La cena – Herman Koch #recensione #HermanKoch

“Era come una pistola a teatro: se si vede una pistola nel primo atto, si può star sicuri che nell’ultimo verrà usata per sparare. E’ la legge di ogni drammaturgia. Per la stessa legge, non si può far vedere una pistola se poi non la si usa.”

La cena -Herman Koch
Traduttore: G. Testa
Editore: Neri Pozza
Collana: Bloom

Due famiglie, due fratelli (Serge, politico in vista di premierato al governo olandese e Paul, modesto insegnante di storia) con relative mogli a cena in un ristorante à la page, anche occasione di esibizione in vista delle elezioni. Oggetto dell’incontro i rispettivi figli Rick e Michael, protagonisti di una assurda bravata che ha portato all’omicidio di una barbona rifugiatasi nel locale di prelievo bancomat di una banca.Il racconto, scandito dalle varie portate (dall’aperitivo alla mancia finale), con la soggettiva di Paul, forse l’anello più debole e fragile di questo poker di borghesi ipocriti e amorali, è inframmezzato dalle schermaglie dialettiche dei quattro con la ricostruzione delle vicende famigliari che ne hanno costituito la premessa. Lo scopo della cena diventa il che fare? da parte dei genitori, posto che i ragazzi coinvolti non sono ancora stati identificati, ma un filmato postato sui social potrebbe presto portare al loro riconoscimento, e conseguente rovina. E se il racconto si fa avvincente fino all’esito finale sorprendente e durissimo nella sua crudeltà senza rimedio, tuttavia si avverte qualcosa di eccessivo nell’accumulo di troppe tematiche poco risolte nella descrizione psicologica dei caratteri: il rapporto ambiguo e falsamente protettivo dei genitori verso i figli, i rapporti conflittuali fra fratelli e mogli, la vanagloria superba del politico, l’educazione permissiva in famiglia a confronto con l’ambiente scolastico, il razzismo inespresso ma latente verso il figlio adottivo del politico. Il limite di questa sovrapposizione di materiali risulta una quasi impossibilità a non considerare un caso estremo quello rappresentato, sminuendo così l’efficacia dell’interrogativo che ci si pone leggendo: cosa farei io al posto di quei genitori?

E’ comunque un romanzo che nella normalità di due famiglie colte, benestanti, ben inserite, ci porta al disagio dell’adolescenza con la sua amoralità, nell’ipocrisia del materialismo in cui ci adagiamo, nella crudeltà del razzismo sottile che permea tutta la nostra società, nella solitudine dei rapporti interpersonali anche nei matrimoni apparentemente più riusciti, nella miseria di problemi psicologici sottaciuti per vergogna.
La forza attuale e il successo del libro sono testimoniati anche da vari film e testi analoghi (come il film Carnage che Roman Polanski ha tratto da una pièce di Yasmina Reza di analogo impianto). Dunque una lettura stimolante, seppure non totalmente convincente.

Renato Graziano

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