Grazia Deledda – Canne al vento #GraziaDeledda

canne

Premio Nobel. Meritatissimo. In un periodo in cui non esistevano tv, internet e l’enciclopedia era una cosa rara, la scrittura di Grazia Deledda descriveva esattamente i profumi e i colori della Sardegna; ed i dialoghi sembrano riprodurre quelli che le mie orecchie hanno sentito dalla nonna (Ester!) e dalle zie (anche Noemi!).
“Siamo proprio come le canne al vento, donna Ester mia. Ecco perché. Siamo canne, e la sorte è il vento.”
“Sì, va bene: ma perché questa sorte?”
“E il vento, perché? Solo Dio lo sa.”
Un mondo lontano, eppure così vicino (i ferradroxius li ho visti qualche anno fa). A suo tempo, qualcuno scomodò paragoni con i grandi scrittori russi. La prima edizione che ho trovato è questa, quella per le scuole. Interessanti anche le due paginette di “critica”, in cui si menziona la critica lukacsiana degli anni Cinquanta… mutatis mutandis, come se ad insegnare astronomia si mettesse uno che crede che è il sole che ruota intorno alla terra.

andrea aletto

DESCRIZIONE

Sullo sfondo della brulla terra sarda, vengono esposte le tematiche della povertà, dell’onore e della profonda superstizione. La Sardegna rurale del primo Novecento descritta in Canne al Vento ripropone ancora oggi quel nodo insolubile tra una civiltà in apparenza statica e immobile sulle sue millenarie usanze e una Sardegna che avanza a grandi passi sulla via di un progresso, ieri industriale oggi industriale e tecnologico insieme.

Mentre gli artisti del tempo della Deledda dibattevano sugli aspetti più complessi di quel progresso, e cioè di quella modernità nella quale potevano cogliere l’essenza unitaria dell’uomo comunque e dovunque, e non solo nella civiltà occidentale, la Deledda assai più sensibile e avvertita sul piano culturale coglieva il senso profondo e sconvolgente del mutamento. La sua proiezione mitica della comunità isolana ne era una reinvenzione simbolica in termini estetici e antropologici.

Non è una storia fine a sé stessa, né rinchiusa nei confini della Sardegna. Quel che vale per la Sardegna vale anche per il resto d’Italia di allora, e non solo: lo testimonia la grande e lunga fortuna di Canne al vento in tutto il mondo.

Canne al vento è un romanzo di Grazia Deledda. Uscito a puntate su L’Illustrazione Italiana, dal 12 gennaio al 27 aprile 1913, dopo qualche mese fu pubblicato in volume, presso l’editore Treves di Milano. Il titolo del romanzo più famoso di Grazia Deledda allude al tema profondo della fragilità umana e del dolore dell’esistenza e in questa direzione mobilita le riflessioni e le fantasie di un eroe protagonista, come un primitivo, un semplice, assai simile al pastore errante dell’Asia leopardiano o a uno degli umili manzoniani. Il rapporto di similitudine tra la condizione delle canne e la vita degli uomini, celebrato nel titolo del romanzo, proviene da un’opera (Elias Portolu) del 1903: Uomini siamo, Elias, uomini fragili come canne, pensaci bene. Al di sopra di noi c’è una forza che non possiamo vincere.

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