La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo, Audrey Niffenegger

La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo – Audrey Niffenegger – 2006, pag. 503

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Clare è bambina di 6 anni che vive in una grande casa nel Michigan. VIcino c’è un grande prato e una radura, un posto dove lei gioca da sola, lontana da tutti. Un giorno, in mezzo a questa radura, compare dal nulla Henry. Ha 36 anni, è completamente nudo, infreddolito. E gli confessa di venire dal futuro, un futuro dove lui e lei sono amici, anzi molto di più. Lei ci crede. E sente che quello è l’uomo della sua vita . Henry tornerà a trovarla tante volte, nella sua infanzia e nella sua adolescenza, sempre, per starle accanto, vederla maturare ma anche solo per guardarla da lontano. Henry ha una specie di malattia genetica, una cronoalterazione, che lo spedisce nel passato o nel futuro, senza che lui lo voglia o scelga. È così e basta. Il primo vero incontro ufficiale, quello nello stesso spazio temporale, avviene solo quando lei compirà vent’anni, e finalmente Clare saprà tutto di lui, mnetre lui ancora nulla di lei. Fantascienza, vero? Si, ma non pienamente, non si può catalogare questo libro come pura e semplice fantascienza. È chiaramente un incrocio di generi. E molto originale. I continui sbalzi temporali possono mettere in difficoltà chi legge, a me è successo, ci ho messo un po’per abituarmi al ritmo e capire il meccanismo, ma alla fine ce l’ho fatta, e ne è valsa la pena. Questa è una storia d’amore, in primis. Ma anche di sofferenza, di destino, di predestinazione, di morte. Scritta semplicemente, ma con profonda delicatezza. Una storia che ti tiene incollato lì, nella testa e nel cuore dei due protagonisti, perché sono due i punti di vista da seguire. I loro problemi, i loro sogni, i loro terrori. La storia è un continuo aprirsi di possibilità, non sappiamo mai cosa succederà voltando la pagina, pur conoscendo l’epilogo molto prima della fine del libro. Credo che il libro sia affascinante perché tutti siamo colpiti dall’idea di poter viaggiare avanti e indietro, tornare nel passato e vedere noi stessi come eravamo, farci compagnia nei momenti in cui siamo stati soli, in cui nessuno ci stava vicino per consolarci, aiutarci a crescere, tornare a vedere come erano i nostri figli da piccoli, guardare i nostri genitori quando erano ragazzi innamorati, parlare con un padre o una madre che abbiamo perso da tempo…ecco, un libro può essere una cazzata per moltissimi, indecifrabile, melenso, stupido per la maggioranza…ma se un solo paragrafo ti colpisce, te ne freghi di quello che pensano gli altri. Ho perso mio padre senza averlo mai conquistato, diciamo, morì 11 giorni prima che io nascessi, e c’è un punto del libro che mi ha fatto desiderare di essere il protagonista, avere la possibilità di tornare indietro e parlarci sarebbe davvero forse la cosa che più vorrei. Si vive di sogni, anche, eh…e i libri spesso questo fanno, ce ne danno la possibilità, ci fanno volar via dalla pochezza del reale.È un libro che ci dice che il destino è scritto. Ineluttabile, terribile, spesso. Ma anche che i rapporti umani, l’amore, travalicano il tempo e lo spazio. Clare sa che l’amore che sta vivendo è difficilissimo, che Henry può sparire nei momenti in cui a lei servirebbe che lui ci sia, che Henry può anche non tornare più, ma decide comunque di vivere la sua storia, perché quello è il suo destino, quello il suo uomo e nessun altro, anche “normale e stabile”, potrebbe darle quello che lui le dà. “Henry mi bacia. «”Né tempo né luogo / né mutamento né morte /  potranno minimamente piegare / il mio più minimo desiderio.”» ” «Ma lei non pensa» insisto io «che sia meglio essere estremamente felici per poco tempo, anche se quella felicità va perduta, che tirare avanti infelicemente tutta la vita?» Bello. Io, da romantico, non ho potuto che dire “bellissimo”.

