Infinite Jest – David Foster Wallace #DFW #InfiniteJest

«Infinite Jest è un’opera colossale sull’America e sui suoi bisogni, sulla dipendenza, sulla perdita, sul desiderio. In Infinite Jest DFW reimmagina ex novo il romanzo e lo ricrea, scoprendone ancora una volta tutta la grandiosità e la mostruosa potenza». Rick Moody

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Manco tantissimo da questo gruppo (uno dei miei preferiti eh!!) ma con mia figlia di 10mesi e mezzo è davvero difficile trovare il tempo per leggere…mentre l’anno scorso ai 50 ci sono arrivata facile facile, quest’anno è tanto se arrivo ai 10. Al momento sono a quota tre…e il terzo l’ho concluso or ora. Non riesco a scrivere una recensione decente perché i criceti nel mio cervello sono andati in pappa. Un libro che più ho odiato che amato, e che forse non ho capito fino in fondo. Però almeno dopo una decina di tentativi sono riuscita a finire. Amen.

Ivana V.

Daniele: E’ quel genere di libro che quando lo finisci pensi: che cosa è successo? 

È quel genere di libro in cui niente ha importanza, nè lo stile nè la storia, puoi leggere una pagina al giorno e dimenticarla subito, a me ha attivato il cervello come nessun altro, e questa è l’unica cosa che mi ricordo, se dovessi fare un riassunto direi che è la storia di uno che gioca a tennis che si fa un sacco di seghe mentali.
DESCRIZIONE
Infinite Jest (1996) è un romanzo di David Foster Wallace. L’opera, che si compone di oltre mille pagine, è principalmente ambientata a Boston (nel Massachusetts), e prende luogo in un futuro imprecisato ma non troppo lontano dal periodo in cui essa fu pubblicata. Il romanzo tocca argomenti diversi, quali il tennis, come metafora dell’agonismo nella società americana e delle “infinite soluzioni in uno spazio finito”; la dipendenza dalle sostanze stupefacenti e i programmi di recupero, vero fulcro su cui ruota la maggior parte delle vicende del libro; gli abusi sui minori; la pubblicità e l’intrattenimento popolare, nelle loro forme parossistiche e alienanti; le teorie cinematografiche e il separatismo quebecchese.
Il romanzo prende il nome, almeno in parte, da un verso dell’Amleto, in cui il principe danese fa riferimento a Yorick, il buffone di corte: “Ahimè, povero Yorick! L’ho conosciuto, Orazio: un compagno di scherzi infiniti (infinite jest, in lingua originale)”. A tale citazione si fa allusione molte volte, dato che la compagnia cinematografica di James Incandenza si chiama “Poor Yorick Productions”.

Trama

La trama del libro s’incentra sulla cartuccia smarrita di un film, a cui spesso nel libro si fa riferimento denominandola “l’Intrattenimento”, ma intitolata Infinite Jest dal suo autore, James Incandenza. La visione del film produce un vero e proprio piacere fisico talmente intenso che i suoi ignari spettatori dopo pochi istanti diventano catatonici e perdono qualsiasi interesse per tutto ciò che non sia l’infinita visione del film. La cartuccia rappresenta l’incarnazione estrema della dipendenza, uno dei temi centrali del romanzo, che si svolge in gran parte nell’accademia di tennis fondata da Incandenza (l’ETA) situata nei sobborghi di Boston, e nell’attigua casa di recupero e reinserimento per tossicodipendenti (l’Ennet House) in cui presta servizio Don Gately, un ex ladro d’appartamenti e tossicodipendente in via di reinserimento. Nel mondo futuristico del romanzo, il Nord America è uno stato unico composto dagli Stati Uniti, dal Canada e dal Messico, denominato Organization of North American Nations (O.N.A.N., un acronimo che richiama con chiarezza la pratica della masturbazione o onanismo). Le grandi imprese acquistano il diritto di dare il nome a ciascun anno del calendario e da ciò, ad esempio: “Anno del Pannolone per Adulti Depend”. Inoltre, quelli che una volta erano gli Stati Uniti del nord est sono diventati un’enorme e insalubre discarica annessa al Quebec, in cui confluiscono le scorie del processo di anulazione, conosciuta come “La Grande Concavità”. Di converso, il Canada tende a non voler riconoscere il territorio come proprio (per ovvii motivi): si tratta, insomma, di una terra di nessuno.

