Il danno – Josephine Hart @JosephineHart #IlDanno #recensione

Il danno Josephine Hart
Traduttore: V. Mantovani
Editore: Feltrinelli

“Ho subìto un danno. Le persone danneggiate sono pericolose.
Sanno di poter sopravvivere.”

In questa frase è concentrato tutto il senso, il dolore, la follia e lo struggimento di questo romanzo.
Chi è danneggiato lo sa, sa già che si può sopravvivere a tutto…e non ha più nessuna pietà.
Il senso di pericolo è tangibile già dalla prima pagina, la tragedia incombe come un avvoltoio sulla preda.
Lui, 50 anni e una vita fatta solo di apparenza: una bella moglie, due figli, una professione medica ben avviata, la politica, la ricchezza e il rispetto, ma nessuna vibrazione, niente che lui abbia davvero ardentemente desiderato.
Un abilissimo dissimulatore che ha vissuto fino a quel momento la vita che gli altri si aspettavano vivesse, estraneo anche a se stesso.
Se fosse morto a 50 anni tutti lo avrebbero ricordato come un buon marito, un buon padre, un buon medico… ma non è morto a 50 anni, purtroppo.
Incontra lei, 33 anni e una storia difficile, un passato irrisolto: un fratello suicida, amori sospesi, magnetismo pericoloso ed un desiderio di libertà che trascina con sé una sorta di maledizione.
Ma lei “dovrebbe” essere intoccabile, inaccessibile, vietata… è la donna di suo figlio!
Crash! Ed eccolo lì… il cortocircuito, lo scontro frontale, il deragliamento.

“La mia strada era chiara. Sapevo di essermi lanciato a capofitto verso la distruzione.”
Ma a nulla serve la consapevolezza. A nulla serve combattere contro la corrente.
Sentirsi vivi, in questo caso, è lasciarsi plasmare dalle forze che non si possono in alcun modo ostacolare né governare, così da poter ricevere in dono il dolore, ovvero “la massima ricompensa del piacere”.

Quello che accadrà con questa donna non sarà esattamente una relazione, ma un qualcosa di disturbante, sconvolgente, lacerante, che lo consuma, lo divora, una miscela di “lacrime e seme” che colorerà di nero le sue notti.
Possiamo chiamarla passione, fame, dipendenza fisica (e psicologica), malattia, oblio, autodistruzione… la posta in gioco è altissima e il prezzo da pagare sarà tremendo.
Ma ormai si è già oltre, il danno si è insinuato come un acido, bruciando e distruggendo tutti gli anni già vissuti, cancellando ogni traccia di lucidità.
Dall’assenza di caos al delirio.
Un’apparente rinascita che però è già morte annunciata.

La Hart ci offre una finestra sul classico tema di eros e thanatos, servendosi di un registro elegante e raffinato, mai eccessivo…eppure dirompente.
La perfezione estetica dell’alta borghesia inglese con i suoi rapporti freddi e cortesi va a scontrarsi con il degrado morale che può esservi in essa contenuto…così lo stile sobrio e altero della scrittura s’immerge nelle acque torbide di ciò che racconta.
È un romanzo tossico, che può risultare urticante, ma in cui vuoi scavare, sporcarti le mani per vedere cosa c’è dopo, dopo l’abisso, dopo il danno irreversibile.

“Essere fatti vivere da un’altra persona, come io lo fui da Anna, porta a strani, impensati bisogni. Respirare divenne più difficile, senza di lei. Letteralmente, mi sentivo nascere. E poiché la nascita è sempre violenta, non cercai mai, né mai trovai, dolcezza”.

(P.s.: Eh no, non ho ancora visto il film, ma se mantiene lo stesso livello del libro, sarà sicuramente bellissimo e sconvolgente.)

Antonella Russi

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