Arundhati Roy, Il Dio delle piccole cose

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Eccomi, ho lasciato un pochino decantare e sedimentare, e ora scrivo qualche parola su questo libro.E’ del 1997, arrivo con 17 anni di ritardo.E’ stata dura. Il libro è duro, e duro è stato seguirlo. La prima cosa che voglio dire è questa: se avete la mente e il cuore impegnato o distratto, se non siete concentrati al mille per mille, se siete nervosi per motivi tutti vostri, lasciate stare questo libro, riponetelo in libreria, comodino, scrivania, e tornate a prenderlo tra le mani quando il vostro animo sarà pacificato, quando vi sentirete come in una notte d’estate sdraiati a pancia in su, in un prato lontano cento chilometri dalla prima luce di un centro abitato e avete l’universo stellato dentro i vostri occhi. E’ troppo complicato, questo libro. Troppo duro e di difficile digestione, e dovete essere pronti. A me almeno è accaduto questo…sono certo sia un grande libro, ma quando ho faticato così tanto, beh la fatica mi porta via un po’ di piacere. E’ stata una sfida, questo scritto. Come se mi dicesse “dai, fatti sotto, leggimi, e vediamo quanto cazzo ne capisci, somaro…”…..Lo stile è molto particolare. Non so se mi sbaglio, ma Garcia Marquez c’entra qualcosa, c’è molta atmosfera magica, soprattutto nelle descrizione della natura, dei suoni, dei colori. Un continuo alternarsi di presente e passato, che spiazza parecchio, almeno a me….forse i continui salti temporali per me sono stati complicati da seguire, probabilmente perché non avevo la giusta attenzione e passione. La storia è ambientata nell’India di fine anni Sessanta, e racconta la vita di questa donna, Ammu, e dei suoi due figli gemelli, Rahel ed Esthe, ma racconta anche le storie dei loro familiari. E racconta di Velutha, l’intoccabile. Un amico di famiglia, ma “diverso”. La divisione in caste dell’India di quell’epoca impediva a persone come lui di frequentare persone come Ammu. Ma lo sapete come funziona l’amore, no? Se ne frega altamente del terreno dove si trova, non ci sta attento. E se deve scoppiare, beh scoppia, e fa un bel cacchio di botto. La magia di questo libro è che il tutto viene visto con gli occhi dei due bambini, che filtrano tutto con i loro parametri, che sanno trasformare anche le tragedie, le deformano forse per sopravvivere, anche..e non riescono a capire la cattiveria degli adulti, le loro convenzioni, i loro paletti assurdi…loro vedono solo uomini, e donne, e bambini come loro…e se intravedono il Bene, lo desiderano e lo ricambiano, non sanno e non vorrebbero saperne altro. E’ una storia amara, durissima. Una storia d’amore, e non solo tra Ammu e Velutha. Ma il loro amore è il fuoco del romanzo. Amore impossibile, e loro lo sanno. Ma non ci rinunciano, perché una volta saliti su quel treno non si scende. E lo vivono così. Salutandosi, ogni notte, chiedendosi “Domani?”….perchè contano le piccole cose, i minuti, le ore, lo stare insieme giorno dopo giorno, che a viverlo al momento sembra poco, ma le gocce sommate possono fare un lago. E sperando che ogni giorno ci sia una goccia da raccogliere. Non resta altro. Un libro che è un temporale, come in effetti ce ne sono, descritti al suo interno. Si aspetta tanto l’acqua, perché si ha sete infinita, perché è vita. Ma si rischia di esserne travolti, qualche volta. Mi resta tanta amarezza, lo rileggerò, spero, prima o poi, per capire quello che non ho capito. Ma non ne sono affatto sicuro, sempre per la famosa storia delle lacune personali, che, in questo caso, vanno al di là della cultura.

Carlo Mars

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