla fin fine. Ne ho letti due o tre, e poi mi sono data a cercare altro.

Whitley Strieber, The Hunger (1981) 

Non conosco questo romanzo, me lo sto segnando or ora mentre stilo la lista. E’ certamente più famoso il suo adattamento cinematografico di  Tony Scott, con Catherine Deneuve, David Bowie e Susan Sarandon.

E’ la storia di un antichissimo vampiro femmina che sceglie amanti umani per trasformarli in vampiri-ibrido così che possano rimanere con lei per molto tempo, ed è abbastanza inusuale perchè introduce il tema diciamo criminologo, del procurarsi vittime senza sollevare sospetti nella polizia.

 George R. R. Martin, Fevre Dream, 1982.

Anche Giorgino si è dilettato coi vampiri, romanzo ambientato sul Mississippi nell’epoca dei grandi battelli. Perchè non ho questo libro, mi domando??? corro su amazon e ritorno per voi.

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Stephen King, Salem’s Lot, 1975.

Questo è il romanzo sui vampiri per eccellenza, se non l’avete andate in bagno e sputatevi allo specchio da soli, poi uscite e andate in libreria.

Questo è un romanzo sporco, cattivo, e FA PAURA. E non è solo bello perchè i vampiri fan paura, invece di andare in giro vestiti come delle fighette à la Lestat. Fa paura perchè certi umani sono pure peggio dei vampiri. Leggetelo o vi faccio pisciare la cana sullo zerbino.

Robert McCammon, They Thirst, Hanno sete, 1981.

Solido romanzo horror, abbastanza classico: un detective e un giornalista indagano separatamente su una serie di sanguinosi (ah ah) omicidi a Los Angeles.

Let the right one in, Fammi entrare, John Ajvide Lindqvist, 2004.

Bel romanzo atipico, con protagonisti bambini ma temi estremamente adulti: alcolismo, pedofilia, omicidio, bullismo. E’ per certi versi disturbante ma mi è molto piaciuto.

Spostandoci un momento sul lato meno fiction e più storia, segnalo grazie a Paola Il discepolo di Elizabeth Kostova, del 2005 che è molto accurato soprattutto nei dettagli storici e non ci sono vampiri ma si cerca la tomba di dracula e nel mentre viene raccontata l’interessantissima storia del conte Vlad III altrimenti noto come L’impalatore.

Senaliamo anche per campanilismo grazie a Claudia: Chiara Palazzolo, con la trilogia di Mirta/Luna, che comprende Non mi uccidere, Strappami il cuore e Ti porterò nel sangue e vede protagonista una diciannovenne umbra, Mirta, che ritorna dalla tomba come sopramorta.

Daniela ci segnala: Il 18esimo vampiro di Claudio Vergnani. Per adulti, spietato, originale. Pieno di difetti e a tratti irritante, tuttavia interessante. Per collezionisti del genere.

Storie di Vampiri, Collana I Mammuth Newton Compton, Gianni Pilo Sebastiano Fusco

Antologia completissima che ho letto e riletto negli anni, per me una Bibbia. Ci sono più di settanta storie, alcuni racconti altri romanzi brevi, compresi Carmilla e uno di Conan Doyle.

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Tralascio le graphic novels, ma ci ritornerò in altra sede.

Col tempo, e a seconda dell’autore, il vampiro muta. Può essere cattivo, o semplicemente amorale, o solo un predatore che deve uccidere per sopravvivere. Può avere ancora sentimenti e quindi si sente in colpa se deve ammazzare innocenti per nutrirsi. C’è un filone che li vede più sul vegano (sangue sintetico) o sul solo sangue animale. Può essere guerriero o studioso, prigioniero di un campo di concentramento o famosa rock star, è un filone inesauribile.

E’ anche nato tutto un sottogenere di letteratura rosa paranormale, che io non disdegno in blocco, anzi. Mi piacciono la Feehan, e J.R.Ward. Ma ce n’è per tutti i gusti in realtà, basta cercare.

