Quelli tra di voi hanno letto i libri di Maurizio De Giovanni con protagonista il Commissario Ricciardi mi capiranno forse meglio: per coloro che non lo hanno ancora letto consiglio di iniziare questo ciclo di romanzi gialli.
Tutto è incentrato sulle storie, ambientante nella Napoli del periodo fascista, del commissario protagonista, che ha un dono, e cioè vede i morti, non nel senso di fantasmi ma nel senso di ricordo degli ultimi attimi di vita della persona deceduta. Insomma, di per sè intrigante, così come i diversi personaggi ricorrenti (cito per tutti Bambinella, un femminiello fantastico che è una specie di informatore della polizia dei quartieri napoletani). Questo libro, scritto come gli altri, cioè con un linguaggio lento e un po’ onirico, mi è piaciuto leggermente meno degli altri (sarà il periodo?), mi pare che i romanzi di De Giovanni comincino a mostrare la corda. Molta retorica ed una eccessiva verbosità nello stile, trame troppo esili, dialoghi banali e scontati, i personaggi cominciano a diventare delle macchiette fisse nei loro stereotipi immutabili, senza nessuna evoluzione psicologica o introspezione originale. Tutto fa molto “fiction televisiva”, troppo.
Il tutto forse comincia ad essere leggermente ripetitivo, perché cominci a voler vedere la fine di alcuni fili che nelle storie si dipanano (il suo rapporto con la dirimpettaia per esempio), perché a volte hai la sensazione di una tela che viene filata ma della quale non vedi la fine. E poi: persino Manzoni I promessi sposi li ha scritti in un solo libro, e De Giovanni non è Manzoni; che li faccia sposare i due protagonisti, perchè anche a tal proposito non se ne può più…
Anche qua lo stesso commento che avevo fatto per l’ultimo della Vargas: mi avevano entusiasmato i primi romanzi del ciclo, speriamo in una ripresa successiva a questo periodo di stanca.
nicoletta