Carlo Mars

Aperto tutta la notte, David Trueba

10929138_10203432148074417_3832913079002578325_nAperto tutta la notte – David Trueba – 2001, pag. 224

 

Le vicende della famiglia Belitre, una famiglia unita dalla follia e dall’amore, forse più dalla prima che dal secondo. Nonno e nonna, papà e mamma con i loro sei figli, che traslocano da un piccolo appartamento ad una palazzina a due piani, con soffitta e giardino, in un’estate madrilena. Nonna Alma e nonno Abelardo, di sicuro i personaggi più esilaranti, sono sbottato più volte a sghignazzare, dopo aver letto le loro perle, i loro insulti, e anche i ceffoni.La prima che ha deciso di non alzarsi più dal letto da 17 anni, nonostante non sia malata. Fuma la pipa e scrive lettere all’amica Ernestina, anche dopo che questa muore, perché secondo lei questo non è un motivo per smettere di scriverle.Nonno Abelardo invece scrive elegie funebri, anche per la moglie, e parla di continuo con Dio, ed è un personaggio fantasticamente divertente e rivoluzionario, a suo modo. Il padre Felix, che vende assicurazioni sulla morte ed è insoddisfatto della sua vita grigia, non riesce ad imporre la sua volontà e autorità al resto della famiglia, vuol essere una persona, non un padre. La situazione peggiora col ritorno in famiglia di Matìas, la cui malattia mentale lo convince di essere lui il padre dei fratelli, e dunque li educa, li sgrida, si occupa dei lavori in casa e dorme con sua madre nel letto matrimoniale…La madre dei sei figli si chiama Amanda, ma il suo nome nel libro non viene mai nominato. Proprio perché è una persona totalmente annullata al di fuori del suo ruolo. Le quattro pareti di casa sono il suo unico mondo, da cui non si sogna di evadere. Felisìn è il figlio maggiore. Un puro idealista, un ragazzo che non cresce, sposato con una bellissima francese, che conosce appena, e che lo lascia poco dopo aver conosciuto i singolari membri della famiglia Belitre. Il secondogenito è Basilio, dall’aspetto fisico repellente, e che quindi sogna di essere invisibile, per non ricevere ulteriori umiliazioni. E la famiglia è l’unico angolo di mondo che gli fornisce amore e sicurezza. Completamente opposto a Basilio è Nacho, il bello di casa, quello che ha una donna non appena decide di schioccare le dita, il più fortunato, ma solo teoricamente, perché nasconde una grande fragilità. Poi c’è Gaspar, 14 anni, il nipote preferito dei nonni. Timido e sensibile, col sogno della scrittura, innamorato di una coetanea ma che subisce il fascino della stessa donna che strega tutti i maschi della famiglia, Sara.Di Matìas abbiam parlato. Lucas è il più piccolo, 9 anni ed è un tremendo logorroico. È una famiglia, come si vede, dissennata ma che si aiuta, si copre, si sostiene, proprio queste anormalità li rendono più uniti di quanto sarebbero se fossero “normali”. Il motore della azioni di questa famiglia è l’amore, ma anche il sesso. Ma mentono, tutti, per proteggere la loro unità, i loro sogni. Trueba fornisce una lettura dell’amore direi amara. Amore e Sofferenza vanno sempre di pari passo, la famiglia ama e soffre mortalmente. E falliscono, tutti.Certo esistono amicizia, affetto e amore sinceri, ed è nella famiglia che si esprimono nella maniera più sicura.Infine il sesso. Questo fa parte del romanzo come fa parte della vita. Trueba lo descrive in tutti i suoi aspetti, romantico, squallido, caricaturale.Qualcuno non gradirà certe descrizioni, forse. Fa riflettere questa realtà che Trueba descrive. Molti diranno che non è realtà, troppe iperboli, troppe caricature. Ma bisogna andare al di là della lettura di primo livello. È sempre realtà, che a volte fa sorridere, o fa sorridere amaramente, ma ci coinvolge e ci tocca da vicino, poiché vivere in una famiglia significa convivere con tutti gli aspetti, quelli evidenti e quelli nascosti, e a volte inconfessabili, con le difficoltà infami che le relazioni familiari portano con sé. Trueba usa ironia a quintali, rende una caricatura di famiglia, ma in questa caricatura possiamo riconoscere senza dubbio anche tutte le famiglie “reali”. Ci si affeziona molto.
Leggere tra le righe, ripeto. E chi non riderà, leggendo, ha un senso dell’umorismo scarsino, secondo me. Benni, Pennac, Almodovar….troverete diversi punti di riferimento.

Carlo Mars