La mossa del cavallo – Andrea Camilleri #recensione #andreacamilleri

«È stato scritto che i Camilleri sono almeno due, quello del poliziesco e quello della memoria storica; ma nel romanzo La mossa del cavallo i due Camilleri convivono»Cesare Medail, Corriere della Sera (1999)

A me Camilleri non stanca mai,  è una fonte inarrestabile di divertimento e piacevole lettura.
La mossa del cavallo” non è una novità, poiché già pubblicato da RCS moltissimi anni fa. Ora lo ripubblica Sellerio in edizione leggermente rivista per qualche errore di scrittura.
Appartiene all’irresistibile filone delle cronache di Vigata ispirate a fatti realmente accaduti e manipolati dalla fantasia del nostro impagabile contastorie, come ad esempio gli irresistibili “Il birraio di Preston” e “La concessione del telefono”.
L’azione si svolge nel 1877 e trae spunto da un episodio raccontato nella famosa inchiesta sulla Sicilia da Leopoldo Franchetti. Si parte, come spesso capita, da vicende boccaccesche di corna, cui si mescola una vicenda sanguinosa che coinvolge un giovane e incauto ispettore di finanza che, pur vigatese di nascita, ha acquisito la mentalità nordista di volere a tutti i costi applicare la legge (in questo caso evitare le frodi relative all’impopolare tassa sul macinato che, in quell’epoca – 1877 – era in vigore per ordine del re.) Non l’avesse mai fatto! Si muovono tutti i pomposi notabili e succede un putiferio.
Come sempre Camilleri ondeggia con abilità sui sui registri abituali mescolando dialetti (qui anche il genovese acquisito dall’ispettore) ed italiano e alternando al racconto gli scambi di corrispondenza fra autorità che descrivono l’Italietta siciliana dell’epoca e purtroppo ricordandoci ancora una volta quanto quella mentalità, “mutatis mutandis” sia purtroppo quasi la stessa.

Renato Graziano

La cappella di famiglia – Andrea Camilleri #AndreaCamilleri

camilleri

Ve lo consiglio perché, dopo diversi libri suoi un po’ noiosi e che a volte non sembravano neanche scritti da lui, qui ho ritrovato il vecchio amato Camilleri, quello de “Il re di Girgenti” o de “La concessione del telefono”. In questi brevi racconti divertenti ci sono tutti i suoi classici: il dialetto siculo, l’amore per la cronaca, dialoghi pieni di umorismo, la presa in giro dei poteri forti, un po’ di sesso e, soprattutto, tanta ironia.

Paolo Messina

Descrizione

“La cronaca contorta e pazza di Vigàta è uno spinaio di furfanterie, sgangheratezze, deliramenti, e intrichi d’amore: un intreccio di balordaggini pubbliche e di magnifiche stolidezze private. Nel villaggio, l’innocenza è spesso un candore temerario, un’allucinazione; e l’onestà è il capolavoro di falsari della morale e del buonsenso caritativo. Lo stesso crimine è un refuso dell’intelligenza, una morbida beffa. E la tristezza nuda di un cimitero si presta agli esercizi di un petrarchismo peloso versato nel corteggiamento di una Lauretta in abiti vedovili e alla resa dei conti tra parenti. Il camposanto diventa una gremita e agitata piazza d’armi e d’amori. Ci si mette anche il caso, che porta a rovescio ciò che si vorrebbe fosse il dritto. Le apparenze ingannano. E la realtà contempla situazioni che proliferano. Gli amori clandestini fanno sì che si formino collezioni di famiglie. La strampalatezza eccitabile è una corrente elettrica incontrollata: accende reazioni a catena, contagi come da ‘epidemia’; assurdità ossimoriche del tipo: ‘Un morto si reca all’obitorio ma cade strada facendo’. Un dono di natura è capace di distorcere un’intera vita, e trasformare l’eletto in una ‘macchina’ digerente, priva di ‘cuore’, di ‘cervello’, di funzioni sessuali. L’arco cronologico è lungo. Va dal 1862 al 1950, dopo avere attraversato l’aria viziata di stupidità e dissennatezza del ventennio nero.” (Salvatore Silvano Nigro)