Il partigiano Johnny – Beppe Fenoglio #Fenoglio #Resistenza

Editore: Einaudi
Collana: Super ET

«E pensò che forse un partigiano sarebbe stato come lui ritto sull’ultima collina, guardando la città e pensando lo stesso di lui e della sua notizia, la sera del giorno della sua morte. Ecco l’importante: che ne restasse sempre uno.»

Sarebbe facile dire che Il Partigiano Johnny andrebbe, se non proprio fatto leggere (è bello lungo, gli alunni lo odierebbero…) almeno insegnato nei licei. Ma bisognerebbe forse prima fare un esame ai professori per verificare che riescano a far passare quello che Fenoglio poi voleva far passare. Per cui va bene la retorica del sentimento antifascista (c’è, e non potrebbe essere altrimenti visto che c’è stata), va bene le lunghe descrizioni della guerra sui monti che portano all’unità anche chi unito non lo sarà mai (i tanti discorsi sull’essere più o meno comunista e le tantissime situazioni in cui i partigiani si promettono di discutere di questioni politiche a guerra finita, quando non faranno più sconti. Ed è stato così vista la feroce guerra DC-PCI che seguirà). Ma Il Partigiano Johnny è soprattutto un pensiero su cosa possiamo definire veramente “nemico”, laddove spesso questi soldati non sapevano bene se poi avere più paura del loro ex amico nelle file dei fascisti o del collega che gli combatteva a fianco. Alla fine il nemico è sempre un’idea sbagliata, ma spesso non gli uomini che la difendono. Come ora, che la presenza di idee oggettivamente sbagliate nei posti che ci dovrebbero rappresentare fa si che ci si trovi uniti con uomini o idee che un tempo ritenevamo “nemiche”, ma domani chissà… Un gran libro che ci ricorda che il fronte non è mai uno solo, e che l’unica guerra che vale la pena vincere è quella del pensiero, quello che Johnny non smette di avere neanche nelle situazioni più tragiche… Capolavoro, a cominciare dall’idea di scrivere in italiano con inserti di inglese, come ad evidenziare una identità per nulla definita di ciò che sarà l'”italiano” che si stava costruendo. La lingua di Fenoglio é sperimentale, si é parlato di Fenglese perché é un italiano inframmezzato da parole inglesi e spesso da intere frasi in inglese.

Un libro per nulla scontato nè retorico che lascia un segno profondo.

“Tu sei comunista, Tito? – Io no – sbottò lui – Io sono niente e sono tutto. Io sono soltanto contro i fascisti”.

Nicola Gervasini

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Una questione privata – Beppe Fenoglio #recensione #beppefenoglio

fenoglio

La villa.
La vedo.
Il cuore mi esplode in petto.
Anzi no, il cuore non batte, sembra latitante in petto.
Fulvia, stesa a terra, le sue trecce, le ciliegie appena colte.
Scrivimi una lettera, ti ha detto, Milton, devi scrivermi, voglio una tua lettera, un’altra.
La voglio sempre.
Perchè tu forse sei brutto, Milton.
Sei secco, allampanato, sei curvo di spalle, pallidissimo come una luna pallida e offuscata.
Ma no, chi dice che sei brutto lo dice perchè non ci riflette.
E comunque nessuno ha i tuoi occhi, e nessuno sa scrivere come te.
Sei Cyrano e Don Chisciotte.
Avanzi nel fango.
Fino alle ginocchia.
Blocchi di fango alle caviglie.
La nebbia negli occhi e nel cuore.
Lei ti amerà o avrà virato l’anima verso il tuo amico?
Ricchezza e povertà, nobiltà d’animo e aridità di cuore, rossi e azzurri, tutti insieme.
Mischiati in questa guerra maledetta.
In cui nemmeno si distinguono amici e nemici.
Ci vuole la parola d’ordine sempre.
E per farti dare un tozzo di pane devi dimostrare chi sei e chi sei stato.
C’è una gerarchia sempre e comunque.
Mille bandiere diverse.
Invidie, gelosie, rancori.
Ho fatto più di te, no non è vero.
Non me ne frega niente, io voglio la verità e basta.
Non mi importa della guerra, di Mussolini, quel bastardo.
Niente conta se non c’è Fulvia.
O meglio, se Fulvia mi ama, allora sì, che tutto ha un senso.
Anche questa guerra, questo fango e questo sangue mischiati, hanno senso.
Questi uomini da guerra che hanno 14 anni.
E chi ne ha 25 è un vecchio, senza speranze, e il valore è deprezzato, merce in scadenza.
Anche prendere alle spalle un poveraccio di un nemico, ha un senso.
Fulvia conta più di Giorgio.
Ti serve un corpo da scambiare per un altro.
Non importa chi. Non importa nemmeno che faccia abbia, e non importa che vita abbia passato, il perchè si trovi davanti alla tua strada.
Non ce la fai. E’ troppo difficile.
La pioggia ti martella le tempie.
Ti entra nelle ossa.
Vuoi maledire il mondo, vuoi urlare al cielo.
E non lo puoi fare, il nemico è vicino.
Non ce la faccio. No, devo farcela.
Dio mio, la testa tra le mani mille volte.
Chiudi gli occhi e te la premi, per farne uscire il ricordo dei suoi occhi.
Non puoi dimenticare, Milton, non li devi dimenticare.
Se dimentichi i suoi occhi, sei morto.
E continui a cantare Over the rainbow.

“Ho camminato tanto, ma sono sempre lo stesso, Fulvia.
Sono scappato e ho inseguito.
Mi sono sentito vivo come mai e mi son visto morto.
Ho ucciso, e ne ho visti uccidere.
Ma io sono sempre lo stesso.”

Musica: Over the rainbow, Judy Garland

https://youtu.be/MXJ2Q0F8H80

Carlo Mars