Ci sono anche quelli per gli young adults, alcuni buoni, altri meno, altri immeritatamente famosi tipo Twlight, che secondo me è proprio scritto male. Questi degli YA (gggiovani adulti) a me non piacciono in genere, c’è il gap culturale: io sono vecchia, sono quasi sempre ambientati al liceo (o scuole superiori ammericane) con tutti i patè d’animo della bella figheira che si strugge per lo scultoreo compagno emo-tenebroso ma viene anche cazziata dalla madre perchè non ha studiato algebra. Inoltre per ragioni puritane spesso consumano poco e male. Non ci siamo. Se non ammazzano umani per nutrirsi, almeno devono trombare, dico io.

E voi? che vampiro fa per voi?

The great god Pan, Arthur Machen

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E’ molto ben scritta questa novella lunga del 1894, che con il tempo si è guadagnata un posto d’onore nella Letteratura Classica dell’Horror. H. P. Lovecraft ammette di essere stato ispirato per due suoi racconti dalla figura dell’essere mostruoso presente in questo libro, e con lui si schierano Peter Straub e Stephen King. Il Re, come detto, gli dedica Revival, dove afferma che l’orrore suscitato da questa storia gli ha causato molte notti insonni. Ora, spesso io ho sentito recensioni simili da King, e quasi sempre poi compro il libro e lo trovo bruttarello, e angosciante come una polentina lessa. Però io penso sempre che Stephen King non ha avuto Stephen King a spaventarlo quand’era negli anni formativi: ha avuto altri, tra i quali per esempio il Machen, e l’orrore che si prova in certi frangenti dopo non è spiegabile. Certo, la differenza mi rendo conto è che il Re fa davvero paura, se vuole, non è solo perchè l’ho letto negli anni formativi. Mentre queste storie, a volte che volete, sono un po’ datate, la scrittura è lenta, a volte arriviamo tardi: è un autore classico del genere, ma noi lo leggiamo per la prima volta dopo talmente tanto horror in cinema e libri da esserne quasi anestetizzati. Quasi, va da sè, è la parola chiave: certe storie, anche se farraginose e vecchie, faranno sempre paura. Sono classici, e rimarranno indimenticabili in qualsiasi epoca.

Il Grande Dio Pan fece molto scalpore all’epoca (mi erano timidi come signorine, sti critici letterari), per il tema angosciante e per un certo sdoganamento della sensualità nella storia. Comincia con un dottore che si è interessato per anni all’occulto, perchè il suo scopo ultimo è trovare il modo di esplorare tutte le dimensioni presenti in questo universo. Il culmine dei suoi studi arriva finalmente nella scoperta di una operazione chirurgica al cervello di relativa importanza, ma che permette a chi ha subìto l’intervento di avere accesso alla intera visione dell’Universo creato, a quello che il dottore chiama “vedere il grande dio Pan”. Il dottore, ahimè, ha successo: l’operazione riesce perfettamente, e lo sappiamo tutti da a American Horror Story passando per Nietzsche finendo con gli Zombie che se apri una porta sull’abisso, l’abisso, o mischino, guarderà te. Come concetti così elementari non riescano a entrare nelle testone di certi dottori proprio non lo capirò mai.

Da qui si dipana dunque una vicenda lunga alcuni anni che viene descritta attraverso lettere, testimonianze e discorsi di altri personaggi. Arthur Machen è uno di quegli autori che sa bene come per fare paura non sia necessario descrivere tutto in dettaglio: a volte basta che il proprio protagonista sia così terrorizzato da orrori indicibili che anche il lettore si spaventa, principalmente usando la propria immaginazione, che è l’arma più potente di tutte.

Questo non è stato il mio caso, non mi sono spaventata nè particolarmente angosciata, anche se ammetto che qualche sguardo qua e là della protagonista mi ha causato una certa inquietudine. E’ un libro scritto bene, con una storia originale, e mi ha tenuto compagnia per qualche ora, e nonostante qualche pecca nella narrazione e nella descrizione, capisco perchè King e Lovecraft lo citino con ammirazione.