Massimo Carlotto, Il ritorno dell’alligatore: la banda degli amanti

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Carlotto mi mette l’assist per tornare tra voi dopo qualche mese di silenzio e io, opportunista come il miglior Inzaghi, sfrutto l’occasione e metto la palla in gol…

Il miglior Inzaghi non è certo l’attuale, ma neanche l’ultimo Carlotto è certo ai livelli del primo, oramai da un po’. Se non altro peró Pippone è all’inizio e forse puó migliorare, mentre Carlotto dà l’idea di avere irrimediabilmente esaurito la vena creativa o di avere trasmesso due tre punti base a qualche ghost writer che svolge il compitino con diligenza non dimenticandosi le solite pippe sul calvados, sui dettagli gastronomici almeno cinque o sei volte a romanzo, sull’imbarbarimento della società civile e criminale in contrapposizione al rigido codice di comportamento dell’alligatore e dei suoi compari. Questi ingredienti magici in questo caso sono affogati in una trama che si tira continuamente per i capelli con episodi che sarebbero al limite dell’inverosimile anche nella versione italiana di CSI (ris) per poi arrivare ad una fine che ti fa dire: “ah minchia finisce così?”, lasciando peró i giusti ganci per un seguito che ruoterà intorno agli stessi protagonisti. Insomma altra prova sottotono, pare l’inter di Thoir.

Fabio Sari

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