Il tennis come esperienza religiosa – David Foster Wallace #DavidFosterWallace

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Si tratta  di  una coppia di saggi sul tennis edita da Einaudi nel 2012 del già – ai tempi- scomparso D. Foster Wallace, di sole 90 pagine, di cui 20 solo di note, in perfetto stile Wallace.

«Sembra brutale, Philippoussis, spartano, uno grosso e lento che gioca di potenza da fondocampo, con una cattiveria gelida negli occhi, e a paragone Sampras appare quasi fragile, cerebrale, un poeta, saggio e triste allo stesso tempo, stanco come solo le democrazie sanno esserlo».

Il primo: Democrazie e commercio agli US Open, narra le vicende dello stesso Wallace spedito agli Open come corrispondente esterno della rivista Tennis nel settembre del 1995. Wallace passeggia per l’impianto, guarda una parte del match Sampras – Philippousis:
“Sampras colpisce la palla con l’economia disinvolta che caratterizza tutti i veri campioni in fase di riscaldamento, la serena nonchalance di un animale in cima alla catena alimentare”
e analizza tutto con occhio clinico, dal commercio dei gadget e cappellini, all’elevato costo del cibo spazzatura venduto dagli stand interni.
Il secondo: Roger Federer come esperienza religiosa è un tributo a colui che secondo Wallace è il piu grande tennista della storia, Wallace descrive la tecnica di gioco dello svizzero e lo fa da non profano essendo stato in giovinezza un discreto giocatore di tennis, inserendo qua e là momenti di poesia altissima che sono stati per me motivo di ispirazione e l’unico lato veramente positivo di questi mini saggi.
“Roger Dimostra che la velocità e la potenza del gioco professionistico odierno sono semplicemente lo scheletro e non la carne. Ha, in senso figurato e letterale, ridato corpo al tennis maschile.”
“Il genio non è riproducibile. L’ispirazione, però, è contagiosa e multiforme – e anche solo vedere da vicino come la potenza e l’aggressività possano essere rese vulnerabili alla bellezza ci fa sentire ispirati e (in modo fuggevole e mortale) riconciliati”.
Conclude con una breve descrizione di come sia cambiato il tennis e i suoi protagonisti con l’introduzione dei nuovi strumenti.
Insomma leggetelo se siete appassionati di tennis e di Federer, già se tifate Nadal questi saggi non fanno per voi.

Daniele B.

DESCRIZIONE

Negli anni della giovinezza e prima di diventare forse il piú grande innovatore della letteratura americana contemporanea, David Foster Wallace si è a lungo dedicato al tennis, entrando nelle classifiche regionali e sfiorando la fama che ha saputo costruirsi altrove, e con ben altri esiti. E il tennis è rimasto una delle sue grandi passioni, tradotta in pagine memorabili, da Infinite Jest a Tennis, Tv, trigonometria e tornado. Fino a questi due grandi saggi, qui raccolti insieme per la prima volta e dedicati rispettivamente a Roger Federer e a un’epica edizione degli Open, ma anche a mille altre cose: lo scontro omerico tra il talento e la forza bruta, tra la bellezza apollinea di una volée perfetta e gli interessi economici «sporchi» che ruotano intorno a ogni sport; il mistero ineguagliabile di uno sport che sembra basato su una moltiplicazione geometrica delle variabili, ma che, in fondo, si riduce al confronto di un atleta con se stesso e con i propri limiti, tra solipsismo e trascendenza. Il tutto, nella lingua immaginifica e inimitabile che i fan di David Foster Wallace hanno imparato da tempo a conoscere e amare.