Carmen Pellegrino – Cade la terra
“D’altronde, che cosa lasciava? Un odore di mondo, annusato di nascosto” (storia di Lucia Parisi)
Di una bellezza rara. Questo mi sento di dire. Di una bellezza rara per chi come me cerca la poesia, i contorni dei volti resi con la prepotenza docile e furiosa delle immagini, le più pure, cose di grembo. Una storia da bere, che prende posto nello stomaco come cibo che da solo non osa saziare, che chiama a sé l’aria e la modella come fosse argilla, la modella in forma di pane, in odore di miele e terra e ostinazione. Gente di una onestà straordinaria. Donne di una forza abominevole, lasciate lì a marcire di storia mentre la storia se le porta via. Abbracci indicibili, illuminanti, anche quelli mai dati. Uomini enormi e piccolissimi, energumeni trasparenti di miseria, umili dell’umiltà delle unghie sporche di lavoro, macchiati dal senno delle cose che si debbono pensare, che si debbono per forza credere. Figli che non sanno osare l’amore. Madri deserto. Padri cattedrale. Dentro un paese che scivola via, vero purgatorio o forse primo ed ultimo paradiso, un posto di sassi che è teca di memoria e resistenze, Estella tesse una tela di guerra e amore e crescita e solitudine e miracoli. Io di più non dico. Vi lascio qualche riga che potete trovare in dorso copertina. E il link al sito del libro. E un aggettivo: afrodisiaco (per le papille gustative del nodo che chiamo anima).
“Come fra le quinte di un teatro in disfacimento ecco aggirarsi un anarchico, un venditore di vasi da notte, una donna che non vuole sposarsi, un banditore cieco, una figlia che immagina favole, un padre abile nel distruggerle. Ma dove sono i vivi e dove i morti? Estella non se lo dice, perché vorrebbe solo cambiare i destini, invertire il corso di esistenze desolate, per ridare loro un po’di calore, come una vita nuova, ora che l’altra che ha infuriato per anni si è conclusa.”
Rob Pulce Molteni
Alento è un borgo abbandonato che sembra rincorrere l’oblio, e che non vede l’ora di scomparire. Il paesaggio d’intorno frana ma, soprattutto, franano le anime dei fantasmi che Estella, la protagonista di questo intenso e struggente romanzo, cerca di tenere in vita con disperato accudimento. Voci, dialoghi, storie di un mondo chiuso dove la ricchezza e la miseria sono impastate con la stessa terra nera. Capricci, ferocie, crudeltà, memorie e colpe di un paese condannato a ritornare alla terra. Come tra le quinte di un teatro ecco aggirarsi un anarchico, un venditore di vasi da notte, una donna che non vuole sposarsi, un banditore cieco, una figlia che immagina favole, un padre abile nel distruggerle. Con Carmen Pellegrino l’abbandonologia diviene scienza poetica. E questo modo particolare di guardare le rovine, di cui molto si è parlato sui giornali e su internet, ha finalmente il suo romanzo.
